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Gli scatti di Marco Mazzoleni aprono finestre sul mondo orobico (e parlano di ritorni)

Articolo. Il fotografo indaga la scenografia, i protagonisti e i prodotti del territorio montano per la mostra “Segni e Sogni d’Alpe. Passione, orgoglio e resilienza”. Fino al 17 maggio presso il Palazzo della Ragione

Lettura 4 min.
(Marco Mazzoleni)

Una celebrazione della bellezza in grado di travalicare l’elemento prettamente turistico, per suscitare un senso di amore e attaccamento anche e soprattutto in chi lavora, abita e vive il territorio montano. È questo il presupposto che muove l’occhio fotografico di Marco Mazzoleni, i cui scatti saranno in mostra da domani fino al 17 maggio 2020 presso la Sala delle Capriate nel Palazzo della Ragione di Città Alta (con inaugurazione alle 18).

Durante le sue peregrinazioni per le Orobie, il fotografo ha seguito il flusso di un’opera di riappropriazione antropica, investigandone i segni e le eredità attraverso terre selvagge, pascoli e monti. Non a caso, il titolo della mostra – promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Bergamo in collaborazione con la rivista Orobie e curata da Moma Comunicazione S.r.l. – è proprio “Segni e Sogni d’Alpe. Passione, orgoglio e resilienza”.

Come racconta l’Assessore alla Cultura Nadia Ghisalberti, obiettivo dell’esposizione è di raccontare i protagonisti dell’area alpina per “rinsaldare il legame, stretto, che Bergamo sempre ha intessuto con le sue valli” rendendo così la città una ideale “cassa di risonanza del patrimonio paesaggistico e agroalimentare del suo territorio circostante e della vita che in esso si dipana”.

Il percorso espositivo

Il visitatore si trova così a seguire Marco attraverso i sentieri, con settanta fotografie e un video quali ideali finestre di senso sul paesaggio. In esse “sfilano uomini e donne che riesumano antiche attività di famiglia o che, al contrario, decidono di intraprendere percorsi alternativi, ispirandosi a quella rinnovata attenzione all’ambiente e alle produzioni che si rifanno a un’economia sostenibili e circolare”.

A incorniciarne gesti e ritmi, un paesaggio naturale ma al tempo stesso abitato, dove la mano dell’uomo per anni “ha reinterpretato e modificato i luoghi assecondando le necessità legate alle attività produttive e agroalimentari della nostra tradizione, tra cui spiccano l’alpeggio e la relativa produzione casearia”.

Un addomesticamento che non annichilisce la spontanea meraviglia dei luoghi montani, anzi la esalta. Alpeggiatori, bergamini, pastori e casari nei secoli hanno dato vita ad un’agricoltura e zootecnica capaci di creare una biodiversità unica, finendo col divenire naturali designer e giardinieri del verde spontaneo. Come afferma Ghisalberti: “è forse anche per questo che le nostre montagne sono così belle. È tempo di valorizzare e diffondere questo prezioso tassello di storia orobica, un patrimonio antropologico fatto di persone, mestieri, prodotti e saperi artigianali che deve essere, oggi più che mai, conservato e tramandato, anche come elemento di crescita culturale e civile di Bergamo”.

Nel percorso troviamo così tre diverse sezioni tematiche: la scenografia, i protagonisti e infine gli altri personaggi e il companatico. Un avvicinamento dal macro al micro, da una prospettiva a volo d’uccello sul territorio per poi tuffarsi in un secchio di latte o analizzare al microscopio la texture dei formaggi. Il tutto passando attraverso i volti e le testimonianze dei protagonisti umani (e animali).

Il filo narrativo si divide invece su tre fronti, con il contributo di tre autori d’eccezione: il giornalista e storico dell’alpinismo Roberto Mantovani, il Professore Renato Ferlinghetti e lo speaker radiofonico Francesco Quarna. Ecco così che la parte visibile del segno, il significante fissato e restituito nelle fotografie, si carica della voce degli autori, indagandone la parte più profonda, i concetti, le storie e restituendone infine l’autentico significato.

I temi: dallo spopolamento degli anni Settanta fino al ritorno delle nuove generazioni

Ciò che colpisce maggiormente del progetto non è esclusivamente la bellezza visiva, ma un principio di positività che alberga nelle vicende stesse degli alpeggiatori.

Tra i ritratti troviamo ragazzi e ragazze giovanissimi e dalla cultura spiccata, dove il lavoro non deriva da un’eredità pregressa, dalla mancanza di alternative o una predestinazione, ma da una scelta consapevole e personale. Ne è testimone in primis Daniel Moioli, giovane casaro dell’Azienda Agricola Cornalì, protagonista della video-intervista diretta da Fabio Cattabiani e proiettata durante i giorni di mostra.

Testimonianze che riabilitano l’idea stessa del lavoro di casaro, pastore o alpeggiatore, figure in passato avvolte da un alone di indesiderabilità e ora rilette come opportunità. Al punto da dare il via a esperienze di stage all’interno di stalle e alpeggi.

Tutti segnali di ripopolamento delle montagne e di riavvicinamento all’ambito gastronomico orobico, che è uno dei temi cari a Marco Mazzoleni. Il fotografo ne aveva sondato l’altra faccia della medaglia fin dagli anni Settanta, quando con un servizio fotografico mise a confronto l’abbandono che aveva interessato il centro di Fuipiano con il sovrappopolamento di Pioltello. Un fenomeno che nel 1974 gli valse la vittoria della Quarta Rassegna Fotografica Nazionale Città dei Mille e che oggi (per fortuna) registra una controtendenza.

Il progetto del 2020 cade così in un periodo fecondo, dove Bergamo, eletta “Città Creativa per la Gastronomia – Unesco” nel 2019, diventa l’ideale fulcro di una riscoperta del valore delle tipicità e le eccellenze del territorio. Le tradizioni si sviluppano così in modo spontaneo sul terreno fertile delle nuove generazioni, in un approccio rispettoso verso l’ambiente.

Incontri, visite e convegni

La mostra sarà arricchita da occasioni di approfondimento e confronto. Tra di esse, una serie di visite guidate speciali dirette da guide d’eccezione: gli autori e lo stesso Marco Mazzoleni, che sarà presente in loco il 29 febbraio, il 28 marzo e il 9 maggio a partire dalle 11.

Il giornalista e storico dell’alpinismo Roberto Mantovani guiderà il pubblico il 7 marzo ore 11. Il secondo appuntamento con il naturalista, geografo e professore associato di geografia Renato Ferlinghetti è in programma per il 4 aprile ore 15. A seguire, sabato 18 aprile alle ore 11 sarà la volta di Francesco Quarna.

In chiusura dell’evento, sabato 16 maggio alle 16 ci sarà la guida dello chef Michele Sana.

A completare il tutto, segnaliamo il Convegno sulle tematiche trattate da Marco Mazzoleni del 3 aprile 2020 alle ore 10 presso la Sala Curò del Museo di Scienze Naturali di Bergamo, in presenza dei relatori coinvolti nel progetto fotografico.

Orari di apertura

Ven / Sab / Dom nei mesi di febbraio/marzo: dalle ore 10 alle ore 17
Ven / Sab / Dom nei mesi di aprile/maggio: dalle ore 10 alle ore 18 Lunedì dalle ore 9 alle ore 13
Martedì giorno di chiusura
Merc / Gio dalle ore 14 alle ore 18

La mostra è corredata dal catalogo, edito Moma Edizioni, in vendita presso la Sala delle Capriate al costo di € 15.00.

La mostra si fregia della collaborazione dell’architetto Davide Pagliarini di Newlandscapes per il progetto allestitivo, dei patrocini del FAI (Fondo Ambiente Italiano), dell’Università degli Studi di Bergamo, e dell’Associazione Maurizio Gervasoni.

Sponsor tecnici: Ravanelli Fabbro - Opere in ferro e manutenzioni (Gorle - Bg), NewLab S.r.l. di Brescia.