Il cardiologo colpito da un infarto
diventa attore per salvare altre vite

Si chiama Angelo Casari. Il medico conosceva i sintomi e si è fatto ricoverare: il suo docufilm proiettato nelle scuole.

«Tra troppo presto e troppo tardi non c’è che un attimo», come scrive Alma Mahler. Quando si presentano i sintomi dell’infarto non si può aspettare o rimandare: «Il tempismo mi ha salvato» spiega Angelo Casari, cardiologo, che dopo tanti anni di esperienza come medico ha provato in prima persona come paziente cosa significa ascoltare il proprio corpo e chiedere aiuto per tempo. Il suo è un caso «da manuale», tanto che adesso è diventato un docufilm, e viene utilizzato per insegnare la prevenzione cardiologica agli studenti delle scuole superiori.

Il dottor Casari era in montagna con alcuni amici, come ci racconta, sei anni fa, quando si è sentito male: «Era il 18 dicembre, proprio il giorno del mio settantaquattresimo compleanno. Ero a Dobbiaco per sciare, uno sport che mi appassiona molto, una delle poche attività sportive che mi sono rimaste e che pratico ancora. Quel giorno, erano le sette del mattino, mi stavo preparando per uscire, ma ho sentito un peso sullo stomaco e mi sono subito insospettito, perché non avevo mai avvertito una sensazione di quel tipo». Nella sua famiglia ci sono molti casi d’infarto e malattie cardiache: «Ne sono morti mia madre, mio padre, mio fratello, mia sorella, cugini, zii. Quel giorno quindi mi sono subito messo in allarme. Conducevo una vita molto ordinaria, ma sapevo di correre comunque dei rischi. Ho preso quel senso di pesantezza per quello che era: un sintomo preciso. Così invece di accompagnarmi allo ski-lift, i miei amici mi hanno portato al pronto soccorso. Di sicuro mi ha aiutato anche l’intuito del mestiere. In auto infatti, lungo la strada, in realtà mi sentivo bene, perché l’infarto può essere subdolo: lancia alcuni segnali d’allarme nelle ore, giorni, settimane precedenti, come un malessere vago, che poi passa».

A mente fredda il dottor Casari ha ricostruito i segnali della malattia: «Ripensandoci mi è venuto in mente che il giorno prima, sulla seggiovia, avevo avuto una strana sensazione, che poi è passata. Quella mattina, poi, mi sono svegliato con grande agitazione, perché avevo sognato di avere un infarto. In realtà probabilmente si era trattato di un attacco notturno che ho interpretato come sogno e che poi è passato. Il malessere del mattino, però, era il terzo segnale, perciò la corsa in ospedale è stata opportuna. Dagli esami, infatti, è risultato che avevo un infarto in fase acuta, proprio all’inizio. Quando sono arrivato al pronto soccorso il fastidio si era intensificato, era diventato un pugno nello stomaco, a quel punto ero proprio sicuro».

I primi esami hanno confermato i sospetti del dottor Casari: «Il cardiologo mi ha suggerito di portarmi a Bolzano dove avrebbero potuto farmi subito un’angioplastica coronarica. Ho chiesto quali erano i tempi di percorrenza in autoambulanza e mi hanno spiegato che ci volevano circa due ore. Sapevo che a quel punto i tempi erano fondamentali per il recupero: se l’intervento viene eseguito presto, entro un’ora e mezza al massimo, la prognosi migliora molto. Mi hanno offerto la possibilità di essere trasferito in elicottero e l’ho accolta con grande piacere, quindi mi hanno impacchettato come una mummia per il volo. Quando sono arrivato c’erano già la sala operatoria e i colleghi pronti per l’intervento, e dopo un’ora e un quarto la coronaria che si stava chiudendo era stata riaperta e avevano messo in posizione lo stent».

L’intervallo tra i primi sintomi e la conclusione dell’intervento è stato così breve che il cuore non ha riportato danni permanenti: «Sono stato molto fortunato – sottolinea il dottor Casari –. L’organizzazione e la gestione dell’emergenza sono state perfette, non hanno perso un minuto, ma sono certo che anche a Bergamo sarebbe andata nello stesso modo».

Angelo Casari è stato primario di cardiologia agli ospedali Riuniti fino al 2000, poi è andato in pensione: «Da medico a tempo pieno sono diventato pensionato sempre a tempo pieno. La mia vita si è arricchita di tante altre attività. Ho sempre pensato di dovermi dedicare interamente alla mia professione, a completo servizio dei malati, di giorno e di notte, le mezze misure non mi piacciono. Certo, è un impegno logorante: non c’è mai la possibilità di recuperare, ogni mattina bisogna alzarsi e ricominciare da capo».

È entrato in contatto con Cuore e Batticuore grazie al collega Dante Mazzoleni: «Conduciamo insieme anche oggi conferenze in cui spieghiamo agli allievi delle scuole quanto sia importante il tempo quando si presentano i primi sintomi dell’infarto. Se si fa un’angioplastica entro la prima ora non c’è danno, se si fa entro due è piccolo, e progressivamente aumenta. Quando c’è un sospetto, lo diciamo sempre agli studenti, la prima cosa da fare è chiamare il pronto soccorso. È inutile esitare, bere una camomilla, se c’è il sospetto bisogna muoversi e attivare la rete di sostegno che c’è intorno alle malattie di cuore. Per trasmettere in modo più efficace questo concetto ho accettato di tradurre l’episodio che mi era capitato in un film, perché sicuramente era esemplare da questo punto di vista. Abbiamo realizzato, quindi, una sorta di documentario. L’abbiamo ovviamente girato con i colleghi del 118 di Bergamo, che ci hanno offerto grande supporto e collaborazione, non a Dobbiaco, dove ci sarebbe risultato più complicato. Anche l’ordine dei medici di Bergamo ha partecipato a quest’opera di divulgazione, così al filmato è stato affiancato anche un commento, che offre tutte le indicazioni utili per l’intervento tempestivo in caso di infarto acuto».

Angelo Casari ha interpretato se stesso: «Ho cercato di riprodurre fedelmente tutte le fasi di quella mattinata, molto movimentata. Abbiamo inserito un elemento in più, legato all’attività dell’associazione: Cuore e Batticuore, infatti, ha dotato le ambulanze di un elettrocardiografo speciale che trasmette l’esame direttamente al reparto cardiologico dell’ospedale, consentendo ai medici di rendersi conto “in diretta” della situazione. L’ambulanza diventa così un pronto soccorso in grado di eseguire la diagnosi già a casa del paziente, senza il bisogno di farlo spostare. Se occorre lo porta di corsa in ospedale, nel reparto di emodinamica, direttamente nella sala operatoria, dove il paziente può essere sottoposto ad angioplastica, senza perdere tempo prezioso al pronto soccorso».

Il filmato ora è disponibile su YouTube sul canale dell’associazione Cuore e Batticuore. «Ci siamo divertiti molto a realizzarlo – osserva il dottor Casari –, calandolo nella vita reale e cercando di far capire la situazione nel concreto, com’è davvero accaduta, partendo dalla mia colazione mattutina. Già da vent’anni, come cardiologo, conoscevo e apprezzavo l’associazione Cuore e Batticuore. All’inizio aveva un ruolo prezioso anche nel sostegno alla riabilitazione dei malati di cuore». Un tempo, infatti, dopo l’infarto c’era l’indicazione di tenere il paziente per trenta giorni a riposo, in ospedale: «Quel periodo di prolungata inattività – osserva Casari – indeboliva i malati fisicamente e psichicamente, perciò subito dopo bisognava riabilitarli alla vita e all’attività fisica. Oggi invece il soggiorno in ospedale è molto breve, anche in occasione di patologie di questo tipo: tre giorni al massimo, perciò la riabilitazione non è più necessaria».

Quello che resta, invece, è la paura: «Un uomo dopo un infarto si sente finito, e spesso teme di averne un altro, perché in effetti il rischio è più alto rispetto a chi non ne ha mai avuti. Per questo l’azione dell’associazione diventa ancora più importante, perché aiuta nella prevenzione secondaria, a mettere un po’ di ordine nella routine quotidiana, a seguire semplici regole di stile di vita e di comportamento. A tenere sotto controllo, per esempio, colesterolo, peso e pressione, un’attenzione che tutti in fondo dovremmo avere».

Spesso i familiari per prudenza limitano la vita degli infartuati. «Li spingono a evitare l’esercizio di sport ritenuti troppo impegnativi – sottolinea il dottor Casari –, noi invece, con le attività e i corsi di Cuore e Batticuore, li aiutiamo a fare tutto: sci di fondo, bicicletta, escursionismo. Ad affiancarli sono persone come loro, che hanno avuto malattie di cuore e infarti, ma stanno abbastanza bene da potersi impegnare in tutte queste attività». La fiducia e la speranza si trasmettono per osmosi: «Vediamo che le persone riacquistano coraggio, ricominciano a credere nelle proprie possibilità e a mettere entusiasmo ed energia nelle loro vite, così è capitato anche a me. Il dottor Mazzoleni e io continuiamo con passione l’attività educativa nelle scuole superiori, dove spesso raccontiamo la mia storia agli studenti di quarta: quest’anno ne abbiamo incontrati 4.500. I ragazzi fanno tante domande, vogliono sapere come riconoscere i sintomi, così noi teniamo spesso piccole lezioni di cardiologia e di prevenzione, chiarendo anche come si possono evitare questi episodi».

Anche Angelo Casari ha imparato a sconfiggere la paura: «So bene che non serve, anzi tiene prigionieri e rovina la vita. Pochi giorni dopo l’infarto - nonostante la sorpresa e lo sgomento degli amici e di alcuni colleghi - sono partito per un viaggio a Parigi con mia moglie, che avevamo prenotato tempo prima. Non mi sono preoccupato del mio cuore: tanto era guarito. Il sostegno dell’associazione Cuore e Batticuore è sempre prezioso: chiacchieriamo, ci scambiamo esperienze, sensazioni, emozioni, ci aiutiamo a vicenda a prendere le medicine, a sentirci meno penalizzati, inventiamo insieme modi creativi per reagire».

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