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A spasso per Treviglio, la «Capitale della Bassa»

Articolo. In questo articolo vi raccontiamo la storia, l’arte e la bellezza della più importante città della pianura bergamasca. Un itinerario che intreccia passato e presente e che ci aiuta a capire la ricchezza di questa parte di provincia

Lettura 5 min.

Un cielo pulito, di un azzurro intenso e quasi sfacciato contrasta con il paramano rossiccio della Chiesa di San Pietro Apostolo, che si erge immensa sulla piazza vuota e silenziosa. Oggi ho deciso di venire ad esplorare per bene Treviglio con il supporto di un amico che ci vive. Il mio tour non può che partire da questo edificio, che in più occasioni ho osservato affascinata dal finestrino dell’auto, ma sempre di passaggio e senza mai fermarmi. La chiesa, costruita a inizio degli anni Novanta, si compone di linee semplici e pulite, che si interrompono sopra l’ingresso invece decorato da formelle quadrate, un po’ sbiadite dal tempo. All’interno, dietro l’abside si può ammirare un grande mosaico che raffigura il mandato di Pietro, realizzato nel 1997 dall’artista Italo Peresson su disegno del pittore trevigliese Trento Longaretti.

Il centro città

Il centro della città si trova poco distante da qui e per raggiungerlo percorro via Felice Cavallotti, sul cui canale, apparso anche nel film «L’albero degli zoccoli», si affacciano alcune splendide ville. La roggia è l’unica rimasta a cielo aperto in città e corre da lato strada fino al Mulino Zeduro, dove fino al 1998 è restata in funzione una macina per il granoturco e dove in passato si trovava anche Porta Zeduro, una delle porte di accesso alla città. Il Mulino fa parte dell’Agrimuseo Orizzontale, un museo a cielo aperto diffuso sul territorio trevigliese, che dal centro città si estende verso le campagne circostanti. Le “opere” esposte in questo museo sono le strade, le rogge, i campi, le cascine, insomma tutto ciò che fa parte del paesaggio agreste e senza tempo della città. Di fianco ad ognuna delle tappe che compongono l’Agrimuseo Orizzontale ci sono dei pannelli con qualche utile nozione storica e una mappa per trovare facilmente la tappa successiva.

Treviglio ha anche un Museo Storico Verticale, che si sviluppa verso l’alto all’interno della Torre Civica e racconta la storia della città con installazioni audio e video molto interessanti e tutt’altro che ordinarie. Fino al 1700 questi spazi facevano parte della casa-torre del campanaro, un funzionario del Comune. Raggiungo il Museo Storico Verticale camminando tra le eleganti e colorate vie pedonali del centro storico e approfitto di una visita guidata che mi permette sia di conoscere più a fondo Treviglio e la sua storia che di entusiasmarmi come una bambina guardando le lancette dell’orologio muoversi da dentro la torre, un punto di vista decisamente inconsueto. Ciò che mi lascia più affascinata però, lo ammetto, è la vista panoramica che si gode dall’alto dei 65 metri della Torre Civica su tutta la città e i suoi dintorni a perdita d’occhio. Uno spettacolo per gli occhi nei giorni tersi come oggi, che diventa pura bellezza quando il sole inizia a calare e il cielo si colora di mille sfumature calde.

Durante la visita al Museo Verticale scopro che nell’adiacente Basilica di San Martino e Santa Maria Assunta viene conservato un importante Polittico di San Martino che risale al Quattrocento, opera di Bernardo Zenale e Bernardino Butinone. Purtroppo l’edificio è attualmente chiuso al pubblico, anche se per una buona causa: tra qualche mese dietro all’elegante facciata della Basilica aprirà un museo, che tra le opere più importanti ospiterà proprio il Polittico, dandogli la luce che si merita. E che tornerò sicuramente a vedere appena possibile.

Il Santuario della Madonna delle Lacrime

Proseguo la mia passeggiata alla scoperta di Treviglio visitando un’altra chiesa, particolarmente legata a vicende che sono state determinanti nella storia della città. Si tratta del Santuario della Madonna delle Lacrime, che mi accoglie con un tripudio di affreschi. Ed è proprio nel grande affresco della volta a botte, realizzato a inizio Settecento da Gianluca e Carlo Molinari, che si può leggere l’evento miracoloso accaduto in passato in una Treviglio che all’epoca era ancora circondata da mura merlate, come si vede nel dipinto stesso.

L’affresco racconta l’episodio del 1522, quando la zona era coinvolta nella guerra tra Francia e Spagna. I trevigliesi, protetti dagli spagnoli, insidiarono ripetutamente i francesi in ritirata, tanto che il loro generale, il visconte di Lautrec, ordinò il saccheggio di Treviglio per il 28 febbraio. Gli abitanti della città, disperati, si ritirarono in preghiera per tutta la notte, finché il timoroso silenzio che gravava sul paese fu interrotto alle 8 del mattino da un grido proveniente dal convento delle Agostiniane. La folla accorse per vedere il miracolo che si era compiuto: l’immagine della «Vergine con il Bambino» affrescata nella chiesa del convento aveva iniziato a lacrimare. Lo stesso Lautrec, verificato che l’evento fosse davvero miracoloso, depose le proprie armi, che ancora oggi sono conservate nel Santuario.

Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, per volere della comunità trevigliese venne costruito il Santuario della Madonna delle Lacrime, dove è stata trasportata anche l’immagine miracolosa e dove ogni anno a fine febbraio si festeggia con gratitudine. Diventa quindi scontata la mia prossima tappa: il convento dove si è realizzato il miracolo di Treviglio. Ora non è più in funzione, ma sbirciando attraverso la ringhiera del cancello si riesce a cogliere il silenzio che regna nel chiostro molto curato.

Proprio accanto ad esso trovo un altro edificio splendido: si tratta del Teatro Filodrammatici. Mi soffermo per qualche minuto sui dettagli della facciata dal gusto Liberty, e decido immediatamente di tornare in occasione di un prossimo spettacolo per vederne anche l’interno, che immagino fermo in un’epoca passata.

Piazza Setti

Il mio tour alla scoperta di Treviglio procede lungo il viale alberato fino alla moderna piazza Setti, popolata da giovanissimi in questo sabato pomeriggio soleggiato che volge al termine. Gli schiamazzi che provengono dalla piazza vengono subito attutiti dall’atmosfera pacata delle vie secondarie, strette e deserte. Il cielo al crepuscolo diventa di un blu sempre più intenso mentre perdo tempo fotografando scorci perfetti di porte e finestre nel dedalo di stradine del centro storico.

Proprio tra queste vie è stata fondata nel 1893 la Cassa Rurale di Treviglio, e ciò mi porta ad incamminarmi verso la prossima tappa del mio percorso.
Tra i personaggi determinanti nella fondazione della Cassa Rurale, nata con l’intento di migliorare la vita dei contadini, vi era infatti anche Monsignor Ambrogio Portaluppi. Canonico di Treviglio dal 1890, si impegnò per i suoi parrocchiani e in maniera particolare per quelli che vivevano in condizioni di povertà. La sua figura fu determinante anche per la costruzione di abitazioni dignitose per gli operai ad inizio Novecento, ed è proprio verso queste case che ora mi dirigo, lungo via Portaluppi e oltre i villini in stile Liberty che la penombra della sera inizia ad avvolgere, mentre si accendono i lampioni.

Le case operaie

Le case operaie si sviluppano lungo la via, semplici e ordinate, mentre in una trasversale trovo Cascina Redentore, il cosiddetto «Cascinù», un’abitazione realizzata con lo stesso scopo, ma destinata ai contadini. Anche questa zona di Treviglio fa parte dell’Agrimuseo Orizzontale, come mostra un pannello su cui campeggia il fiero logo novecentesco della «Società Edificatrice di Case Operaie» e dove leggo che il «Cascinù», che ora si trova in mezzo a tante altre abitazioni, un tempo era ai margini della campagna. Mi risulta difficile da immaginare, senza l’aiuto delle fotografie dell’epoca.

Il mio itinerario si chiude con un piccolo nodo di nostalgia verso questa Treviglio del passato, che ora è cambiata ma ha lasciato un segno ben visibile, determinando non solo il paesaggio ma anche l’identità della città di oggi. Una città elegante e fiera, dai dettagli raffinati ma dove non si sono perse del tutto quelle atmosfere tipiche del passato contadino della pianura bergamasca. Rumori, odori e immagini che ancora si colgono tra i cortili, le cascine e le strade strette dei centri storici e che inesorabilmente sanno di casa.

Tutte le foto sono di Lisa Egman

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