Bergamo, le pensioni valgono 4,2 miliardi
Le donne prendono la metà degli uomini

L’analisi della Cisl conferma anche per il 2020 la «questione femminile»: assegni più bassi ed età che avanza. Corona: «Calano sempre di più gli ingressi “giovani” e aumentano i lavoratori che smettono oltre i 67 anni».

Non c’è quota 100 o opzione donna che tenga. In provincia di Bergamo le donne vanno in pensione sempre più tardi e con un assegno di gran lunga inferiore rispetto agli uomini. La «questione femminile» è al centro dell’analisi realizzata dalla Fnp Cisl di Bergamo che ha interpretato tutti gli ultimi dati diffusi da Inps per tracciare un quadro preciso della situazione bergamasca. Che non è molto diversa da quello che succede in altre province italiane, ma con dati che dovrebbero far riflettere.

Da un primo sguardo a tabelle e grafici emerge con chiarezza che le donne vanno in pensione sempre più tardi. Rispetto al 2015 sono infatti 2.631 in meno gli assegni di vecchiaia al femminile, 320 quelli di differenza rispetto all’anno scorso. Con un ulteriore focus relativo alle donne tra i 55 e i 67 anni: risultano 1.742 le pensionate di meno in soli dodici mesi. In un solo anno quindi sono quasi duemila le donne che sono riuscite ad andare in pensione prima dei 67 anni. Il tutto nonostante le misure messe in campo dal governo come Quota 100, che in provincia di Bergamo però non sembra aver riscosso molto successo.

Sempre riguardo alla «questione femminile» balza agli occhi il divario economico tra uomo e donna. Le donne infatti ricevono meno della metà: in media 812 contro i 1.700. Una situazione che si ribalta solo nel caso specifico della reversibilità che però lascia alle vedove assegni, in media, di 760 euro. I motivi sono facili da individuare: le donne incontrano più difficoltà nel fare carriera, hanno stipendi mediamente più bassi rispetto agli uomini. E soprattutto devono conciliare, più dei mariti, vita (in particolare l’educazione dei figli) e lavoro. Condizioni che si traducono in un gap pensionistico evidente anche dai dati elaborati dalla Cisl. «Già, le donne che vanno in pensione anticipata (con il contributivo) calano, perché il loro ciclo di vita lavorativa è stato influenzato da un “servizio sociale non riconosciuto”, rivolto alla cura della propria famiglia, nel seguire i figli, i famigliari anziani, in mancanza di uno stato sociale equo – spiega Roberto Corona, segretario Fnp Cisl di Bergamo –. Questo non ha permesso, tolto laddove forme di sensibilizzazione sociale o contrattuale con le aziende hanno sempre assicurato forme di sostegno al reddito, di sopperire ad una mancanza sia di reddito che di contributi. Stando ai dati, le donne sono quelle che pagano e hanno pagato in termini sia di reddito che di contributi una spesa sociale pensionistica che riguarda tutto il mondo del lavoro. Su questo, bisogna fare un’analisi seria, per dare risposte definitive a chi con il proprio lavoro fa sì che lo stato sociale stia in piedi, e il mondo femminile non può star solo».

In totale gli assegni pensionistici, compresi quelli di invalidità, sociali e superstiti, in provincia di Bergamo sono poco 327 mila. Porteranno al pagamento, nel 2020, di oltre 4 miliardi e 200 milioni di euro nell’arco dei dodici mesi: 150 milioni in più dello scorso anno e 600 rispetto al 2015. Dall’analisi della Cisl Bergamo si evidenzia l’innalzarsi dell’età media dei pensionati: calano sempre più gli «ingressi giovani», mentre aumentano lavoratori e lavoratrici che vanno in pensione di vecchiaia dopo i 67 anni. «Questo è dovuto oltre che alla riforma pensionistica della legge Fornero, anche al fatto che si inizia il lavoro sempre più con un’età maggiore rispetto al passato. Se da un lato questo significa che si alza il livello di studio di chi entra nel mondo del lavoro – conclude Corona –, dall’altra parte produrrà problemi sociali non indifferenti, legati all’invecchiamento dei lavoratori e all’allungamento della vita dei pensionati, se non mettiamo mano nell’affrontarli».

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