Infermieri in piazza a Bergamo
«Ora non dimenticateci»

Trenta minuti in silenzio, in piedi, immobili, a un metro di distanza, per chiedere a gran voce il rispetto per una professione su cui poggia il sistema sanitario nazionale. Un messaggio espresso chiaramente ieri mattina in piazza Vittorio Veneto da circa 300 infermieri in rappresentanza delle migliaia di colleghi al lavoro nelle strutture sanitarie della Bergamasca.

Una categoria, quella degli infermieri, che, una volta passata l’emergenza, è tornata ad essere trattata (più dalle istituzioni che dalla gente) come il parente ingiustamente diseredato della sanità.

«Durante l’emergenza Covid ci hanno chiamati eroi – hanno sottolineato in gruppo gli infermieri presenti –, ma non ci sentiamo tali e non vogliamo esserlo. Abbiamo dato come sempre il massimo, a livello professionale e umano, prima, durante e dopo la pandemia: perché per certi versi siamo sempre in emergenza sanitaria. La pandemia è stato uno tsunami che nessuno si aspettava – spiegano guardando i palloncini rossi lasciati volare in cielo in ricordo dei colleghi che, per aiutare il prossimo, hanno perso la battaglia con il Covid –, ma pur sapendo che rischiavamo moltissimo, pur avendo dovuto isolarci dai nostri cari, non abbiamo mai guardato l’orologio, i giorni e le settimane che passavamo in reparto. Quaranta di noi, alcuni molto giovani, sono morti nel fare il loro dovere; moltissimi di noi si sono ammalati, tutti portiamo ferite fisiche e psichiche che avranno bisogno di molto tempo per guarire, forse mai del tutto. Proprio per questo – sottolineano – troviamo inaccettabile essere tornati nel ruolo di comparse: negli ospedali e sulle ambulanze sono ricominciate le aggressioni verbali e fisiche, dov’è il rispetto per noi e la nostra professione?».

Nessuno dimentica i gesti per il loro impegno: gli applausi dai balconi, gli striscioni e tante altre iniziative di solidarietà, «ma oggi – spiegano – siamo in piazza per rivendicare, anche per i colleghi che non ci sono più, i diritti e i riconoscimenti che ci spettano. Non vogliamo né medaglie né un bonus Covid; ci piacerebbe vedere tanta gente al nostro fianco per vedere riconosciuti i nostri diritti e le nostre elevate competenze».

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