Forte ricambio, ma il commercio tiene
Giù 741 serrande, 939 nuove aperture

Ecco tutti i dati del commercio nella città di Bergamo con il numero di aperture e chiusure nei singoli settori nel corso del 2019.

Mai come nell’ultimo anno la lotta tra serrande abbassate e nuove insegne ha scatenato il dibattito politico in città. Quasi più del traffico, da sempre in testa alla classifica delle polemiche. L’andamento del commercio, fenomeno liquido, è sottoposto a battiti d’ali del mercato globale e allo stesso tempo di dinamiche «local», tutte bergamasche.

È quindi difficile stabilire quali siano i fattori che portano all’apertura o alla chiusura di un negozio. L’aumento del parcheggio in centro può incidere così come il boom di un’app che sferza colpi pesanti in barba alle regole base della concorrenza. Per fotografare la realtà cittadina è meglio partire dai numeri, che anche quest’anno dicono tante cose. Alcune positive, tante altre negative.

Innanzitutto il dato complessivo, registrato dall’assessorato al commercio del Comune di Bergamo, dice che le attività aumentano. E non di poco: +198, dalle 6.447 del 2018 alle 6.645 del 2019, frutto di 939 aperture e 741 chiusure. In controtendenza rispetto all’intera provincia, dove in un solo anno sono calate di 391.

Il segno «più» in città è composto da tante voci che meritano di essere analizzate. Crescita netta, ancora, per due settori che stanno vivendo un vero e proprio boom: ristorazione e strutture ricettive extra alberghiere. Bar e ristoranti sono passati da 678 del 208 ai 702 del 2019 con un saldo di +24. Ancora più marcata la differenza per B&B, affittacamere e case vacanza con un +77, da 754 a 831, quasi raddoppiati in soli quattro anni. Sale anche il dato di acconciatori (+11), estetisti (+10), ambulanti (+6), artigiani alimentari (+6) e vendite online (+36).

INFOGRAFICA

Tra le note negative invece il calo dei negozi di vicinato. È contenuto rispetto al tono delle polemiche degli ultimi mesi, ma c’è: -25 tra alimentari, non alimentari e misti, passati dai 2.238 del 2018 ai 2.213 dell’anno scorso. Di questi però 22 sono stati cessati d’ufficio, cioè cancellati dai registri dopo l’aggiornamento con il database della Camera di Commercio e quindi non per forza chiusi nel 2019. Al netto di questa precisazione, la diminuzione è di 3 unità, segnale di resilienza. «Sì, resilienza è uno dei termini che più ho usato in questi anni per descrivere il commercio, soprattutto in centro, e anche questi dati lo dimostrano - commenta il sindaco Giorgio Gori -. È la fotografia di un settore molto dinamico, con una sorta di selezione darwiniana. Si spiega anche il fatto che i valori della locazione nelle aree centrali non scendano. Significa che c’è un forte ricambio».

Un turn over molto alto, da non sottovalutare, soprattutto tra i negozi di vicinato. Tra i «non alimentari» 160 cessazioni e 145 aperture, tra gli alimentari 92 chiusure e 83 nuove attività. Con una variabile qualitativa non indifferente: spesso i negozi che chiudono hanno un peso specifico superiore - per storia e offerta - rispetto a quelli che aprono. «Alcune cessazioni riguardano attività famigliari che non si riescono a rinnovare. Ma non sempre chi parte ha basi solide: non mancano casi di commercianti improvvisati che sono costretti a chiudere dopo poco tempo. Ritengo comunque che il saldo sia positivo anche alla luce della concorrenza dei centri commerciali e dell’e-commerce».

Uno dei problemi riguarda l’innovazione tecnologica sempre vista con negatività e non come occasione da cogliere. «È un progetto ambizioso - conclude Gori -, ma penso che si possa costruire una piattaforma di e-commerce per tutti i negozi del centro. E credo sia importante anche sfruttare i dati in modo più organizzato, esattamente come fanno i colossi come Amazon».

Il tema è stato approfondito nella puntata di «Bergamo in diretta» in onda su Bergamo TV.

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