«Le Rsa ora sono luoghi sicuri»
L’appello: si aprano alle visite

Le case anziani chiedono il ritorno alla normalità: «Il prolungato isolamento sta facendo danni cognitivi. La Regione dia delle linee guida».

«Dopo tre mesi è ora di riaprire e tornare alla normalità. Van bene tablet e telefoni per comunicare. Ma diversamente, il prolungarsi di questo isolamento rischia di danneggiare gli ospiti e gli stessi famigliari. Attendiamo il prima possibile le regole da Regione Lombardia per tornare poco alla volta alla normalità». Così Cesare Maffeis, presidente dell’Associazione case di riposo bergamasche (Acrb) descrive l’attuale situazione delle Rsa orobiche. «Ormai siamo i luoghi più sicuri - continua -. Dopo il dramma iniziale ci siamo autogestiti. Ora tutti i nostri ospiti hanno effettuato il tampone, l’allerta è altissima, e a ogni minimo segnale di possibile contagio interveniamo. Quello che ci preoccupa, però, è il prolungarsi di questa situazione di isolamento che fa molto male agli anziani ma anche alle famiglie».

Le soluzioni per l’incontro

Maffeis racconta che molte case di riposo hanno comunque tentato di far incontrare anziani e parenti. Magari dietro a un vetro, da una finestra, da un balcone, divisi da una porta aperta, sempre a distanza. «Ma sono soluzioni spesso spersonalizzanti - continua -. Le case di riposo sono anche strutture di socializzazione e l’isolamento dalle famiglie sta causando il decadimento cognitivo di alcuni ospiti. Siamo consapevoli che all’inizio era necessaria la chiusura, isolarsi, ma ora occorre prendere dei provvedimenti, darsi delle norme, e la Regione deve fare velocemente. Si possono trovare tante soluzioni: visite su appuntamento, seduti davanti a un tavolo a debita distanza, un parente per ospite. L’importante è che si parta perché il problema è per così dire biunivoco: dell’anziano che rischia cognitivamente ma anche della famiglia. Mai, ovviamente, come in questo periodo siamo subissati di telefonate dei parenti che vogliono rivedere i loro cari. Qualche volta acconsentiamo ma con soluzioni, come detto, che non sono proprio idonee. Ora non serve più incertezza ma un ritorno alla normalità».

«Le Rsa erano i posti più sicuri anche nel pieno dell’emergenza - aggiunge Alessandro Zavaritt, direttore sanitario della casa di riposo di Alzano -. Il contagio arriva dall’esterno e colpiva soggetti già molto fragili. Ad Alzano stiamo provando a far incontrare ospiti e famigliari, i primi all’interno e i secondi all’esterno, divisi solo da una porta aperta. Meglio che niente, ma non è certo questa la normalità. L’emergenza è stato uno tsunami nuovo per tutti, abbiamo imparato strada facendo. Ora dobbiamo imparare anche a ripartire, con tutte le cautele del caso, e cercare di tornare alla normalità. Le condizioni per far incontrare in sicurezza ospiti e famigliari ci sono».

«Si apra anche a nuovi ospiti»

Chiede linee guida su come comportarsi anche Barbara Manzoni, presidente dell’Associazione San Giuseppe, che riunisce una trentina di case di riposo bergamasche: «L’incontro dietro a un vetro quando magari l’ospite sente poco - spiega - per noi è poco opportuno, perché rischia di essere privo di contenuti. Bisogna stare molto attenti perché il rischio è che si carichino emotivamente gli anziani in modo negativo: incontrano il parente ma non capiscono e entrambi magari se ne vanno con le lacrime agli occhi. Meglio attendere norme più precise per dare la possibilità di un incontro vero. Peraltro, finora, le videochiamate sono state importantissime e utili: ho visto scene tenerissime, con un anziano che accarezzava il video su cui appariva nitida l’immagine del famigliare. Ora, però, serve un protocollo di sicurezza che dia la possibilità di una relazione vera. Per ora l’incontro è possibile solo nella situazione limite del fine vita, almeno lì i parenti possono vedere l’anziano. Con l’estate si potrà uscire nei parchi, nei giardini delle Rsa. Lì, per esempio, con tutte le sicurezze, potrebbero avvenire gli incontri». Manzoni pone l’accento anche sulla necessità di riaprire anche a nuovi ospiti.

«Dal territorio arriva un forte bisogno di assistenza – dice –. Tante sono le famiglie in situazione di difficoltà che attendono un ricovero. Anche qui siamo in attesa che Regione Lombardia ci dia indicazioni».

© RIPRODUZIONE RISERVATA