Coronavirus, scoperti due ceppi
«Quello di Bergamo diverso da Lodi»

Ricerca effettuata dall’Irccs San Matteo di Pavia e dal Niguarda di Milano. Il virologo Baldanti: il virus circolava già a gennaio.

La notizia è filtrata in un convegno, a Pavia, venerdì sera, l’ufficializzazione è prevista nei prossimi giorni: uno studio, sostenuto da Fondazione Cariplo, ed effettuato in tandem tra l’Irccs San Matteo di Pavia, che ha come direttore generale Carlo Nicora, già direttore dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo, e l’ospedale Niguarda di Milano ha permesso di stabilire che il Covid non è uguale ovunque, ma sono stati individuati due ceppi diversi del nuovo coronavirus in due tra le aree più colpite dalla pandemia, Bergamo e l’area di Cremona . Lo ha annunciato il professor Fausto Baldanti, direttore della Virologia del San Matteo, in un convegno all’Università di Pavia e organizzato dall’associazione culturale «Nova Ticinum» presieduta dal professor Mario Viganò. «Grazie a uno studio che abbiamo condotto con il Niguarda di Milano – ha spiegato Baldanti – abbiamo scoperto che ci sono stati due diversi ceppi del virus in Lombardia. Quello circolato nella zona di Bergamo è diverso dal coronavirus che si è diffuso nelle province di Cremona e Lodi. Due virus differenti tra di loro, per sequenza genetica e caratteristiche, che hanno provocato due diversi focolai».

Se questi due ceppi differenti individuati nello studio possano aver provocato anche differenti modalità di diffusione e di carica virale non è stato chiarito: con ogni probabilità gli approfondimenti potrebbero essere resi noti nei prossimi giorni. Nel corso del convegno Baldanti ha parlato anche di un altro studio del San Matteo sulla sieroprevalenza, in pieno lockdown, su 250 donatori sani a Codogno: uno studio che ha permesso di chiarire che il Covid circolava già da gennaio, e che per il campione esaminato da Pavia, aveva individuato una sieroprevalenza del 23%. «Il Covid-19 – ha aggiunto il virologo pavese – secondo i nostri studi circolava nella zona rossa di Codogno già dalla metà di gennaio: abbiamo scoperto anticorpi che risalivano a quell’epoca. L’immunità di gregge comunque è ancora lontana dall’essere raggiunta. È emerso che nella zona rossa di Codogno solo il 23 per cento della popolazione ha incontrato il virus. Da qui emerge l’importanza delle regole di prevenzione». 

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