Film Commission, ai domiciliari
due commercialisti vicini alla Lega

Bergamaschi accusati di peculato e sottrazione fraudolenta. I due respingono ogni accusa. La Lega: «Noi tranquilli, finirà in nulla».

Ci sono anche i due commercialisti bergamaschi vicini alla Lega tra i quattro indagati finiti giovedì 10 settembre agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Milano sui fondi utilizzati dalla Lombardia Film Commission, la società di Regione Lombardia che si occupa di promozione cinematografica. La misura cautelare riguarda Alberto Di Rubba, originario di Casnigo, e Andrea Manzoni, di Bergamo, entrambi 41 anni.

Per i due professionisti, ai domiciliari al pari del collega milanese Michele Scillieri, e del cognato di quest’ultimo, Fabio Barbarossa, le accuse sono, a vario titolo, di peculato, turbata libertà nella scelta del contraente e sottrazione fraudolenta di pagamento delle imposte.

Per la stessa vicenda, ricorda in una nota la Procura di Milano, a luglio era stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto il presunto «prestanome» Luca Sostegni. Scillieri deve rispondere anche di un presunto tentativo di estorsione ai due commercialisti, ai quali aveva chiesto 50 mila euro per non parlare con i giornalisti di queste vicende legate alla loro attività. Proprio Di Rubba e Manzoni, secondo la Procura di Genova (ma in questo caso i due bergamaschi non sono indagati), avrebbero dato vita al «nuovo corso» dei conti della Lega, disastrati dopo la gestione di Francesco Belsito.

Al centro dell’indagine un capannone a Cormano, hinterland nord di Milano, acquistato nel dicembre del 2017, quando il presidente della Regione era Roberto Maroni, dall’Immobiliare Andromeda per 400 mila euro e rivenduto pochi mesi più tardi al doppio del prezzo alla Lombardia Film Commission quando questa era presieduta da Di Rubba, ex tesoriere della Lega in Parlamento. Ottocentomila euro di soldi pubblici che, a seguire il teorema della Procura del capoluogo lombardo, si sarebbero poi dispersi in mille rivoli, ritornando, secondo quanto ricostruito, per la maggior parte nella disponibilità dei tre commercialisti ora ai domiciliari, o di altri imprenditori vicini alla Lega. Entrambi i commercialisti bergamaschi in questi mesi di indagini serrate hanno respinto le accuse, sostenendo come strumentale il coinvolgimento del Carroccio. Di Rubba ha sostenuto che «l’acquisizione dell’immobile di Cormano fu votata sia dalla Regione con la Lega sia dal Comune di Milano con il Pd» e che «la differenza di prezzo è dovuta al fatto che, dopo l’acquisizione dell’immobile, è stato sottoposto a un radicale intervento di ristrutturazione».

L’inchiesta, nell’ambito della quale la scorsa settimana è stato interrogato Manzoni e per stamattina era atteso dai pm Di Rubba, punta ad approfondire dove sia finita parte della «provvista» del presunto «schema illecito» e se siano state messe in piedi altre operazioni.

Nel corso delle indagini sarebbero venute a galla strutture societarie «complesse», messe in piedi da Di Rubba e Manzoni, attraverso le quali ci sarebbero stati trasferimenti di denaro verso la Svizzera. Inoltre dalla deposizione ai pm dell’ex direttore di una banca a Seriate sarebbe emerso che i due commercialisti avrebbero chiesto di aprire «conti» intestati ad «associazioni regionali» del Carroccio, articolazioni territoriali del partito, cosa che però non andò in porto. La Lega, tramite l’ufficio stampa del gruppo al Senato, ha fatto sapere di essere «assolutamente tranquilla, finirà in nulla come tante altre inchieste in cui si cercavano soldi in Russia, in Svizzera o in giro per il mondo, che non c’erano».

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