Albino, villaggio Honegger dimenticato
«Un dovere salvarlo»

Degrado inarrestabile tra le case degli operai. L’appello di Calvi che documenta l’abbandono. E a febbraio il Valseriana Center torna all’asta.

Come quattro anni fa. Il tempo si è fermato ma non il degrado, al Villaggio Honegger di Albino. Era il novembre 2016 – pochi mesi dopo la prima asta dell’intero comparto del Cotonificio – quando il «caso Villaggio operaio» aprì un dibattito che, oggi, pare riannodarsi da dove l’avevamo lasciato, semplicemente perché, da allora, non è successo niente.

Stesso stato di abbandono, balconate, persiane e muri pericolanti, la parete di un appartamento annerita da un principio d’incendio. E, nell’area esterna, due frigoriferi abbandonati spiccano nel grigiore della zona. «Il Villaggio Honegger di Albino non può finire così! Che fare?»: è la domanda lanciata in questi giorni sui social da Silvio Calvi, un Sos documentato dalla dozzina di fotografie postate dall’ex presidente del Cai di Bergamo, nato e cresciuto ad Albino.

Rilancia la questione, Calvi, su un luogo per cui «nutro affetto» spiega. Affetto e riconoscenza: «Mia mamma ha lavorato all’Honegger e se ho studiato è grazie a lei: ha tirato grandi mio fratello e me con il suo lavoro al cotonificio, mio papà era già morto». Lui qui sotto la collina di Piazzo non ci ha mai vissuto, ma nei giorni scorsi ha chiesto a chi vi ha abitato per una vita, Franco Innocenti, di accompagnarlo. «Ho trovato un degrado progressivo – racconta Calvi –. Già tre anni fa ero venuto al Villaggio, perché è un esempio di architettura ben fatta, inoltre ha un grande valore storico per l’insediamento. Dobbiamo fare qualcosa, salvarlo. Questo comparto è cosa minima, rispetto all’intero fallimento Honegger e, tra un’asta e l’altra, va disfacendosi». Gli albinesi che hanno letto il suo post hanno ipotizzato di farne una «casa delle associazioni», altri un museo, come già lasciava intendere anni fa il sindaco Fabio Terzi. L’idea di allora era di insediarvi un’esposizione del tessile, poi s’è fatta largo l’opzione di un Ecomuseo legato ai siti estrattivi della Valle Seriana. Ipotesi.

Per realizzarle e acquisire l’area, si parte dai 225 mila euro ai 270 e 285 mila richiesti dal fallimento per i tre fabbricati delle case dei dipendenti nell’ultima asta dell’ottobre 2019 (andata deserta). Lotti «spacchettati» dalle cascine sulla collina di Piazzo e dal grande comparto produttivo al di là della strada provinciale, verso Nembro che erano in vendita, in tutto, a partire da 2 milioni 778 mila euro rispetto alla perizia di 4,650 milioni. Nessuno ha partecipato, ma in seguito sono state poste in vendita alcune unità immobiliari – cascine e la casa dei direttori – sulla base di alcune offerte irrevocabili.

Che fare per il villaggio dimenticato? Si chiede Calvi e con lui gli albinesi. «Il futuro del Villaggio operaio è legato a un’iniziativa privata – risponde il sindaco Terzi –. Spiace, perchè è un bell’esempio di archeologia industriale, ma noi come Comune non siamo interessati a ritirare nulla perchè non abbiamo le risorse e possediamo già edifici storici su cui dobbiamo intervenire: su tutti, il palazzo cinquecentesco che si affaccia sulla piazza San Giuliano di fronte a San Bartolomeo e la villa Regina Pacis a Comenduno».

L’Ecomuseo

Difficile pensare anche che l’Ecomuseo possa salvare l’area che dalla fine dell’Ottocento e fino a una quindicina di anni fa fu la casa di migliaia di operai e negli Anni Cinquanta ospitava 28 famiglie con 123 persone:. «L’Ecomuseo, un progetto finanziato dalla Comunità montana con fondi Bim per 400 mila euro – spiega Terzi – è un percorso sui siti estrattivi che arriverà anche a Piazzo». Ma di qui a dire che con due pannelli informativi si salverà il Villaggio, ce ne passa. Ciò che si può fare, nell’immediato, è curarne il decoro, un compito che si potrebbe assumere un’associazione, un gruppo di Albino, confida Calvi, che ha già contattato a questo fine gli amici alpini.

L’altro vicino fallimento

Qualche decina di metri più su svetta il complesso del Valseriana Center, la cui storia travagliata passa attraverso il fallimento, nel 2016, di «Albino Prima», la società costituita nel 2004 per realizzare il «Piano integrato di intervento del Centro Honegger», poi quello del consorzio a cui facevano capo i negozi aperti in galleria.

Un deserto, oggi, se si esclude «Il Gigante» che continua a funzionare, sopravvivendo ai negozi che, nella galleria sovrastante, si sono via via svuotati. Il prossimo 23 febbraio torneranno all’asta (la quarta, dopo i primi tre tentativi andati a vuoto) la galleria commerciale al piano rialzato costituita da 28 unità commerciali con ampio spazio comune e attività servizio; la palestra-centro fitness al primo piano; spazi a uso terziario-direzionale ai piani secondo e terzo; oltre alla quota di parcheggi. Il tutto per un prezzo base di 6.945.118 euro, ma l’offerta minima accettabile è di 5.208.838,50 euro, con rilanci da 100 mila euro almeno.

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