La Francia mette al bando il «burkini»
A Bergamo il burqa vietato già dal 2011

«Espressione di un’ideologia basata sull’asservimento della donna. Incompatibile con i valori della Francia e della Repubblica». Il premier francese Manuel Valls sostiene con forza i provvedimenti emessi da alcuni Comuni transalpini che hanno deciso di vietare il costume indossato da alcune donne musulmane per coprire l’intero corpo.

È stato chiamato «burkini», parola derivata dalla contrazione tra burqa e bikini, e in un paio di giorni è diventato uno dei vocaboli dell’estate grazie alle polemiche scatenate dopo i regolamenti restrittivi. Non si tratta solo di una presa di posizione politica. La Francia ha deciso di far rispettare fino in fondo le ordinanze: nell’ultimo week end, a Cannes, tre donne sono state sanzionate con una multa di 38 euro. Le polemiche hanno subito superato le Alpi, scatenando un dibattito anche in Italia. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano è convinto che la linea dura francese non sia la soluzione giusta: «Le nostre risposte, seppur dure, non devono mai diventare una provocazione potenzialmente capace di attirare attentati».

Non sul burqini, perché spiagge non ce ne sono, ma sul burqa si è consumato uno degli scontri più accesi degli ultimi anni in Consiglio comunale a Bergamo. Nel 2011, quando al timone di Palafrizzoni c’era ancora Franco Tentorio, centrodestra e centrosinistra si diedero battaglia in merito alla revisione del regolamento di Polizia urbana. L’articolo 4, il più contestato dall’allora opposizione di centrosinistra, parlava proprio di burqa: «Prevenzione di situazioni che possono favorire l’insorgere di fenomeni criminosi: è vietato l’uso, senza giustificato motivo, di qualunque mezzo, quale burqa, niqab o altro indumento o manufatto, finalizzato a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona in luogo pubblico o aperto al pubblico». Dopo la vittoria di Giorgio Gori il regolamento non ha subìto modifiche, quindi è ancora valido e così viene applicato dalla Polizia locale. Oltre alla norma comunale, anche Regione Lombardia è intervenuta più volte sul tema vietando, ad esempio, l’uso del burqa negli ospedali.

IL REGOLAMENTO

Il segretario della Cei Nunzio Galantino invita a conoscere ed accettare i simboli di altre culture: «Dobbiamo imparare a vivere insieme, e questo vuol dire anche conoscenza dei simboli di altre culture e loro accettazione quando non ledano le esigenze della sicurezza. La paura dell’abbigliamento delle musulmane mi appare strumentale. Se posso permettermi: coglierei questa circostanza per alzare un po’ il tono del confronto che, in alcune circostanze, m’è parso un tantino mortificante nei toni e nelle parole. Esigenze di cautela sono comprensibili. Ma ci vuole anche buonsenso: è difficile immaginare che una donna che entra in acqua stia realizzando un attentato. Ovviamente dobbiamo chiedere altrettanto buonsenso alle comunità musulmane che sono tra noi quando rivendicano la libertà di seguire le proprie tradizioni: quella libertà non deve limitare la nostra sicurezza».

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