«Dagli immigrati il 10% del Pil provinciale
Salari inferiori del 31% rispetto alla media»

Un decimo del Pil provinciale è prodotto dai lavoratori stranieri, che secondo i dati di Cisl Bergamo, rappresentano l’11% dei contribuenti e il 17% dei contribuenti per lavoro dipendente.

I numeri del Ministero dell’Economia e della finanza sui redditi 2017 uniti alle proiezioni del Caf Cisl Bergamo, parlano infatti di un’imposta netta su reddito da lavoro dipendente pagata da lavoratori stranieri residenti nella nostra provincia di oltre 177 milioni di euro; addizionali regionali per 16 milioni e mezzo e quasi 6 milioni di addizionali comunali con un reddito complessivo dichiarato di quasi un miliardo e mezzo di euro (sui poco più di dieci miliardi complessivi dei dipendenti residenti).

I settori in cui la loro presenza è maggiore sono agricoltura, industria e servizi, in particolare per quello che riguarda la cura degli anziani svolto da badanti, per lo più donne. Nell’ultimo anno, sono stati 35.364 gli avviamenti (contratti anche a breve termine e ripetuti nel tempo) e 34.420 le cessazioni. Dal 2014 a oggi sono stati attivati 153.734 contratti, con un saldo positivo di 7.417 posti stabilizzati.

Il Pil bergamasco riceve inoltre un contributo significativo dall’imprenditoria straniera; nel primo trimestre 2019 sono state 8.927 le imprese attive con proprietà straniera, con un saldo attivo di 316 unità, contro una perdita generale di 769 imprese nell’ultimo biennio. Tra le imprese straniere il 31,5% sono legate a commercio all’ingrosso e al dettaglio; il 25,1% riguardano il settore delle costruzioni; il 10,5% attività dei servizi di alloggio e di ristorazione; il 9,7% al settore manifatturiero.

Ma se è evidente l’apporto economico della fetta di popolazione straniera residente a Bergamo, questa non trova parità di trattamento rispetto ai lavoratori italiani. Infatti gli stipendi medi dei lavoratori stranieri sono inferiori del 31%, essendo pari a 1.193 euro, rispetto ai 1.713 euro della media generale. Sempre rispetto agli italiani, per gli stranieri è più elevato sia il tasso di occupazione (61,2% contro 58,2%) sia quello di disoccupazione (14,0% contro 10,2%).

Dei 2,45 milioni di occupati stranieri – il 10,6% di tutti i lavoratori in Italia, secondo i dati Istat – due su tre svolgono professioni non qualificate o operaie e solo 7 su 100 occupano ruoli qualificati. Il 34,4% dei lavoratori immigrati ha un titolo di istruzione più alto rispetto a quanto richiesto dalla mansione svolta, a fronte del 23,5% degli italiani.

«Questi dati dimostrano che il tema dell’immigrazione e quello dello sviluppo siano strettamente connessi – afferma Candida Sonzogni, segretaria provinciale Cisl Bergamo che ha tra le sue deleghe anche quella dell’integrazione -. È necessario mettere in campo tutte le risorse per costruire un’autentica integrazione, nella consapevolezza che questa è certamente una questione etica, ma allo stesso tempo di vitale importanza per il nostro tessuto economico e sociale. Si tratta di garantire e riconoscere la dignità delle persone. Riteniamo che meritino attenzione anche i problemi dei lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti e delle loro famiglie nell’accesso al mercato del lavoro, nella ripartizione dei servizi di Welfare. Come sindacato sottolineiamo che dovrebbero essere riviste le politiche di ingresso per il lavoro».

In provincia di Bergamo sono 121.545 i cittadini di origine straniera, pari al 10,9% della popolazione totale, il 68% sono ormai stabili (questo ha portato a oltre 4.000 concessioni di cittadinanza), e grazie ai quasi duemila nuovi nati del 2018, la decrescita demografica orobica è meno drammatica. È infatti questione di numeri: il tasso di natalità in Italia è pari allo 0,73%, mentre per equilibrare nascite e morti il tasso di sostituzione a livello europeo si attesta a 2,1. La conseguenza logica è che la società e l’economia italiana ha bisogno degli immigrati. Lo dice chiaramente Sonzogni: «Non limitiamoci a guardare all’immigrazione come un puro e semplice fatto di “sbarchi” pur in tutta la loro drammaticità. Il numero di immigrati è da tempo stabile, se non in diminuzione. Piuttosto cerchiamo di capire perché un numero sempre più crescente di giovani anche del nostro territorio cercano un futuro altrove. Per il mercato italiano può essere positivo che i ragazzi facciano esperienze all’estero, ma ci si deve interrogare su come le competenze acquisite siano valorizzate al loro rientro in Italia».

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