Protesi anca e ginocchio
Recupero sempre più rapido

La metodica del recupero rapido è un lavoro che coinvolge molti professionisti.

Si vive sempre più a lungo e le articolazioni, soprattutto quelle degli arti inferiori, si logorano. Ecco allora che occorre intervenire. Operazioni diventate sempre più di routine e per le quali la chirurgia protesica di ginocchio e di anca presenta sempre più spesso tempi di recupero piuttosto rapidi. Ne parliamo con il dott. Carlo Trevisan, direttore dell’Unità operativa di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Bolognini di Seriate.

Spesso si sente parlare di metodiche di recupero rapido nella chirurgia protesica di anca e di ginocchio. Di cosa si tratta esattamente?

«Queste metodiche nascono dall’intuizione di un chirurgo generale danese, Henrik Kehlet che si era concentrato sull’ottimizzazione dei ricoveri ospedalieri per i pazienti sottoposti a chirurgia addominale al fine di mediare la risposta allo stress chirurgico, ridurre i tempi di convalescenza e migliorare l’esito postoperatorio. Inoltre, già nel 1994 era nata l’idea di “operazioni senza dolore e senza rischi”. Questo approccio si dimostrò efficace e si diffuse rapidamente in altre branche chirurgiche ed anche in Ortopedia. L’idea di fondo era quella di rivalutare criticamente le procedure a cui i pazienti venivano sottoposti quando entrano in Ospedale per un intervento chirurgico. Kehlet si accorse che molte di queste procedure facevano parte di una “tradizione” ma non corrispondevano alla miglior soluzione per il paziente e potevano addirittura rallentare il suo percorso di guarigione. Cercando di focalizzare l’attenzione su ogni particolare che potesse favorire la ripresa funzionale del paziente nel suo percorso di guarigione, Kehlet rimise al centro dell’attenzione il paziente nella sua globalità».

Qual è la sua applicazione nella chirurgia ortopedica oggi?

«La metodica di recupero rapido, chiamata con termini anglosassoni Fast Track o Fast Recovery, si adatta particolarmente bene agli interventi in elezione di protesi d’anca o di ginocchio. Nella maggior parte di questi casi, abbiamo a che fare con pazienti che non vanno considerati dei malati, ma semplicemente delle persone che si sottopongono ad un intervento specifico per sostituire un singola articolazione che non funziona più a dovere. Il nostro intervento deve essere quindi un intervento selettivo che non deve incidere sulla salute generale del paziente e deve consentirgli un rapido ritorno alla sua vita abituale».

E come si ottiene questo?

«Nella nostra Unità operativa di Ortopedia e Traumatologia di Seriate abbiamo implementato la metodica del recupero rapido dal 2014. È un lavoro di squadra che coinvolge tutte le figure professionali che ruotano intorno al paziente. I capisaldi della metodica sono: la riduzione dello stress, tecniche chirurgiche meno invasive, un completo controllo del dolore, una gestione assistenziale dedicata ed una mobilizzazione molto precoce. La riduzione dello stress si articola in due tempi. Il primo riguarda l’ansia del paziente nei confronti dell’intervento che l’attende. Quest’ansia è collegata mancata conoscenza del paziente di quello che accadrà quando verrà ricoverato per l’intervento. Per questo dal 2014, organizziamo a cadenza mensile un incontro con i pazienti che a breve verranno chiamati per l’intervento in cui vengono illustrati tutti i passaggi del loro ricovero da parte delle varie figure professionali coinvolte. Così, la nostra coordinatrice infermieristica spiegherà loro le modalità di ingresso in reparto e come saranno seguiti in reparto prima e dopo l’intervento, l’anestesista spiegherà le modalità dell’anestesia e come verrà controllato il loro dolore dopo l’intervento, una od uno dei nostri strumentisti di sala operatoria racconterà come verranno accolti in sala operatoria e la responsabile delle fisioterapiste mostrerà le tappe del loro recupero funzionale. Venire a conoscenza del percorso che incontreranno durante il ricovero e vedere i volti di coloro che li seguiranno si è dimostrato, nei colloqui con i nostri pazienti, un arma formidabile per ridurre l’ansia e coinvolgerli attivamente. Il secondo pilastro per la riduzione dello stress operatorio consiste nell’adozione di protocolli farmacologici specifici nella fase preoperatoria. Anche il controllo del dolore è migliorato grazie alla stretta collaborazione con gli anestesisti; con le tecniche di analgesia multimodale che sfruttano l’utilizzo di più farmaci con meccanismi d’azione differenti che si potenziano a vicenda, si possono utilizzare quantità inferiori di farmaci con meno effetti collaterali. La morfina ed i suoi derivati, che possono dare depressione respiratoria, nausea e ipotensione, sono stati quasi del tutto eliminati con il vantaggio di avere pazienti più reattivi nell’immediato periodo postoperatorio. Per i pazienti che vengono operati di protesi di ginocchio, al termine dell’intervento si praticano infiltrazioni con anestetici locali a lunga durata che garantiscono la completa l’eliminazione del dolore post-operatorio per le prime 10-12 ore. In un recente studio sulla nostra casistica presentato all’ultimo congresso della Società Italiana di Chirurgia dell’Anca tenutosi recentemente proprio qui a Bergamo, abbiamo osservato nei pazienti operati con tecnica mini-invasiva ed inseriti in un protocollo di recupero rapido, tassi di soddisfazione riguardo alla gestione del loro dolore maggiori che in precedenza pur con l’utilizzo di una minor quantità di farmaci».

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