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Il tripudio del Maggiociondolo: a maggio e giugno l’albero della pioggia d’oro

Articolo. Così lo chiamano i tedeschi a causa degli splendidi fiori gialli, che spuntano in questo periodo. Aiuta a smettere di fumare, lo usavano le streghe (è una pianta allucinogena), ma pure i liutai e gli intagliatori per la morbidezza del suo legno. Sulle Orobie si trova fino ai 1600 metri

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Il nome evoca istintivamente simpatia e curiosità e posso garantire che quando ne scorgiamo un esemplare rimaniamo affascinati. Il maggiociondolo è un piccolo albero (può arrivare a 10 metri di altezza) abbastanza diffuso nelle nostre vallate, ma poco conosciuto. Forse per il suo innato senso di rispetto verso i più imponenti faggi o le eleganti conifere, passa spesso in secondo piano agli occhi del viandante.

Fiorisce fra maggio e giugno, ma è nocivo

Ebbene, tra maggio e giugno, questo albero diviene protagonista assoluto della montagna: i suoi rami si riempiono di splendidi grappoli di fiori gialli che penzolano dondolando al soffio delle brezze montane. E tutt’intorno si è catturati da un gradevolissimo e intenso profumo. E come per magia, alzando lo sguardo, ne scorgiamo subito un altro, e un altro ancora. Il cammino si fa ora più leggero, curiosamente guidato dalla ricerca di questi gioielli naturali. In Germania lo chiamano addirittura goldregen, pioggia d’oro, e osservando i suoi splendidi fiori se ne comprende il motivo.

Per il popolo bergamasco, notoriamente sobrio di parole, è semplicemente èghen (o ìghen). E come il canto di una sirena per i naviganti è facile cedere alle lusinghe del maggiociondolo, ma ahimè!, nulla si può gustare di quell’arbusto se non la vista e il suadente profumo giacché, foglie, fiori, semi e corteccia contengono una potente tossina, la citisina, che, se ingerita, può provocare allucinazioni, avvelenamento e, talvolta, anche la morte.

Giunge irrefrenabile il desiderio di approfondirne la conoscenza e si scopre così la sua interessante storia secolare: per la caratteristica durezza del legno, ma anche per la sua flessibilità, il maggiociondolo è sempre stato utilizzato nella realizzazione di archi, paletti, bastoni e palizzate; è anche molto richiesto nella produzione di mobili (dove per qualità e colorazione viene ad assomigliare all’ebano) e spesso apprezzato dalla nobile arte della liuteria e nella realizzazione dei flauti (un dubbio sorge spontaneo: se il suo legno è potenzialmente allucinogeno che effetti può avere sul suonatore di flauto?...).

Lo usavano le streghe e a Venezia

Si narra che nel medioevo le streghe utilizzassero fiori e foglie di questo albero per preparare pozioni magiche che conferivano un senso di leggerezza al punto da sentirsi letteralmente volare; e il bastone con cui le streghe solevano destreggiarsi nell’aria era il maggiociondolo! Pare che nel periodo dell’Inquisizione, per non destare sospetti, questi magici bastoni venissero camuffati in scope aggiungendo mazzi di saggina ad un’estremità. È così che la tradizione ci ha tramandato l’immagine delle streghe che svolazzano a cavalcioni di una scopa.

Questo legno era molto ricercato a Venezia perché dotato di grande resistenza all’acqua e quindi l’ideale nella realizzazione delle palificazioni su cui sono poggiate le fondamenta dei palazzi lagunari. Tuttavia i pali di maggiociondolo non venivano conficcati in verticale nel terreno sabbioso (per quella funzione si preferivano quelli di larice, quercia e ontano, decisamente più grossi e lunghi), ma venivano impiegati come madieri, cioè come leganti orizzontali per conferire stabilità alla struttura.

Negli anni settanta del Novecento alcuni ricercatori scoprirono che la citisina, la molecola tossica del maggiociondolo, ha una proprietà particolare: aiuta i fumatori pentiti a smettere di fumare, facendo loro superare le crisi di astinenza da nicotina. Ancora oggi viene utilizzata con successo in alcuni centri antifumo specializzati. Teniamo però sempre presente il monito di alcuni saggi pastori delle nostre valli: “la mucca che bruca il maggiociondolo fa il latte velenoso!”

Che aspettiamo? È il momento di organizzare un’escursione sulle tracce del maggiociondolo. Ho trovato questo albero in molte zone della nostra provincia e non mi sento di consigliare una località specifica. Basta ricordare che predilige i terreni calcarei (e le nostre Prealpi ne sono ricche) e l’esposizione al sole. In questo modo il gioco è fatto. Buon divertimento!

Chél di bastù

Un’ultima curiosità: un noto bergamasco intagliatore di bastoni, Claudio Frigeni, soprannominato Chèl di bastù, predilige la lavorazione del legno di maggiociondolo per la realizzazione delle sue opere. Una volta tolta la corteccia il maggiociondolo presenta la parte esterna del legno, l’alburno, di colore bianco. La sua parte interna, il durame, è invece molto scura, quasi nera. L’artista bergamasco gioca sapientemente con il contrasto dei colori disegnando pregevolissimi intagli che rendono i suoi bastoni vere e proprie opere d’arte.

Sito Claudio Frigeni - Chél di bastù

PS: la fioritura del maggiociondolo varia in relazione alla quota in cui vive la pianta: generalmente si va dalla metà di maggio per gli alberi situati a quote basse (700m/900m) per spingersi fino alla fine di giugno per gli alberi alle quote più alte (1500m/1600m). Gli esperti suggeriscono i 1600m come quota limite per questa pianta, ma a me è capitato di scorgere maggiociondoli in fiore anche nel mese di luglio nei pressi del Lago delle Casere (sopra Branzi) a 1800 metri.

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