Le sue parole risuonano nelle note
e la musica è la strada per la felicità

Grazie alla musicoterapia Giulia, una giovane di Terno, ha ritrovato il sorriso e ha scoperto i suoi talenti.

Ci sono le note, le pause, le legature: la musica è come un linguaggio segreto per Giulia Barteselli, 28 anni di Terno d’Isola, che attinge alle radici stesse dell’anima. «A volte, nella musica – scrive Alessandro D’Avenia – si trovano le risposte che cerchi, quasi senza cercarle. E anche se non le trovi, almeno trovi quegli stessi sentimenti che stai provando. Qualcun altro li ha provati. Non ti senti solo». Giulia ha una sindrome genetica «non riconosciuta»: «Quando era piccola, i medici hanno svolto diverse analisi cromosomiche per risalire a quale fosse – spiega la mamma Bruna Merendi –, ma non sono arrivati a una risposta definitiva. Molte di queste sindromi hanno aspetti in comune. All’inizio volevo sapere a tutti i costi, cercavo una risposta per me e per lei. Col tempo, però, ho accettato questo limite, ho imparato a conviverci».

Mozart sul dondolo

Mamma e figlia si sono aiutate a vicenda, e a salvarle è stata proprio la musica: «Quando ero incinta – scherza Bruna – mi mettevo sulla sedia a dondolo e ascoltavo Mozart, perché dicevano che favorisse lo sviluppo dei bambini. Qualcosa dev’esserle rimasto nel cuore».

Una piccola magia per Giulia, che le ha cambiato completamente la vita: «Nei primi anni di scuola ha fatto esperienze spaventose. Allora non c’era una particolare attenzione alla disabilità, spesso veniva “parcheggiata” da sola in bidelleria. All’asilo c’era stato uno spettacolo e le insegnanti mi avevano detto che lei non avrebbe recitato, perché a quattro anni non parlava ancora. In quell’occasione mi ero impuntata, dicendo che era giusto che mia figlia salisse sul palco con gli altri, magari interpretando il ruolo di un angelo muto».

I primi anni difficili

Questa esperienza negativa ha incrinato profondamente l’autostima di Giulia: «Qualunque attività le fosse proposta – spiega Bruna – non andava mai bene, si sentiva sempre incapace. Questo senso d’inferiorità aveva generato in lei comportamenti aggressivi e di rivalsa: frequentava altri bambini “normodotati”, per la maggior parte figli di amici, e quando giocavano insieme spesso reagiva picchiandoli a qualsiasi screzio e piccola contrarietà oppure, se qualcuno faceva un bel disegno, lei lo strappava. È stato un periodo pieno di fatica e di sofferenza. La sera piangevo e mi dicevo che me l’avevano rovinata. Ogni genitore cerca di fare il possibile per sviluppare i talenti e valorizzare le risorse dei propri figli, anch’io mi sono detta che dovevo assolutamente trovare un modo per aiutarla». Fin da piccola Giulia aveva dimostrato una particolare inclinazione per la musica. Poi il destino ha messo sulla sua strada una musicoterapeuta, Cecilia Secchi, chiamata dalla scuola come consulente esterna per un laboratorio: «Come psicologa e musicoterapeuta – racconta – mi sono sempre concentrata molto sull’integrazione e sull’inclusione. La musica che proponevo era adatta a tutti, ed era studiata per superare le differenze tra persone con e senza disabilità. Ho scoperto parlando con Bruna, che Giulia non stava sempre bene, c’erano diversi momenti della sua giornata e della sua vita in cui era infelice e a disagio».

Il recupero dell’autostima

Così ha avviato con lei un’attività di musicoterapia individuale, anche al di fuori dell’ambiente scolastico. «Una volta – continua Cecilia – era rientrata in casa dal giardino con una foglia rossa in mano. Un oggetto piccolo, eppure speciale: così avevamo composto insieme una canzone proprio a partire da questo. Le mancava del tutto l’autostima e questo influenzava molto il suo modo di fare, ecco perché ci siamo impegnate per fargliela recuperare, con attività piacevoli e creative. Scrivere canzoni, per esempio, è un’attività espressiva che dà spazio a storie, emozioni, desideri, sogni, sgombra la mente e il cuore e apre moltissime possibilità».

Giulia ha scelto la musica come canale privilegiato di comunicazione. Quando prende fra le mani uno strumento si trasforma: i tratti del suo viso si distendono, assume un’espressione concentrata, il suo sorriso illumina la stanza. «Da quando ha incominciato l’attività musicale – racconta Bruna – si è sbloccata: l’ho vista crescere e trasformarsi. Ha accettato di mettersi alla prova e in discussione, ha affrontato molte sfide». Giulia ha frequentato l’istituto tecnico a Presezzo, e subito dopo, quando si trattava di valutare un Centro socio educativo, la sua scelta è caduta su quello di Capriate, gestito dalla cooperativa Castello: «È un ambiente molto accogliente – dice Bruna – quando siamo entrate ci siamo sentite subito a nostro agio». Alle pareti, dipinte con colori brillanti, ci sono i lavori realizzati dai ragazzi nel laboratorio di arte-terapia, le fotografie dei viaggi fatti insieme. Gli ospiti, seduti ai tavoli, disegnano e lavorano chiacchierando. La filosofia di quest’ambiente si respira anche nel suo aspetto, nell’atmosfera: ha molto a che fare con il desiderio di trovare e far emergere la bellezza nella vita di ognuno, anche attraverso gesti piccoli e semplici. Tra le attività proposte ogni settimana c’è proprio un laboratorio di musicoterapia condotto da Cecilia. «Abbiamo proseguito qui insieme – spiega – l’attività che prima portavamo avanti da sole. Giulia negli anni ha sviluppato abilità, competenze, inclinazioni particolari: ha molta passione per gli strumenti e le melodie. La musica è al centro della sua vita».

Per questo è apparso naturale proporle anche altre esperienze accanto al laboratorio settimanale: è entrata a far parte di Eukolia, una formazione musicale di 25 elementi, nata nel 2003, che unisce ragazzi di diverse cooperative sociali; Castello è tra i suoi fondatori. «Il nostro motto è Liberi di essere differenti – chiarisce Cecilia, una dei musicoterapeuti che guidano questa esperienza –. Nel repertorio c’è principalmente musica pop: scriviamo canzoni nostre, ma abbiamo anche arrangiato cover di Fabrizio de André e di altri cantautori italiani. Cerchiamo di aiutare i ragazzi a esprimere le loro emozioni e storie attraverso i loro brani. Ciò che può essere difficile da dire diventa più immediato quando assume una forma artistica. L’adattamento delle parole viene mediato dal musicoterapeuta e costruiamo insieme testi e melodie».

«È un’attività che mi piace molto e mi emoziona» racconta Giulia. La sua cantante preferita è Laura Pausini, non si perde mai uno dei suoi concerti, e cerca sempre un posto proprio sotto il palcoscenico: «Ho conosciuto la sua mamma – racconta con un pizzico d’orgoglio – è molto simpatica e ci siamo scattate un selfie insieme». È una ragazza molto curiosa, ama sperimentare e nel suo percorso si è avvicinata a strumenti diversi, come la chitarra e poi il flauto traverso: «Ogni tanto si innamora di un pezzo – dice Bruna –, come quello tratto dalla Carmen di Bizet che abbiamo ascoltato tutte le mattine in auto per un’ora, a ripetizione, finché non è riuscita a impararlo bene». Tenace, solare ed entusiasta, Giulia col tempo ha ampliato il suo raggio d’azione: «Da quando aveva 16 anni – aggiunge la mamma – suona anche nell’orchestra La nota in più di Bergamo, e si è avvicinata agli strumenti ad arco, come il violino e il violoncello».

«La nota in più» ed «Eukolia»

«La nota in più» propone un’attività di musicoterapia orchestrale inizialmente rivolta a persone con sindrome autistica, poi aperta anche ad altri, con strumenti dell’orchestra classica. Ci sono i maestri, musicisti formati ed esperti, che affiancano piccoli gruppi di ragazzi: ognuno ha una parte, proporzionata ai suoi talenti e alle sue capacità. «È un modo – spiega Cecilia – per imparare a conoscere il ritmo e il silenzio. Bisogna entrare nell’esecuzione al momento giusto, e il metodo utilizzato permette a tutti di partecipare, anche a chi ha un basso livello di attenzione. Sperimentare l’insieme, la collaborazione aiuta molto. Nella nostra band Eukolia di tanto in tanto affidiamo a qualcuno un pezzo da eseguire come solista e bisogna cantarlo al microfono. Il livello di responsabilità e di protagonismo è forte e diverso, per esempio, da un’esperienza orchestrale. Ecco perché è utile e importante affiancare attività differenti, tutte arricchenti, ognuna con una sua specificità». Suonare con gli altri è come un massaggio al cuore. «Non è solo una terapia – osserva Cecilia –, ma un modo per comunicare, coinvolgere il pubblico, trasmettere emozioni».

Una diversità che vale molto

La musica ha aiutato Giulia a sviluppare capacità che prima le erano estranee, come stare seduta e avere pazienza: «Prima non stava un attimo ferma – osserva Bruna –. Una volta ha messo una sedia sul tavolo del soggiorno e poi c’è salita sopra in piedi per dipingere il muro, e rideva come una matta, ma è caduta malamente e ho dovuto portarla di corsa in ospedale. Saliva sul tavolo e sulle sedie anche durante le lezioni di musicoterapia». Per la mamma è stato difficile trovare le parole giuste per spiegarle perché lei «è diversa»: «Ti metti le scarpe, non le sai allacciare, fai quattro nodi invece di uno solo, ma alla fine riesci a camminare come gli altri. Hai abilità diverse, ma per fortuna puoi fare tante cose». Grazie alla musica ha imparato a incanalare le energie e ha trovato tanti amici, e tra essi anche uno «speciale», Matteo, anche lui musicista ne «La nota in più». Partecipa a concerti e tournée, esplora posti nuovi. Con la musica Giulia produce bellezza e trasmette alle persone che la incontrano una gioia contagiosa: «Sorride sempre – conclude Bruna –. La musica le ha offerto una strada per essere felice. Questa consapevolezza ha salvato non solo lei ma anche me».

© RIPRODUZIONE RISERVATA