Con gli alberi caduti per il maltempo
rischio speculazione sul prezzo del legno

Enorme quantità di legname dal Nordest invade il mercato: si stima un calo del valore almeno del 20%. L’esperto: ci saranno ripercussioni anche in Bergamasca.

Dopo i danni alle strade e agli edifici, dopo le frane, i black out elettrici e le migliaia di piante sradicate, si affaccia sulla Bergamasca una sorta di «onda lunga» del maltempo di fine ottobre. Un’onda che riguarda in particolare l’economia, le imprese che operano nel settore del legname: si prevede infatti un calo generalizzato del prezzo del legname in conseguenza della grande quantità di materia prima che arriverà sul mercato da Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia, dove si sono verificati i danni più gravi e dove si stimano 8 milioni di metri cubi di alberi abbattuti dal vento. Non saranno raccolti ovviamente tutti insieme, ci vorrà qualche anno per ripulire i boschi, ma il loro arrivo sul mercato si fa già sentire, come si è fatto sentire già in seguito ad altri eventi atmosferici rilevanti come l’ultimo. Di quanto? Il calo non è ancora quantificabile, ma nel settore c’è chi ipotizza una flessione dei prezzi di almeno il 20% (con punte del 30% segnalate in Alto Adige da Coldiretti). Non poco per un mercato in cui i margini sono già ridotti all’osso.

Che c’entra Bergamo con Trentino e company? C’entra, perché le oscillazioni dei prezzi del legname partono proprio in quelle zone: è lì che i principali acquirenti delle materie fanno le proprie offerte, in questo caso al ribasso, visto che la disponibilità di legname si sta «gonfiando» con l’enorme quantità di alberi caduti. A fare la parte del leone sono le segherie dell’Austria, dove, tanto per dare un’idea delle proporzioni, operano cinque segherie che lavorano ciascuna un milione di metri cubi di legno all’anno, una addirittura 1,2 milioni, mentre in Trentino le realtà più grandi arrivano a 50-70 mila metri cubi. Un ribasso dei prezzi su quella piazza, comporterà un calo anche qui. «A cascata ci saranno conseguenze anche sul mercato delle nostre zone – conferma Stefano Enfissi, direttore del Consorzio forestale Alta Val Brembana che gestisce circa 2.300 ettari di boschi, una cinquantina dei quali interessato dai danni del maltempo – zone dove tra l’altro i prezzi sono già storicamente più bassi che altrove. Non ci sono grandi possibilità di arginare il fenomeno, in Veneto c’è chi ha ipotizzato di “centralizzare” a livello regionale la vendita del legname per difendere il prezzo evitando che i singoli proprietari procedano sparpagliati».

In un mercato già difficile di suo, la situazione si complica in seguito a calamità naturali: «Ci sono tante porzioni di bosco – dice Enfissi – che già in condizioni normali non vengono tagliate perché è a “saldo negativo”: troppo oneroso lavorarci e con gli eventuali ricavi non si riesce a coprire nemmeno le spese. Dopo una tempesta è ancora peggio: lavorare in un bosco di piante sradicate è molto impegnativo, oltre che rischioso sul piano della sicurezza, e i costi aumentano». In queste tre settimane gli operatori del settore non sono comunque rimasti con le mani in mano: «In montagna le imprese più strutturate si sono rese disponibili nelle operazioni di pronto intervento – spiega Enfissi – per esempio dove c’erano piante che ostruivano strade o che avevano danneggiato linee elettriche. Per gli interventi sulle piante giacenti nelle aree boschive isolate, non servite da strade o dove magari sono necessari costosi recuperi in elicottero, si potrà invece intervenire solo dove ci sarà un finanziamento: attendiamo quindi le prossime mosse di Regione e Governo in seguito alla richiesta di stato di calamità». Il recupero del legname nei boschi non ha ricadute solo economiche, ma anche di prevenzione: piante cadute e malconce rischiano di diventare la «residenza» ideale per il bostrico, parassita dell’abete rosso che prolifera in primavera. E che e non aspetta i tempi della burocrazia.

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