Dal Covid il diabete «in dono»
A Casirate James: ma sono vivo

James Pandini, presidente di «Casirate Soccorso», ha lottato per 70 lunghi giorni contro il virus «Avevo quasi perso la vista: era la glicemia altissima». La riscoperta della fede: «Andrò a piedi a Sotto il Monte».

La certezza non c’ è, ma molto probabilmente ha contratto il coronavirus «in trincea», durante i giorni più caldi dell’ emergenza sanitaria. Lo ha sconfitto, ma per James Pandini, di professione soccorritore, battere il Covid-19 non è stata una passeggiata anche perché il «mostro» gli ha lasciato un regalo tanto indesiderato quanto spiacevole, il diabete. Però il 44enne presidente (appena rieletto) dell’«Associazione Volontari Casirate Soccorso», può ora dire di essere finalmente tornato a vedere la luce dopo una lotta durata una settantina di giorni.

«Con l’ ambulanza trasportavamo di continuo i malati di Covid-19 da un ospedale all’ altro - racconta James - e in uno di questi trasferimenti probabilmente sono stato contagiato. Ricordo che si sudava parecchio sotto le protezioni che indossavamo e a volte capitava di rimuoverle qualche secondo per respirare un po’. In quel frangente il virus potrebbe avermi colpito.

All’ indomani di uno di questi servizi ho iniziato ad avere dolori forti alle spalle che mi avevano fatto pensare a un colpo d’ aria.

Non era così perché poi ho iniziato a perdere gusto e olfatto».

L’ autoisolamento Così il 18 marzo, su consiglio di un amico medico, si mette autoisolamento nella sua casa di Calvenzano «e da quel momento ho cominciato ad avere la febbre. Il 25 marzo sono risultato positivo al tampone, eseguito a Ponte San Pietro, mentre da una lastra fatta all’ ospedale di Treviglio risultava che avevo contratto una polmonite da coronavirus che da una radiografia di controllo, fatta ancora a Treviglio l’ 8 aprile, è apparsa addirittura peggiorata. Pur non mancandomi l’ ossigeno, a un certo punto ero talmente debole da non riuscire a pronunciare più di qualche parola. Ho anche perso dieci chili ma soprattutto in quei giorni ho perso un caro amico, il soccorritore Diego Bianco (morto per coronavirus). Il mio morale era sotto terra».

Nelle settimane successive James si è sottoposto ad altri due tamponi: negativo il primo, positivo il secondo. Erano i primi di maggio e il suo autoisolamento è proseguito. «Col passare dei giorni mi sono tornati il gusto e l’ appetito - prosegue Pandini -, ma il 2 maggio mi è calata improvvisamente e in maniera importante la vista, al punto da non riuscire nemmeno a leggere i messaggi sul telefonino. Mio padre mi ha consigliato allora di provare la glicemia: il valore era altissimo, 750».

Di qui la corsa in pronto soccorso a Treviglio «dove mi hanno tenuto in Osservazione Breve Intensiva 5 giorni con flebo d’ insulina e dove il medico mi ha dato, purtroppo, la notizia che mi ero ammalato di diabete mellito, cosa che mi costringerà a vita ad assumere l’ insulina. Di questi giorni ricorderò sempre la gentilezza dei medici e degli infermieri e mai potrò scordare il volto della persona che era accanto a me e che non ce l’ ha fatta.

Non mi vergogno a dirlo: ho avuto paura e ho pianto, perché oltre a quello che stavo provando ne sentivo di tutti i colori sul coronavirus. Mi sono anche riscoperto credente, essendomi affidato parecchio alla preghiera.

Infatti, non appena mi sarà possibile esaudirò il voto che ho fatto di recarmi a piedi a Sotto il Monte».

Incassare e resistere Nonostante la malattia picchiasse duro, James ha incassato e resistito. La polmonite è regredita, le forze sono tornate e così anche le buone notizie. «Lunedì 18 maggio - dice - è arrivato l’ esito del secondo dei due tamponi: negativo come il primo. A seguire, una raccomandata dell’ Ats di Bergamo mi confermava l’ esito degli esami. Fine di un incubo. Lunedì 25 maggio, al mio ritorno al lavoro, ho riacquistato quel sorriso e quella voglia di fare che la malattia mi aveva spento. È stata una bella sensazione, così come bello è stato constatare come i ragazzi della Casirate Soccorso anche senza il loro presidente se la siano cavata benissimo. Per fortuna l’ unico fra di noi ad ammalarsi sono stato io; nemmeno la mia compagna, che lavora con me, ha avuto nulla. È stata durissima e ora prendo la vita con filosofia. Sto sereno e sorrido. Certo, non fosse arrivato il diabete sarebbe meglio, ma c’ è e ci dovrò convivere».

James lavora come soccorritore da molti anni e sul campo ne ha viste tante: mai però come in questa pandemia. «Una cosa del genere - conclude - non l’ avevo mai vista neanche nelle esercitazioni: era un continuo ricevere chiamate per il trasporto di malati Covid-19, uno dopo l’ altro. Di questa tragedia voglio però ricordare anche qualcosa di buono, come ad esempio l’ enorme supporto che ho ricevuto da amici e conoscenti e la grande collaborazione e spirito di solidarietà che si è creato fra le associazioni del nostro settore».

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