Drappi rossi per l’addio a Marisa
Mamma Giusi: ora ci aspettiamo giustizia

È vestita tutta in nero mamma Giusi, ha gli occhiali scuri a coprirle gli occhi, mentre saluta i tanti amici, conoscenti, concittadini che arrivano sul sagrato della chiesa di Curno a portarle un gesto di affetto, di solidarietà.

Non ci sono parole che possano essere adatte in queste occasioni, quando una mamma perde una figlia per mano di un uomo, un uomo che era suo marito, uccisa a coltellate, e un’altra figlia è in ospedale per le ferite infertele dallo stesso uomo. «Il nostro dolore non si può raccontare, non c’è niente da dire – sussurra Giusi, mentre con il marito Roberto s’incammina in chiesa per scortare la bara di Marisa per l’ultimo saluto – . Pensiamo a lei e a Deborha, alla nostra famiglia sconvolta dalla tragedia. Ma una cosa è certa: ora ci aspettiamo giustizia. Una giustizia che ci soddisfi, che possa almeno un po’ confortarci in questa perdita immensa».

Mamma Giusi, mano nella mano con il marito Roberto, incrocia lo sguardo dell’avvocato Marcella Micheletti, a cui Marisa aveva raccontato le angherie subite dal marito e che aveva raccolto la sua denuncia, arrivata in Procura il 29 gennaio. Marisa è stata uccisa la sera del 2 febbraio. Ma anche prima della denuncia erano state tante, da parte di Marisa e anche dei suoi familiari, le segnalazioni di maltrattamenti, di appostamenti sotto casa, di minacce fatte dal marito Ezzedine. «Quello che stava accadendo era noto a molte persone – ha ribadito ieri ai giornalisti accorsi al funerale l’avvocato Micheletti, che ora rappresenta la famiglia Sartori – . Credo che si potesse fare qualcosa in più anche prima che Marisa si decidesse a denunciare Ezzeddine. Si doveva essere più tempestivi: i segnali di pericolo c’erano».

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