Lago d’Iseo, troppo fosforo dagli scarichi
«Ancora 31 le aree da depurare»

L’assessore regionale all’Ambiente: «L’apporto di fosforo è presente in concentrazione sette volte superiore a quella auspicabile. Tale nutriente deriva da scarichi fognari non depurati: a monte del lago d’Iseo esistono 81 agglomerati urbani, di cui 31 non depurati».

Scarti di gomma e amianto in quantità industriali (perché è da lì che arrivano), cimiteri di auto, decine di bombe della Seconda guerra mondiale, macchie di solventi e idrocarburi.

Dal punto di vista dell’appeal, quelli passati non sono stati mesi facili per il lago d’Iseo: le denunce degli ambientalisti e i filmati dei sommozzatori, le indagini della Procura di Bergamo e gli accertamenti condotti dai carabinieri del Comando provinciale e della Compagnia di Clusone con il supporto dell’Esercito e della Marina militare italiana, hanno messo in crisi l’immagine di un lago proiettato verso il successo nazionale e internazionale dopo il battesimo di Christo nel 2016. Tuttavia, al di là dell’allarme suscitato dai singoli ritrovamenti, il vero problema del Sebino è più subdolo, meno visibile ma più pervasivo, meno facile da contrastare ma decisamente più grave: gli scarichi della rete idrica che finiscono nel lago non depurati, rilasciando nell’acqua quelle sostanze, prima fra tutte il fosforo, di cui si nutrono le alghe che, proliferando, aggravano i processi di anossia e eutrofizzazione, cioè assenza di ossigeno e abbondanza di nitrati e fosfati.

A ribadirlo, nei giorni scorsi a Lovere, è stato Raffaele Cattaneo, assessore all’Ambiente di Regione Lombardia, ospite nell’Alto Sebino dell’associazione «Forza Popolare» creata a Costa Volpino da Antonio Martinelli e Luigi Bettoli, politici e amministratori di lungo corso. Cattaneo si è presentato all’appuntamento dopo aver analizzato i dati delle autorità sanitarie e le relazioni dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) già noti alla popolazione del Sebino, ma che hanno consentito di gettare una visione d’insieme su tutto il sistema lacustre. «Il lago d’Iseo – ha detto l’assessore – sta bene, ma certamente potrebbe stare meglio. I tanti ritrovamenti e i recuperi di carcasse d’auto o di bombe inesplose effettuati dai fondali tra Tavernola e Predore hanno suscitato scalpore, ma hanno riguardato materiali che di fatto avevano già esaurito da tempo la loro carica inquinante».

A supporto di questa tesi, Cattaneo ha ribadito che dal punto di vista della balneazione la normativa in vigore consente alle Aziende di tutela della salute responsabili del territorio del Sebino (Bergamo, Brescia e della Montagna) di classificare come «eccellenti» le acque del lago; inoltre, nessuno dei pesci analizzati nei laboratori a cui si appoggia Regione Lombardia aveva nel proprio organismo qualche sostanza inquinante, né Pcb né metalli pesanti né altre tossine: agoni, coregoni, tinche, lucci e anguille possono essere tranquillamente mangiati.

Eppure, «la qualità complessiva del Sebino può ancora crescere» perché l’ultimo monitoraggio compiuto da Arpa colloca la qualità biologica e chimica delle sue acque fra il sufficiente e il buono, con discreti margini di miglioramento. «Il quadro generale in cui dobbiamo orientare i nostri sforzi non è semplice – ha ammesso Cattaneo – perché il cambiamento climatico in atto sta provocando il riscaldamento di tutto il pianeta: nei laghi alpini questo determina il mancato rimescolamento invernale delle acque. Nel Sebino questo fenomeno, che consente agli strati inferiori di acqua di salire in superficie e di ossigenarsi, si è verificato nel 1981, nel 2005 e nel 2006. Da 15 anni le acque ipolimniche rimangono costantemente sul fondo accumulando le sostanze inquinanti, tra cui quelle, come il fosforo, che favoriscono la proliferazione delle alghe da cui possono derivare i pericolosi cianobatteri». Mentre i cambiamenti climatici globali devono essere affrontati con provvedimenti di scala mondiale, per il lago d’Iseo le amministrazioni locali hanno una carta da giocare: «Devono ridurre – ha detto esplicitamente l’assessore all’Ambiente – l’apporto di fosforo che ancora oggi è presente, nel Sebino, in concentrazione sette volte superiore a quella auspicabile. Tale nutriente deriva da scarichi fognari non depurati: secondo i dati in nostro possesso, a monte del lago d’Iseo esistono 81 agglomerati urbani di cui 31 non depurati».

La definizione di «agglomerato urbano» non coincide necessariamente con quella di ogni Comune, ma può riferirsi a frazioni o singoli nuclei abitati. Dunque è necessario che i paesi del fiume Oglio, del torrente Dezzo e del fiume Borlezza mettano in atto le norme del servizio idrico integrato «programmando gli investimenti infrastrutturali basati sulle risorse derivanti dalla tariffa che tutti noi paghiamo proprio per realizzare o ammodernare collettori e depuratori. Anzitutto la Valle Camonica deve collegare ai depuratori quegli agglomerati urbani che ancora oggi scaricano i reflui direttamente nel fiume Oglio, ma anche i paesi del Sebino non possono pensare, completato il collettore circumlacuale venti anni fa, di non dover fare più nulla. Gli impianti sono invecchiati, hanno qualche problema di obsolescenza e hanno bisogno di interventi per migliorare gli sfioratori fognari e gli scolmatori che, in occasione di fenomeni meteorologici acuti, spesso non trattengono gli inquinanti e li mandano a direttamente nei fiumi e quindi nel lago».

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