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Il Covid è stata un’esperienza drammatica

Claudio Trezzi, volontario dell’Accademia dello Sport per la Solidarietà, racconta i giorni di ricovero durante la pandemia

Ad inizio marzo la Bergamasca vive un periodo drammatico a causa di un virus finora sconosciuto.

«E’ iniziato tutto il 3 marzo 2020. Da due giorni non mi sentivo bene e mi sono svegliato in piena notte per misurare la febbre. Avevo la temperatura talmente alta che non sono nemmeno riuscito a guardare il termometro e sono svenuto. Mia moglie ha subito chiamato l’ambulanza, che in quei giorni fortunatamente era ancora disponibile, che mi ha accompagnato all’ospedale di Seriate».

In quei giorni i casi si moltiplicano velocemente e anche le strutture sanitarie vanno presto in difficoltà.

«Posso testimoniare che è stata un’esperienza traumatica. Avevo la febbre altissima e già al pronto soccorso sembrava di vivere in un film ambientato durante la guerra. C’era chi veniva intubato e chi chiamava a casa disperato i parenti. Dopo i primi esami e la tac, mi hanno ricoverato in reparto, dove continuavo vedere arrivare pazienti, che poi venivano portati via in breve tempo. In quei giorni non riuscivo a capire cosa stesse accadendo intorno a me, finché ho avuto una grossa crisi e da lì ho iniziato a migliorare. Acquisita la lucidità ho però dovuto confrontarmi con la cruda realtà, dove vedevo morire persone accanto a me. Il mio vicino di letto, con il quale avevo parlato fino a poche ore prima, è mancato improvvisamente e il suo cadavere è rimasto in camera per 24 ore. Nei corridoi c’erano lettighe dappertutto con numerosi pazienti coperti da un telo. Capite bene che in quei momenti si diffonde il terrore dovuto alla paura di morire».

Fortunatamente per lei arriva il momento della guarigione e delle dimissioni.

«Il 12 marzo la tac evidenzia solo un piccolo focolaio, rispetto alla polmonite bilaterale che mi aveva colpito nei giorni precedenti. Ero ancora positivo e dovevo fare riabilitazione, così i medici hanno deciso di mandarmi per 15 giorni a Lumezzane. Anche qui però ho vissuto momenti drammatici con il mio vicino di letto che è mancato durante il ricovero. Il 30 marzo sono risultato finalmente negativo e a fine mese ho potuto lasciare la struttura per tornare a casa».

Come ha vissuto il ritorno alla normalità?

«Devo sicuramente ringraziare il personale sanitario che mi ha seguito molto bene, anche dal punto di vista psicologico. A seguito dei traumi subìti non riuscivo più a dormire a causa degli incubi per quanto avevo vissuto. Auguro a tutti di non passare quello che ho vissuto sulla mia pelle e indico il vaccino come l’unica soluzione per uscire dall’emergenza. Nei mesi scorsi ci siamo impegnati come volontari all’hub vaccinale di Chiuduno, vivendo un’esperienza unica al servizio degli altri».

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