Tumore ovaio
Nuovi farmaci

Sarà in tutta Italia entro la fine dell'anno, un trattamento per il tumore dell'ovaio a base di bevacizumab. Si tratta, per questo tumore, della prima novità terapeutica da 15 anni a questa parte.

Bevacizumab è uno dei primi farmaci biologici, che ottiene ora dall'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) l'indicazione per il quinto tipo di tumore, dopo averla ottenuta per quelli di colon-retto, mammella, polmone, rene. Indicazione che arriva con 2 anni di ritardo rispetto alle decisioni dell'Agenzia europea Ema.

Quella dell'ovaio è ancora oggi una delle forme tumorali più aggressive, ma è anche subdola perché asintomatica nelle fasi iniziali, tanto che sono 4900 le donne italiane che ogni anno si scoprono ammalate (con disturbi come gonfiore e dolori addominali, difficoltà digestive e problemi intestinali) ma nel 70% dei casi sono già in uno stadio già avanzato della malattia.

Le indicazioni dettate dall'Aifa per il bevacizumab, prodotto da Roche, riguardano per il momento solo il suo utilizzo, in associazione alla chemioterapia, come farmaco di prima linea: per un carcinoma ovarico metastatico (al 3/o o 4/o stadio). Non potranno usufruirne le pazienti con malattia non metastatica (su queste non è ancora stato sperimentato) né quelle che hanno una recidiva, per le quali la domanda di approvazione è già stata inoltrata e ci si attende il benestare entro la fine del 2014.
L'accordo della Roche con l'Aifa stabilisce, primo caso in Europa, che il suo costo, anticipato dalla casa produttrice, venga rimborsato dal Servizio Sanitario solo in caso di beneficio del farmaco, rilevato a 8 mesi dalla somministrazione.

Quali sono i benefici del bevacizumab? «Nonostante l'80% delle pazienti risponda positivamente ai farmaci chemioterapici – spiega Nicoletta Colombo, Direttore della Divisione ginecologica dell' Istituto Europeo di Oncologia – la malattia si ripresenta con una recidiva nella maggior parte dei casi entro due anni. Gli studi effettuati dimostrano che bevacizumab aggiunto alla chemioterapia e somministrato in fase di mantenimento, è in grado di ritardare la recidiva di alcuni mesi».

Ma Colombo sottolinea che il grande problema di questo tumore è nella difficoltà di fare prevenzione. «Non disponiamo ancora – spiega - di un precursore che ci informi sul processo tumorale in atto, come per altri tumori. Si sa poco anche della sua origine: si pensa che nel 50% dei casi esso nasca a livello della tuba e che le cellule tumorali sgocciolino immediatamente nell'ovaio e fuori di esso. In pratica, è come se nascesse metastatico. Per questo si diffonde molto velocemente all'addome».

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