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Storie di maratona #1: Abebe Bikila, guardia del corpo di Hailé Selassié, che vince a Roma nel 1960 a piedi nudi

Racconto. L’etiope sferra l’attacco decisivo nei pressi dell’Obelisco di Axum, trafugato dalle truppe italiane nella Guerra d’Etiopia. 12 maratone su 15 vinte, e il finale tragico della sua vita

Lettura 3 min.
Abebe Bikila sprinta via da Rhadi Ben Abdesselam verso la fine della maratona alle Olimpiadi di Roma del 1960 (fonte ANSA Archivio, filtrata)

Inizia oggi una serie di racconti di Camillo Fumagalli sulle maratone nelle Olimpiadi. Storia, impresa e mito

Gli organizzatori vogliono che la maratona di Roma passi alla storia. Così studiano due soluzioni per renderla davvero unica: il percorso è disegnato interamente fuori dalla pista di atletica, snodandosi attraverso i monumenti della Città Eterna, con partenza dal Colle Capitolino ed arrivo sull’Appia Antica, sotto l’Arco di Costantino; la partenza viene fissata il 10 settembre alle 17.30 per sfuggire alla calura estiva e, soprattutto, per rendere ancor più suggestivo il finale di gara con le fiaccole che accendono la notte lungo l’Appia Antica e l´Arco di Costantino illuminato dalle luci gialle e rosse dei riflettori.

Da un punto di vista squisitamente tecnico, essendosi ritirati Emil Zatopek ed il britannico Jim Peters, e con il francese Alain Mimoun non più capace di prestazioni di rilievo, i favori del pronostico sono tutti per il sovietico Sergej Popov che due anni prima, agli Europei di Stoccolma, ha sbaragliato il campo vincendo in 2.15’17”, la miglior prestazione mondiale sulla distanza. Ancora inesplorato è il panorama africano, tra cui si fa notare il marocchino Rhadi Ben Abdesselam, che due giorni prima ha partecipato alla gara dei 10.000 m, classificandosi quattordicesimo.

Quasi nessuno da credito all’etiope Abebe Bikila, ventisettenne guardia del corpo dell’Imperatore Hailé Selassié, alla sua terza maratona in carriera. Dopo un modesto 2.39’50” alla prima uscita, il crono della sua seconda prova sulla distanza, 2.21’23”, avrebbe dovuto insospettire gli esperti, in quanto ottenuto ad Addis Abeba, ad oltre 2400 metri di altitudine.

Sorprende tutti Bikila allorquando, si presenta alla partenza a piedi nudi. A tal riguardo sono nate molte leggende: c’è chi sostiene che ciò sia derivato dall’aver rotto le proprie scarpette e che quelle acquistate a Roma gli procurassero vesciche in quanto ha l’alluce troppo lungo, chi invece attribuisce l’idea al proprio allenatore, lo svedese di origini finlandesi Onni Niskanen, il quale, resosi conto dell’abitudine a correre scalzo di Bikila, avrebbe rilevato come questa caratteristica sarebbe stata più utile sul selciato delle strade romane di cui era costituito la maggior parte del percorso. Comunque entrambe le versioni risultano credibili.

Bikila e Niskanen, dopo aver visionato il percorso, si rendono conto che a circa un miglio dall’arrivo il percorso transita davanti all’Obelisco di Axum, trafugato dalle truppe italiane nella Guerra d’Etiopia e trasportato come trofeo a Roma. Indipendentemente dalla carica psicologica che tale visione può aver arrecato all’atleta etiope, decidono che, essendovi una leggera salita che conduce verso l’arrivo sotto l’Arco di Costantino, sarebbe stato quello il punto ideale per sferrare l’attacco decisivo.

La gara parte in orario e i primi chilometri scorrono tranquilli, senza iniziative. Al 18° chilometro sono proprio Bikila e il marocchino Rhadi a prendere decisamente la testa della corsa, mentre il duo sovietico costituito da Popov e Vorobjov decide di non replicare all’attacco. I due seguono rigorosamente la tabella di marcia stilata dai loro tecnici, sulla base delle condizioni climatiche e di percorso, ritenendo che il ritmo imposto dai battistrada avrebbe indotto agli stessi un crollo nel finale di gara.

Ma il calcolo si rivela sbagliato. Bikila e Rhadi corrono fianco a fianco senza mai calare fino al 40° chilometro. Finché Bikila nota il marocchino perdere brillantezza e attardarsi qualche metro e, in prossimità dell’Obelisco di Axum, memore del piano studiato con l’allenatore, sferra l’attacco decisivo. Rhadi, visibilmente appesantito, non riesce a seguire Bikila che si invola, a piedi nudi, a trionfare sotto l’Arco di Costantino con l’incredibile tempo di 2h15’16″, nuovo primato del mondo. Rhadi giunge al traguardo staccato di 25 secondi, mentre i sovietici, accortisi in ritardo dell’errore di valutazione, forzano troppo l’andatura nel tentativo di recuperare e saltano nel finale facendosi superare dal neozelandese Magee, terzo in 2h17’18″2.

Appena tagliato il traguardo Bikila non si ferma esausto ma continua a saltellare come se stesse ancora correndo e si cimenta in esercizi ginnici di scioltezza che denotano una sorprendente freschezza atletica. L’impresa dell’etiope fa subito il giro del mondo: Abebe Bikila non soltanto è il primo campione olimpico dell’Africa nera ma, soprattutto, è l’ambasciatore di un continente giovane, capace di sconfiggere, in pacifiche competizioni, gli antichi colonizzatori.

Bikila si conferma anche quattro anni dopo a Tokyo, stavolta portando calzini e scarpette, presentandosi alla partenza a soli sei mesi di distanza da un’operazione di appendicite. Riesce comunque a sbaragliare il campo infliggendo pesanti distacchi agli avversari, tra cui il primatista mondiale, l’inglese Heatley, il quale, pur correndo più o meno sui suoi ritmi, vede il suo record frantumato da Bikila che chiude la prova in 2h12’11″, un tempo, tanto per intendersi, con cui avrebbe vinto ai Giochi di Barcelona 1992 e Atlanta 1996.

Bikila partecipa alla sua terza ed ultima Olimpiade a Città del Messico nel 1968, ma i suoi tendini oramai logori lo costringono al ritiro non prima di aver sussurrato al connazionale Mamo Wolde: “io non finirò questa corsa, ma tu vincerai“, cosa che poi puntualmente si avvera.

Ritiratosi con l’ultima delle sue 15 maratone disputate in carriera, di cui 13 concluse e 12 vinte, l’anno seguente Bikila è vittima di un incidente d’auto che gli provoca una paralisi costringendolo sulla sedia a rotelle. Proprio sulla sedia a rotelle parteciperà nel 1972 alle Paralimpiadi di Heidelberg nel tiro con l’arco. Abebe si spegne prematuramente nel 1973, all’età di 41 anni, per un’emorragia cerebrale.

In diverse scene del film “Il maratoneta” di John Schlesinger, Dustin Hoffman osserva il video di Bikila che corre e taglia il traguardo dello stadio olimpico, mentre sue foto sono appese alla parete. Nel 2009 è stato prodotto il film biografico “L’atleta – Abebe Bikila”, diretto da Rasselas Lakew e Davey Frankel e con lo stesso Rasselas Lakew nei panni di Bikila.

Pagina Wikipedia di Abebe Bikila

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