«Avevamo fumato crack, mi aggredì
Così ho reagito e ucciso il trans»

«Era fuori di sé, voleva più soldi ma io non ne avevo, così impugnò un coltello per aggredirmi. Io riuscii a disarmarlo e reagii».

Questa, in sostanza, la versione di Daniel Savini, il trentunenne accusato dell’omicidio di Lucas Martins Dos Santos, 21 anni, transessuale che era noto nel suo ambiente con il nome di «Luna», massacrato a coltellate nella casa dove l’imputato viveva con la famiglia, nella notte fra il 13 e il 14 febbraio scorso a Villa d’Adda.

Venerdì 22 gennaio Savini, che ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato, ha fornito la sua versione dei fatti di fronte al giudice Raffaella Mascarino, in un’udienza in camera di consiglio (quindi a porte chiuse). L’imputato, assistito dall’avvocato Gianfranco Brancato, ha ammesso l’addebito (solo all’inizio aveva cercato di sostenere che la vittima si fosse introdotta in casa sua per aggredirlo, poi aveva confessato davanti al pm Fabio Pelosi nel corso di un interrogatorio in carcere).

Ma Savini avrebbe arricchito la sua versione fornendo ulteriori dettagli. Non ci furono rapporti sessuali, stando al racconto di Savini, ma i due fumarono crack e dopo l’assunzione la situazione precipitò.

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