Il caffè? Prima si prova la febbre
«Misurazione obbligatoria»

La precisazione della Regione: misurazione obbligatoria a prescindere dall’esercizio commerciale. Ma i termoscanner diventano un caso: prezzo da 70 a 120 euro e i controlli in dogana bloccano il mercato.

La doccia è fredda, freddissima, anche perché di mezzo c’è appunto una temperatura. Un dubbio assillava gli esercenti da domenica, da quando l’ordinanza numero 547 di Regione Lombardia aveva messo nero su bianco un’indicazione in effetti un po’ sibillina: «In caso di accesso ad attività di ristorazione con consumo sul posto, la rilevazione della temperatura corporea dei clienti è obbligatoria», si leggeva nel testo.

Una prescrizione solo per i ristoranti, dunque? No, in realtà. Ieri, infatti, l’aggiornamento delle Faq di Regione Lombardia ha specificato che la temperatura corporea va misurata ogniqualvolta «l’accesso al pubblico esercizio comporti il consumo al tavolo di alimenti e/o bevande, a prescindere da cosa si consuma o alla specifica tipologia di esercizio di somministrazione». Dunque, controllo obbligatorio anche per un semplice caffè al tavolo: «Se tale temperatura dovesse risultare superiore a 37,5 gradi, non sarà consentito l’accesso al pubblico esercizio e l’interessato sarà informato della necessità di contattare il proprio medico curante». Una restrizione non da poco, per due motivi. Primo: in sostanza le regole sono cambiate in corsa, perché lunedì 18 – giorno dello start della fase «due-bis» – i bar hanno riaperto pensando di essere esentati da questo obbligo, che pareva, ordinanza alla mano, riguardare solo la ristorazione in senso stretto. Secondo: trovare un termoscanner, cioè quell’aggeggio che permette di misurare la temperatura corporea senza contatto col corpo (questione di igiene: passarsi il termometro classico non è il massimo, a maggior ragione in tempi di pandemia), è al momento ben difficile.

Il termoscanner, però, è sostanzialmente indispensabile. E non solo per baristi e ristoratori: lo è per tutte le attività economiche con dipendenti. La precedente ordinanza numero 546 della Regione, firmata il 13 maggio e in vigore dal 18 maggio, ha infatti introdotto l’obbligo per i datori di lavoro di sottoporre il proprio personale al controllo della temperatura corporea prima dell’accesso al luogo di lavoro; sopra i 37,5 non si può restare al lavoro. L’obbligo è inderogabile, non vi è margine per esempio per autocertificazioni firmate dal dipendente; l’unica «apertura» riguarda la possibilità di usare momentaneamente il termometro classico: come specificato dalla successiva ordinanza 547, «in assenza di strumento di rilevazione idoneo (termoscanner, ndr) per difficoltà di reperimento sul mercato», è consentito «solo in via transitoria» che la temperatura corporea (sia per i dipendenti sia per i clienti di bar e ristoranti che consumano sul posto) venga misurata «con strumento personale idoneo», cioè appunto il classico termometro ascellare, apparentemente anche quello portato da casa dal lavoratore.

Una possibilità, questa, che è però appunto «transitoria». Dal termoscanner sembra non si possa sfuggire, e ne servono parecchi in Lombardia: secondo i dati di Infocamere aggiornati al 31 dicembre 2019, in provincia di Bergamo le imprese registrate alla Camera di Commercio erano 84.092, di cui 5.825 classificate come servizi di ristorazione o alloggio. Ovviamente, per le imprese individuali la questione si semplifica, perché in questo caso i problemi di igiene legati al termometro ascellare sono pressoché zero.

La questione calda è la reperibilità dei termoscanner. Chi ha giocato d’anticipo, già nella fase uno e ancora prima dell’ordinanza firmata il 13 maggio, ha avuto problemi limitati. Da due settimane circa, però, le difficoltà sono elevate: nei negozi di antinfortunistica sono quasi introvabili, nelle farmacie la situazione è invece migliore, ma gli arrivi sono «contati». I prezzi? Nell’antinfortunistica il costo medio è tra i 90 e i 100 euro nelle farmacie tra i 100 e i 120; prima dell’emergenza, stima chi conosce il settore, il prezzo medio s’aggirava sui 70 euro. Comprare online? I prezzi sono spessi più bassi, ma i rischi sono i tempi d’attesa lunghissimi e le possibili truffe. Quello che si sta verificando è uno stallo parecchio simile a quanto avvenuto per le mascherine: il canale di rifornimento dall’estero – anche in questo caso la Cina è il principale produttore – ha subìto un brusco arresto. I controlli in dogana si sono intensificati, con continue richieste di certificazioni, e perciò i tempi d’attesa si sono dilatati (la triangolazione tra dogana, importatore e produttore estero è resa ancora più complicata dai fusi orari). In più, sono scattati anche i sequestri in dogana.

Postilla su un altro fronte caldo. Quello dei guanti, obbligatori in diverse attività: i prezzi di produzione e di trasporto sono schizzati alle stelle, i controlli in frontiera si sono anche qui intensificati, le attese in dogana si sono prolungate. La richiesta di dispositivi di protezione, però, resta alta. E inderogabile.

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