Bloccati in Brasile da settimane
L’appello: «Fateci rientrare»

Tra i 1.500 italiani bloccati nel Paese sudamericano anche dei bergamaschi che chiedono che l’ordinanza di Speranza sia modificata. La situazione: «Voli di rientro cancellati e soggiorni a nostre spese».

Bloccati in Brasile da settimane, penalizzati da una variante del Covid nel Paese sudamericano che gli scienziati stanno provando a decifrare e che ha indotto il governo italiano a bloccare i voli con il Brasile almeno fino al 16 febbraio. Tra i circa 1.500 italiani che non possono fare rientro ci sono anche alcuni bergamaschi, che hanno sposato l’accorato appello al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, lanciato da un gruppo di italiani bloccati in Brasile, affinchè sia modificata l’ordinanza del ministro Speranza che li obbliga a soggiornare a proprie spese nelle località sudamericane.

Decine di italiani approdati lì per lavoro o per le vacanze (in Brasile è estate) e ora in attesa del via libera sospirato per tornare a casa. «Dovrebbero essere una decina i bergamaschi bloccati qui – spiega Andrea Capelli, presidente del circolo di San Paolo dell’Ente Bergamaschi nel Mondo, sezione paulista che raggruppa un centinaio di iscritti legati alle tradizioni bergamasche –. Sono a conoscenza di un tam tam su Internet di gente che non sa come aggirare questo ostacolo non indifferente. Lo Stato federato di San Paolo fa 45 milioni di abitanti e sono oltre un centinaio i bergamaschi che risiedono nel capoluogo. È difficile qui spiegarsi e accettare queste restrizioni, visto che tutto funziona normalmente, le spiagge sono piene e bar e ristoranti sono aperti con le solite precauzioni. Eppure sono stati cancellati numerosi voli. Raggiungere l’Italia è impossibile, anche se sono a conoscenza di qualche espediente utilizzato da alcuni turisti per tornare in Europa (con voli diretti a Londra, Amsterdam o Bruxelles), fare tappa lì e poi raggiungere l’Italia. Ma è una soluzione poco praticabile e rischiosa. Molti sperano ora in un volo organizzato dall’ambasciata italiana in Brasile e con partenza da Rio, come già successo a marzo dell’anno scorso. Devo dire tuttavia che questa famigerata variante, localizzata in Amazzonia, sembra si sia sviluppata prima in Italia che da noi».

Capelli, geometra di 46 anni, bergamasco doc di Borgo Santa Caterina, vive in Brasile da dieci anni: «Volevo tornare a Bergamo l’estate scorsa, ma con la pandemia in corso ho preferito rinviare. Ora ho un problema anch’io: mia moglie, fino a pochi giorni con sintomi di febbre e tosse, ha contratto il Covid. Mi sono sottoposto a tampone insieme ai miei figli e attendiamo l’esito dei test. Spero tutto si risolva in fretta. Sono in contatto costante con mio fratello che vive a Seriate e mia sorella alla Malpensata». Capelli guida un circolo con una pattuglia di bergamaschi fieri delle proprie radici: «Pensi che qui a San Paolo c’è un ristorante con il logo di piazza Vecchia e anche una strada “Rua Rizzo Pesenti” con chiari riferimenti bergamaschi. Ma in Brasile trovi Bergamo ovunque: a Botuverà, vicino Fornalopolis, c’è un’altra colonia di bergamaschi che ogni anno celebra i propri avi e la terra d’origine con la “Festa bergamasca” e anche una celebrazione liturgica tutta in dialetto bergamasco. Inoltre una città si chiama Atalanta, nello Stato di Santa Catarina, nome scelto nel 1963 a seguito della vittoria storica dell’Atalanta in Coppa Italia ai danni del Torino, con la tripletta di Domenghini. E i cognomi in quella città sono tutti bergamaschi».

Raimondo Moretti, presidente del circolo di Rio de Janeiro dell’Ente Bergamaschi nel Mondo, conferma le difficoltà per chi deve rientrare in Italia: «Ci sono decine di italiani bloccati a proprie spese in Brasile, in quanto il ministro Speranza ha deciso senza preavviso di chiudere tutto per la variante brasiliana, che qui nessuno conosce essendoci in questi giorni 34 gradi. Ovviamente il Brasile è enorme e le realtà sono assai differenti tra loro. Speriamo che i problemi si risolvano in un tempo ragionevole e che i vaccini funzionino, restituendo la possibilità di lavorare a pieno regime e produrre. Il settore in cui opero (eventi, concerti, convention) è stato assai penalizzato». La recrudescenza del Covid in Brasile coincide con il periodo caldo dell’anno in cui si festeggia anche il Carnevale, oscurato dal virus: «Il Carnevale è stato giustamente annullato – rimarca Moretti –, disorientando gli stessi brasiliani che vivono da sempre con gioia questo evento. Eppure qui le vaccinazioni di massa sono normali, visto che in Brasile sono già abituati a fare i conti con malattie tropicali o altri virus. A Rio de Janeiro non c’è alcun coprifuoco, i centri commerciali, i bar e i ristoranti sono aperti e lo shopping procede senza particolari problemi».

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