Dietro la corazza un cuore
enorme che ora si emoziona

Questo spazio è dedicato ai lettori che ci scrivono per condividere i loro sentimenti, i progetti in questo momento di isolamento forzato per combattere il coronavirus. Scrivete al nostro indirizzo email: [email protected] oppure attraverso la pagina Facebook de L’Eco di Bergamo.

Diamo spazio, qui e sul giornale, ai lettori che vogliono condividere i sentimenti, i progetti in questo momento di isolamento forzato per combattere il coronavirus. Scrivete al nostro indirizzo email: [email protected] oppure attraverso la pagina Facebook de L’Eco di Bergamo.
Molti ci mandano foto di bambini: è importante che nella mail entrambi i genitori autorizzino, anche indicandolo semplicemente nella email, la pubblicazione dell’immagine.
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IL VIDEO: La Bergamo che non avete mai visto: una città che lotta in silenzio
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Il racconto di una lettrice e le sue riflessioni su quanto abbiamo cambiato per capire quello che stava succedendo e dargli un senso nuovo e diverso.

Marzo 2020 a Bergamo, la mia amata Bergamo. Isolamento, stravolgimento delle proprie abitudini, senso di impotenza e paura, tantissima paura: per le persone che amo, per la mia famiglia, per i miei figli, per gli amici.

Un “robino” invisibile a occhio nudo ci ha messi sotto assedio. E nel nostro vocabolario quotidiano sono entrate parole nuove: coronavirus in primis e poi zona rossa, contagio, terapia intensiva, polmoniti, mascherine, igienizzanti, caschi, focolai, tamponi, quarantena e tante altre ancora. Il dettaglio più subdolo è che, adesso, il virus ha stravolto anche il significato delle parole stesse.

Prendete «positività»: fino a ieri era un sostantivo bellissimo, pieno di energia e speranza. Fino a ieri. Oggi, se parliamo di positività, pensiamo a tutt’altro, alla malattia e alla morte. Prendete «ossigeno»: fino a ieri pensavi a una boccata d’aria nella natura. Oggi vai con il pensiero alle bombole che consentono ai malati di respirare. Prendete «mascherine»: ieri eravamo in periodo di carnevale, si pensava a come travestirsi, oggi pensiamo solo ad accaparrarci quelle mediche.

Io, che do un’importanza maniacale alle parole e al loro utilizzo, rimango sconvolta da questa inversione di tendenza. In un giorno non troppo lontano, quando tutto sarà finito, restituiremo alle parole il loro legittimo significato e scacceremo ogni cattivo pensiero.

Le manifestazioni di solidarietà

Nel frattempo tutti, chi più chi meno, siamo toccati dal lutto. Il “malefico” colpisce senza guardare in faccia a nessuno, è maledettamente democratico. Ci ha reso tutti uguali, senza distinzione alcuna. Ha colpito la mia città in modo impietoso, lasciandoci attoniti ed impreparati di fronte a tanta violenza.

Bergamo è una città meravigliosa, meravigliosa anche nel suo dolore e nel suo essere in ginocchio. Bergamo è dignitosa: piangiamo lontano da tutto e da tutti, quando abbiamo messo a letto i bambini, salutato i nostri genitori al telefono o videochiamato la persona che amiamo e che non potremo riabbracciare chissà per quanto tempo ancora.

Ci insegnano così, di generazione in generazione: mai esternare i propri sentimenti in modo esagerato. Parola d’ordine: compostezza. Anche quando avremmo tutto il diritto di far sentire le nostra urla di dolore. Ma noi no, testa bassa e via.

Dovete venire a visitare Bergamo, quando tutto sarà finito: vi renderete conto di quanto è bella. Vi scontrerete con la nostra ruvidezza ma sarete poi conquistati dal nostro grandissimo cuore... e dal nostro accento cantilenante per il quale, quando andiamo in vacanza, ci prendete sempre in giro! E guai a confonderci con Brescia, la nostra vicina di casa che adesso, purtroppo per la stessa tragedia, sentiamo meno “rivale” di qualche mese fa.

Bergamo è una città di lavoratori indefessi: se andiamo dal medico la prima domanda è “dottore, quando posso tornare al lavoro?”. Adesso dal medico non ci possiamo nemmeno più andare. Non andiamo proprio da nessuna parte: moriamo da soli, sia in casa che in ospedale. E muoiono anche loro, i medici, che non vogliono essere chiamati eroi ma che lo sono a tutti gli effetti. Il “malefico” ci ha tolto anche questo.

Noi bergamaschi abbiamo un cuore enorme, ben nascosto dietro una corazza. Ma ci emozioniamo di fronte a tante manifestazioni di solidarietà che arrivano da tutta Italia, da tutto il mondo. Non vi ringrazieremo mai abbastanza se non ci lascerete soli; noi non dimentichiamo.

Un grande abbraccio protettivo

Bergamo ha un sacco di difetti, che ora non mi vengono in mente. Difetti o no, è impossibile non amare la mia città: in quasi tutti gli angoli traspaiono la sua bellezza austera, la sua semplicità e i secoli di storia che ha alle spalle.

Adesso la mia città è deserta: fa impressione vedere le immagini di Piazza Vecchia completamente vuota, senza il solito via vai di turisti che, naso all’insù, ammirano quelle bellezze a cui noi bergamaschi siamo orgogliosamente abituati. Bergamo ha delle mura storiche che cingono Città Alta come se fosse un grande abbraccio protettivo, quell’abbraccio che in questo periodo è proibito a chiunque.

Quando verrete a Bergamo, voi fidanzati, sposi, amanti, amici, fratelli abbracciatevi lungo quelle splendide mura dichiarate “Patrimonio dell’umanità” nel 2017. Fatelo con un grandissimo ed enorme trasporto, pensando a quel tempo in cui gli abbracci ci furono negati. Io lo farò.
Enrica Locatelli

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