«C’è un errore nella prova di maturità»
Il ministero dà ragione ai prof bergamaschi

Dopo la segnalazione il Miur ha ammesso di aver sbagliato a formulare un quesito nel test come rilevato da Andrea Borella e Giulio Di Stefano.

Cicerone affermava che «è proprio di ogni persona sbagliare, ma perseverare nell’errore è degli sciocchi». Rincuora allora che il Ministero dell’Istruzione abbia ammesso di aver compiuto uno sbaglio - a quanto pare anche grossolano - nella simulazione della seconda prova di maturità che gli studenti dei licei scientifici hanno affrontato lo scorso 28 febbraio. Ad affermarlo è il noto fisico Carlo Rovelli, che ha preso a cuore la questione sottopostagli proprio da un docente di Bergamo per mail l’8 marzo scorso.

Il merito di aver sottoposto il problema portato avanti da Rovelli è infatti da ascrivere in primis al professor Andrea Borella del liceo scientifico Lussana di Bergamo che, dopo essersi confrontato con altri colleghi di matematica e fisica, tra cui il professor Giulio Di Stefano del Valle Seriana di Gazzaniga, ha deciso di scrivere al noto fisico per presentargli la questione e confrontarsi con lui sul da farsi.

«Mi sono attivato subito, contattando la responsabile del Dipartimento per il Sistema Educativo di Istruzione e Formazione – ha commentato Rovelli – e sono stato indirizzato direttamente ai membri della Commissione che avevano redatto la prova, perché ho pensato agli studenti, soprattutto a quelli bravi che si saranno arrovellati davanti al quesito».

«Il problema – spiega il professor Borella – conteneva infatti un’affermazione priva di senso fisico, perché faceva riferimento ad una grandezza fisica definita in modo scorretto». Questa è la principale obiezione sollevata dai professori Borella e Di Stefano, preoccupati per gli studenti. Già perché di questo si tratta: «Lo studente si è chiesto - afferma il professor Borella – chi fosse a compiere un errore»; molti non si sono neppure posti il problema, perché «i ragazzi si fidano poco di loro stessi in queste circostanze – continua il prof Di Stefano –, perciò non hanno messo in dubbio il quesito posto dal Ministero».

Contenti dunque i due docenti bergamaschi che auspicano tuttavia una maggiore attenzione da parte di chi elabora le prove: «Sarebbe importante introdurre dei meccanismi di controllo più efficaci – sottolinea Borella – magari prevedendo due gruppi distinti per formazione di base (matematica e fisica), in modo da cogliere eventuali sviste». Già perché l’errore sembra essere così macroscopico per un professionista della disciplina «che probabilmente ciò che è mancato - continua Di Stefano - è stato davvero un adeguato sistema di controllo, per cui l’errore è passato inosservato». «La speranza è che dietro l’errore non ci sia una visione meccanica della fisica – continua Borella –, una scienza che vuole descrivere la realtà. Concepirla come mera applicazione di regole la rende priva di senso».

Quel senso che forse le ha restituito l’ammissione del Miur, la quale mette un punto sulla questione e insegna a tutti l’importanza di ammettere i propri errori.

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