Bloccati dal virus su un’isola
deserta: Bergamo è nel cuore

Questo spazio è dedicato ai lettori che ci scrivono per condividere i loro sentimenti, i progetti in questo momento di isolamento forzato per combattere il coronavirus. Scrivete al nostro indirizzo email: [email protected] oppure attraverso la pagina Facebook de L’Eco di Bergamo.

Diamo spazio, qui e sul giornale, ai lettori che vogliono condividere i sentimenti, i progetti in questo momento di isolamento forzato per combattere il coronavirus. Scrivete al nostro indirizzo email: [email protected] oppure attraverso la pagina Facebook de L’Eco di Bergamo.
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IL VIDEO: La Bergamo che non avete mai visto: una città che lotta in silenzio
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«Se è vero che il nostro destino sia già stato scritto - ci scrivono Jean Carlo e Loredana -, forse il nostro, come quello di molti, non aveva tenuto conto di questa epidemia che ci avrebbe sorpresi lontani da casa, in barca su un atollo deserto delle isole San Blas, Panama. Il sogno della vita, di una passione, e poi all’arrivo della pensione la scelta di mettere la prua verso nuovi orizzonti. Traversata oceanica, isole caraibiche splendide, ed infine questo paradiso naturale di circa 300 isolotti sparsi in acque trasparenti e coralline.

A marzo i primi casi di infezione a Panama City che, crescendo troppo velocemente, portano alla chiusura di tutte le vie di comunicazione con l’esterno, all’isolamento delle isole, chiusura totale dell’aeroporto per 30 giorni e quarantena totale, con militari che ne garantiscano l’osservanza. Sulle isole, pur restando tutto uguale, tutto cambia; la popolazione indigena kuna si affida a frutti della lontana foresta e non sembra preoccupata del fatto che non ci sarebbe nessuna forma di assistenza medica in caso di contagio del virus.

Per noi la preoccupazione è diversa, i nostri standard di assistenza in Europa ci hanno abituato a sicurezze che diamo per scontate e che ci trovano completamente impreparati in questa nuova situazione. Stiamo vivendo al riparo di un’isola deserta con altre barche di diverse nazionalità, cercando di fare gruppo e trovare un po’ di solidarietà per una storia che ci accomuna.

Abbiamo notizie sporadiche della tragedia oramai mondiale della pandemia e viviamo molto male la situazione per i nostri familiari, amici e compaesani di Bergamo e abbiamo un grande rispetto ed orgoglio per tutti coloro che si impegnano a contrastare questa tragedia inimmaginabile. L’opera dell’ospedale costruito dall’Ana e volontari in pochi giorni ha avuto risonanza anche in questa piccola parte di mondo dell’America centrale, riempiendoci di orgoglio per tutto il popolo bergamasco. Grazie. Buona fortuna da tutti noi».


Jean Carlo Duccini
e Loredana Vassalli

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