«Controllo di vicinato», crescono i gruppi
In un anno + 33%. «Ma non siamo ronde»

Fenomeno sempre più diffuso, sono 21 i Comuni «sorvegliati» dalla rete territoriale di volontari che promuove programmi di sicurezza partecipata attraverso chat di monitoraggio del territorio e attività di supporto a concittadini, associazioni e consorzi di commercianti.

«Non siamo ronde ma un sistema di videosorveglianza in carne e ossa, e se cresciamo è perché c’è bisogno di più sicurezza e noi vogliamo dare, nel nostro piccolo, un contributo». Continua nella Bergamasca la crescita del progetto di «Controllo del vicinato», la rete territoriale di volontari che promuove programmi di sicurezza partecipata attraverso chat di monitoraggio del territorio e attività di supporto a concittadini, associazioni e consorzi di commercianti.

Dodici mesi fa erano 14, ora sono 21 i Comuni bergamaschi dove è attivo almeno un gruppo di «Controllo del vicinato». Una crescita annua del 33%, che si traduce in un attivo di 11 nuovi gruppi, ora saliti a 67 in provincia. Segno «più», di conseguenza, anche per i nuclei familiari coinvolti, in tutto 2.134, di cui 236 iscritti nell’ultimo anno (+ 11%). Il progetto nasce a livello nazionale nel 2008 (oggi è attivo in 12 regioni) e approda in provincia nel 2015 (anno in cui viene formalmente registrata l’associazione nazionale controllo del vicinato), in primis a Romano di Lombardia. In quattro anni nascono gruppi a Bergamo città (Villaggio degli Sposi, Quartiere San Paolo, Colognola, San Tomaso), ma anche a Bottanuco, Brembate Sopra, Cividate al Piano, Dalmine, Fontanella, Lallio, Palosco, Seriate, Solza, Treviglio, Treviolo (con 17 gruppi e più di 1000 residenti coinvolti è il paese più «controllato» in provincia) e Verdellino, per un totale di 56. Nel 2019 e nelle prime settimane del 2020 il progetto sbarca nel quartiere Malpensata e a Capriate San Gervasio, Chignolo d’Isola, Entratico, Foresto Sparso, Gorlago, Sedrina e Torre Pallavicina.

I residenti di altri cinque Comuni stanno discutendo di aderire e stanno organizzando incontri informativi oltre a intavolare un dialogo con le amministrazioni comunali. «Il progetto funziona in un contesto in cui le istituzioni e le Forze di polizia locali ci vedono come dei collaboratori – spiega Mario Suardi, ex vice sindaco a Romano di Lombardia e coordinatore del progetto in Lombardia – e non come dei giustizieri fai da te, come a volte veniamo erroneamente dipinti. Abbiamo aderito al progetto perché nel 2015 furti e truffe porta a porta erano sempre più frequenti. Ancora oggi rappresentano le segnalazioni più frequenti». L’attività dei «controllori» non prevede nessuna attività in strada, ma si ferma alla segnalazione di potenziali pericoli agli altri utenti del gruppo, quasi sempre istituito su Whatsapp, che mette in contatto le famiglie che abitano in stretta prossimità tra loro per avvertirsi dell’eventuale minaccia.

Per ogni Comune aderente c’è un referente in contatto con il comitato provinciale, che coordina i gruppi attivi e valuta se estendere una segnalazione effettuata in un’area dell’abitato agli altri gruppi. «L’azione su Whatsapp si ferma nel momento in cui un utente assiste ad un reato – sottolinea Andrea Mossali, referente provinciale del progetto –. In questo caso i nostri utenti devono avvertire subito le forze dell’ordine. Nei gruppi non si possono fare considerazioni politiche, dato che siamo un movimento apartitico e apolitico, e si devono evitare segnalazioni infondate o poco credibili. Più è piccolo il territorio controllato dal gruppo più è efficace il controllo». Anche alcune associazioni di commercianti si sono affidate a questo strumento. «A Romano, per esempio, c’è un gruppo che riunisce gli esercenti – racconta Suardi – che segnalano potenziali truffe o se circolano banconote false». Non solo sicurezza, ma i progetti di controllo del vicinato hanno anche una funzione sociale. «Abbiamo promosso l’iniziativa con il desiderio di alimentare un sentimento di solidarietà e fiducia tra concittadini – continua Suardi – per ricreare lo spirito di comunità».

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