Michele, da Orezzo a Groningen
Con i Nobel per la chimica

Il master in Nanoscienze in Olanda. «Qui sanno cosa vuol dire investire sui giovani: pagati per studiare, fare ricerca e innovazione». «Sono tornato in Italia da poco – racconta Michele Merelli –, ma presto dovrò ripartire». Michele, 24 anni, originario di Orezzo, frazione di Gazzaniga, è partito due anni fa per continuare il suo percorso di studi in Olanda. «Dopo la laurea triennale – spiega il ragazzo – in Ingegneria dei Materiali e Nanotecnologie, conseguita nel luglio 2016 al Politecnico di Milano, ho potuto continuare il mio percorso di studi in Olanda, nella piccola ma vivacissima Groningen, all’estremo Nord, partecipando a un top master in Nanoscienze».

Per accedere al master Michele ha dovuto, però, prima, superare una grande concorrenza e una selezione. «Per essere ammessi – specifica –, bisogna superare una fase di selezione che prevede anche un colloquio nella sede dell’Università di Rijksuniversiteit Groningen. Per cui fui invitato, a loro spese, nel maggio 2016, ad andare da loro per il colloquio che ho passato, venendo così ammesso. In questa selezione, solo 10-15 studenti provenienti da tutto il mondo vengono accettati. La dicitura “top” del corso è stata data dopo rigorosi controlli della qualità dell’educazione e per diversi anni questo master, che spinge gli studenti a una conoscenza dettagliata di ambiti diversi, come fisica e chimica, è stato definito come il migliore d’Olanda. Per questi motivi è così prestigioso».

Le opportunità di due anni di studio

I due anni di studio hanno offerto tantissime possibilità a Michele, che ha avuto modo di imparare molto, collaborando in alcuni progetti con i migliori al mondo in questo ambito. «Durante il percorso – continua Michele –, ho avuto modo di compiere ricerche di altissimo livello, collaborando con professori dall’alto calibro. Sono persino arrivato a collaborare con il premio Nobel per la chimica 2016, Ben Feringa». Certo, ambientarsi in una nuova realtà non è stato facile, soprattutto all’inizio. «Durante questi due anni – spiega –, mi sono dovuto adattare molto. Partendo dalla piccola frazione collinare di Orezzo, in cui ci si conosce tutti, e partendo da una famiglia numerosa, siamo 5 fratelli, è stato molto strano trovarmi solo, in una città sconosciuta, in un Paese completamente piatto, dove non potevo salutare tutti i passanti con frasi in bergamasco».

Nuove amicizie

Michele ha però saputo trovare, col tempo, la sua dimensione e nuove amicizie. «Ho scoperto la vivacità e la forza vitale – continua il ragazzo – di questa città apparentemente isolata da tutto. A Groningen, che conta circa 200.000 anime, un abitante su quattro è uno studente. Molto spesso proveniente dall’estero. Quindi, nonostante i moltissimi esami del master, ho conosciuto tantissime persone, sia internazionali sia italiane. E, così, ho legato tantissimo con un ragazzo di Como, Andrea Corti, una ragazza di San Lorenzo di Rovetta, Elena Colotti, che non avevo, in valle, mai incontrato e tanti altri italiani provenienti da ogni zona della Penisola. Ho conosciuto anche Michele Selle, il ragazzo ventitreenne che ha perso la vita in un incidente stradale lo scorso luglio a San Paolo d’Argon. Con lui ci eravamo stupiti della coincidenza che due Michele da Bergamo si trovassero in un angolo remoto di Olanda». Essendo una città giovane e in prevalenza universitaria, Groningen si è quindi rivelata una piacevole scoperta. «In genere – spiega Michele –, il clima di festa continua che pervade la città è perfetto per uno studente universitario. Quando però inizia la fase lavorativa, è difficile cogliere tutte le possibilità offerte dalla città. Motivo per cui ho deciso di non continuare lì, nonostante la lode ricevuta mi permettesse di accedere a un dottorato di ricerca nel gruppo che più mi interessasse». Ma non solo, Michele nei due anni di permanenza ha potuto apprezzare anche tanto altro di Groningen e dell’Olanda.

«Una delle cose principali – continua – è l’uso che fanno della bicicletta. Nonostante piova praticamente ogni giorno e il vento sia sempre presente, muoversi in bicicletta è la norma e in Italia dovremmo davvero imparare da loro a riguardo. Fare altrimenti è tutt’altro che comodo. Così ho potuto coltivare una delle mie passioni più grandi, quella per le due ruote, appunto, potendomi allenare quotidianamente per le varie granfondo a cui ho partecipato con mio papà, alcuni miei fratelli e amici. Poi, sicuramente, direi che apprezzavo le numerose possibilità che si hanno: nell’arco di 10 minuti in bicicletta potevo andare a cena da ogni amico, vedere il film appena uscito nei cinema o bere birre speciali. E, infine, la rilassatezza: a livello lavorativo hanno orari interessanti, dalle 8,30 alle 17. Ho imparato ancora di più cosa voglia dire “lavori come un bergamasco”, qui. Non mi mancava di certo il traffico italiano, che è una vera e propria follia. In meno di dieci minuti ero in università, facendo della sana attività sportiva».

Nostalgia dei casoncelli

Quello che sicuramente gli è mancato dell’Italia e di Bergamo, oltre alla famiglia e agli amici, è stato il cibo. «La mia esperienza – racconta ancora Michele – è stata segnata dal cibo. Quello olandese è molto piatto, un po’ come il Paese. Non ci sono grandi ricette né gusti sopraffini, nonostante i dolci, come lo stroopwafe o gli offertjes, siano buonissimi. Così, periodicamente, i miei genitori venivano al Nord, portando scatole piene di pasta, di casoncelli e sughi. Una volta, ci siamo pure organizzati per “metter su” una polenta. Inoltre, mi mancava quel senso di appartenenza e il poter salutare tutti. E, infine, anche il clima e le nostre montagne, che sono stupende».

In estate è rientrato in Italia, a Orezzo, ma ora Michele dovrà quasi certamente ripartire. «Ho deciso di tornare a Bergamo – spiega – perché ero speranzoso di poter continuare la mia carriera anche in Italia, con la volontà di riavvicinarmi a familiari e amici, ma, nonostante qualche promettente opportunità a inizio estate, non ho ancora trovato opportunità di carriera in piccole e isolate start-up del settore o posizioni di ricerca e sviluppo con alto valore tecnologico. Per questo motivo, sto considerando la carriera accademica una volta in più. Purtroppo, la realtà italiana è poco stimolante, non solo per i salari risicatissimi, basti pensare che in Olanda ricevevo mensilmente una borsa di studio paragonabile ai salari dei ricercatori italiani, per far capire quanto il Paese investa in ricerca, educazione e innovazione, ma anche per la flessibilità nei tempi di assunzione. Per questo motivo, ho sondato più l’estero, in particolare la Svizzera. Così ho ricevuto una proposta da un gruppo all’Epfl, l’Ecole Politecnique Federal a Losanna e ora deciderò».

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