Dai biglietti di auguri
ai messaggi digitali

C’era una volta un nostro carissimo zio che viveva da solo e che, ogni anno, scriveva decine e decine, forse centinaia di biglietti di auguri di Natale, tutti l’uno diverso dall’altro. Praticamente a ogni familiare, amico e conoscente. Si metteva all’opera, di buona lena, molto per tempo, con il risultato che le gradite missive cominciavano ad arrivare ai destinatari quando, forse, non era ancora iniziato l’Avvento o, addirittura, era appena passato il giorno dei Santi. Niente di male. Le strategie commerciali contemporanee, nate per contrastare la Grande Crisi, ci propongono vetrine natalizie già a ottobre e luminarie subito dopo il 2 novembre. Una congiuntura che, forse, non tramonterà, davvero, mai più: indietro non si torna. L’allungarsi a dismisura del periodo del consumismo natalizio, d’altra parte, è inversamente proporzionale a quello dello scambio degli auguri.

Un tempo si scrivevano, come quelli del nostro zio, tutti rigorosamente a mano, l’uno diverso dall’altro, su biglietti pure diversi, scelti, accuratamente, nelle cartolerie, che disponevano di una vasta offerta. Cartoline e parole erano studiate, rigorosamente, per quel preciso destinatario: guai a ripetere un’immagine o una frase. Nell’era delle mail e dei social, ricevere un biglietto di auguri per posta è, ormai, un evento: di solito il mittente, nella più rosea delle ipotesi, ha una settantina d’anni. Gli auguri si mandano con lo smartphone, molto spesso uguali per tutta la rubrica dei contatti. Così come, distrattamente, si inviano, altrettanto, il più delle volte, si leggono.

A nostro giudizio, non ci stiamo rendendo conto, compiutamente, di come la comunicazione stia, radicalmente, cambiando. E’ una vera e propria rivoluzione antropologica. Un altro esempio: non si è mai parlato così poco al telefono come in questa epoca del cellulare nella tasca di ogni persona. Anche gli auguri a voce sono diventati rari. Molto più comodo e veloce un bel messaggio, in modo da evitare, magari, le chiacchiere della zia pedante, che ci terrebbe mezz’ora al telefono. Non è forse vero? Diciamo la verità: ci riconosciamo tutti, noi compresi, in questi comportamenti.

Non sappiamo ancora, però, che cosa resterà di questo mondo della comunicazione digitale. Un tempo esistevano i carteggi: se questi erano tra persone importanti, erano destinati a diventare preziose testimonianze storiche, documenti da studiare e da cui trarre possibili, inattese, scoperte. Anche le fotografie stampate stanno sparendo. Oggi tutti fotografano tutto (e fotografano se stessi ovunque: i famosi «selfie») e inviano subito, in tempo reale, a tutta la cerchia di «amici», per rivelare dove si trovano in quel preciso momento. Immagini – chiediamo scusa a chi le invia – da catalogare, molto spesso, nella serie «ma chi se ne importa». Preziosissimi ricordi, invece, come le fotografie stampate, si sono drasticamente ridotti. Esistono cartelle nelle memorie dei computer, con centinaia, migliaia di immagini: chi, però, le consulta e, soprattutto, un giorno le consulterà? Fino a non molti anni fa, si iniziava con l’album delle nozze. Poi si costruivano irripetibili raccolte, fotografia dopo fotografia, in cui si documentava la crescita dei figli e, con essi, della famiglia. E ora? Cartelle di immagini nel disco fisso del pc o in qualche anonima chiavetta, facilmente perdibile.

Ci rendiamo perfettamente conto che rischiamo di passare per tecnofobi e nostalgici. Tranquilli: purtroppo, siamo cascati anche noi in questa rete che, anzi, guarda caso, si chiama proprio la Rete. Con la maiuscola, per antonomasia.

Per noi, inguaribili ritardatari, poter risolvere la pratica degli auguri con dei messaggi all’ultimo momento è, davvero, una soluzione impagabile. Prima, quando inviavamo i biglietti per posta, rischiavamo il recapito, nella migliore delle ipotesi, tra Natale e Capodanno. Ora, se mandiamo un messaggio su WhatsApp il giorno della Vigilia, possiamo, invece, essere considerati, addirittura, al passo con i tempi. L’ultimo minuto non appare più come una scelta di ripiego: riflette la moda della vita in diretta, tipica dei social.

Un augurio speciale ai nostri venticinque lettori. Con un suggerimento. Almeno il giorno di Natale, e negli altri di festa, prima di mettervi a tavola, spegnete gli apparecchi elettronici e non lasciatevi più distrarre e interrompere dalle notifiche e dai segnali sonori dei messaggi in arrivo. Guardate in faccia, e non in Facebook, chi avete davanti a voi. Sono le vostre persone più care.

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