Sono collegata con i miei alunni:
bimbi di 8 anni colpiti dalla morte

Questo spazio è dedicato ai lettori che ci scrivono per condividere i loro sentimenti, i progetti in questo momento di isolamento forzato per combattere il coronavirus. Scrivete al nostro indirizzo email: [email protected] oppure attraverso la pagina Facebook de L’Eco di Bergamo.

Diamo spazio, qui e sul giornale, ai lettori che vogliono condividere i sentimenti, i progetti in questo momento di isolamento forzato per combattere il coronavirus. Scrivete al nostro indirizzo email: [email protected] oppure attraverso la pagina Facebook de L’Eco di Bergamo.
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La Bergamo che non avete mai visto
Una città che lotta in silenzio - Guarda il video

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Un’insegnante elementare ci invia uno spaccato di quello che accade con i bambini in queste settimane (i nomi sono modificati).

Da brava insegnante mi appresto a collegarmi online con i miei alunni… È stata una notte difficile, l’ennesima, attaccata al telefono sperando di non ricevere alcuna chiamata.

Mi alzo ringraziando il Signore per averlo ricevuto in dono un’altra notte… il papà è ancora vivo! Ora devo concentrarmi sul collegamento: bambini di otto anni il cui compagno ha perso il papà per colpa del coronavirus… Non mi risulta facile fare gesti che fino a due settimane fa erano per me naturali e automatici: mi cambio, scelgo una collana colorata che può piacere ai bambini, un po’ di trucco per coprire le occhiaie e il colore smunto… Ok, ci sono. Ce la posso fare, ce la devo fare… Mi collego, tenendo a portata di mano il cellulare. Ancora nessuna notizia.

«Ho visto arrivare l’elicottero»

Piano piano allo schermo si affacciano volti timidi di bambini ancora cuccioli. Sguardi persi, in cerca di certezze, parole strappate, alcune rubate. Sono spaesati, cerchiamo di farli sentire a proprio agio, ricordiamo i gesti quotidiani, per un attimo viviamo di ricordi. Qualche bambina osa una dichiarazione d’amore e d’affetto, con un filo di voce. Io raccolgo con immensa gratitudine e rimando la mia di dichiarazione, chiara e solida. Poi… poi arriva lui, Andrea, che inizia a parlare delle sue di giornate, dando voce a tutti quei pensieri inespressi: «Sai maestra quante ambulanze sento? Passano sempre … io le sento e alcune le ho anche viste. Si, perché la nonnina che abitava qui accanto a me è morta di coronavirus e ho visto pure il carro funebre…».

Un momento di gelo e di silenzio. Nessuno parla, i sorrisi appena accennati sono scomparsi d’improvviso… «E sì, Andrea, anch’io sento le ambulanze e ho paura, sono preoccupata e tu?».

«Direi di si, maestra… pensa che ho visto anche i barellieri che sono venuti qui, nel palazzo di fronte, tutti vestiti con tute e mascherine. E poi ho visto sia l’elisoccorso che l’ambulanza per il papà di Matteo… che poi è pure morto…». Altro silenzio, gigante e pesante. «Sì, Matteo, l’abbiamo saputo anche noi e ci dispiace tantissimo…». Non mi lascia terminare la frase che riprende immediatamente continuando a descrivere ciò che lui vede, sente…vive! Ed è proprio a questo punto che tutti la sentiamo, rimbomba nelle nostre cuffie. È lei, il richiamo della morte… Rimaniamo tutti in silenzio tombale. Passano i secondi. I bambini cercano i nostri occhi e noi i loro. Cerchiamo di capire. E poi una vocina: «Ma da dove viene il suono dell’ambulanza?» E così nel silenzio più assoluto, quei secondi sembrano un’eternità. Andrea interviene: «Tranquilli è passata… anche questa non si è fermata».

Ricominciamo, cercando di progettare quella che sarà la più grande festa mai fatta a scuola. Sì, quando rientreremo sarà la prima cosa che faremo: c’è chi si occuperà di musica, chi del cibo, chi dei balletti… e così torna qualche sorriso, e la speranza, accompagnata dalla certezza che tutto questo finirà, un giorno dovrà finire!

Come li accoglierò in classe

Ecco cosa è per noi “didattica a distanza”. Ecco cosa succede quando mi collego con i miei alunni. Ecco di cosa avrei bisogno: non di nuovi programmi per presentazioni accattivanti, non linee generali per le valutazioni, ma un corso accelerato per poter supportare psicologicamente i miei alunni, per poter leggere e capire dentro di me cosa si muove in questo momento così drammatico dove la morte bussa ogni giorno alla porta e la vita fa di tutto per cacciarla.

Ecco cosa vivono i miei figli quando si svegliano di notte e mi chiedono se sono a letto: vuol dire che non sono andata dal nonno, e al mattino la prima domanda è se il nonno è ancora vivo e la nonna sta ancora bene...

E la domanda non è «Come valuterò i miei alunni?», ma «Come accoglierò i miei alunni?» Perché qui nessuno è quello di due settimane fa. Perché il coronavirus ci sta cambiando molto di più di cinque anni di primaria…
Cinzia Austoni - Insegnante
scuola elementare Montello

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