Leolandia: «Diamo lavoro a 600 persone
ma siamo vessati dalle tasse»

Giuseppe Ira, presidente di Leolandia e di «Parchi permanenti italiani», sul difficile rapporto con gli enti pubblici: «Vogliono applicare la tassa rifiuti persino sul parcheggio comunale che paghiamo e che puliamo noi».

È facile riempirsi la bocca con la parola «turismo». Da noi, in particolare, è un termine che viene sciabolato su tutti i tavoli istituzionali come l’arma contro la crisi manufatturiera. Si intuiscono le potenzialità, si programmano iniziative – alcune funzionano, altre meno –, si ottiene qualche risultato positivo (i dati dello scorso anno parlano dello sfondamento del milione di turisti stranieri in Bergamasca), poi però quando serve il salto di qualità, quando viene richiesta quella sinergia tra pubblico e privato per fare il botto e raggiungere standard europei, ecco che qualcosa si inceppa. L’italica burocrazia e la sete di racimolare fondi che il pubblico non eroga più, riescono a tarpare le ali persino alle inattese aperture della politica.

È ciò che sta succedendo a Leolandia (nel comune di Capriate), un parco divertimenti che sotto la proprietà Thorus Spa è decollato economicamente e per indice di gradimento è diventata l’area divertimenti più amata d’Italia (addirittura quinta in Europa, l’altro parco italiano Gardaland è al ventesimo posto) e che era pronta a candidarsi per uno sviluppo di interesse europeo. A fine anno è prevista quota 1,2 milioni di visitatori (+20%) e, sempre quest’anno, circa il 48% dei visitatori, è arrivato da fuori regione, con una stima di oltre 500.000 visitatori extra Lombardia per l’intera stagione. Eppure, nonostante questi numeri, l’ulteriore sviluppo programmato si è arenato nelle sabbie degli uffici pubblici. A lanciare il sasso è il presidente della Thorus Spa, Giuseppe Ira, il capitano d’impresa bergamasco direttore unico del parco che ha trasformato l’originaria Minitalia con scenografie e ambientazioni di altissimo livello. Imprenditore che per il triennio 2018-2020 ha assunto anche la carica di presidente dell’associazione nazionale di categoria «Parchi permanenti italiani».

Presidente, sono anni che si parla di un’espansione di Leolandia. Perché non è più stato fatto nulla? Tra l’altro recentemente il ministro Centinaio si è espresso a favore del settore dicendo che «l’industria dei parchi divertimento rappresenta un valore indiscusso per il turismo nazionale e internazionale». Cosa non torna tra la visione locale e quella nazionale?

«In effetti mentre il ministro Centinaio ha dimostrato una larga apertura sullo sviluppo del turismo dei parchi divertimento, a livello locale è tutto congelato in Regione da tre anni. Nel 2016 avevamo fatto un pre-accordo con i Comuni di Brembate e Capriate per l’acquisto dei terreni edificabili, acquisto poi effettuato. L’operazione doveva procedere contemporaneamente con il progetto Percassi di rilancio di Crespi, il villaggio operaio patrimonio dell’Unesco. A lui però servono parcheggi e noi eravamo - e restiamo tuttora - d’accordo nel mettere a disposizione parte dei terreni da noi acquistati: bastano 18-24 mila metri quadrati. Noi siamo sempre stati dell’idea di collaborare con il progetto Crespi. Ma recentemente ho saputo che dagli uffici regionali anziché ragionare sull’autorizzazione a utilizzare questi terreni, stanno ipotizzando un esproprio di nostre aree in modo da dare il via libera al progetto Crespi e in un secondo momento a Leolandia. Non si capisce il senso dell’operazione».

Ma i Comuni cosa dicono?

«Sono contrari perché temono che il piano di Leolandia possa avere delle controindicazioni e che noi ci opponiamo all’esproprio. L’ipotesi di iter regionale non piace ai due sindaci».

Quindi almeno una sponda politico amministrativa locale resta fedele ai pre-accordi...

«A parole sì, ma poi nei fatti sono successi episodi che non hanno aiutato lo sviluppo del parco».

Quali episodi?

«Parto da quello della Tari, la tassa sui rifiuti sulla quale si è scatenata una battaglia legale».

Ma non siete il parco modello di sviluppo sostenibile con una raccolta differenziata quasi totale?

«Assolutamente sì. Gli uomini di Ecoisola, società pubblica partecipata anche dal Comune di Capriate, sono contenti quando passano da Leolandia. Devono solo raccogliere quanto già impacchettato da noi. Inoltre in tutte le aree ristoro utilizziamo stoviglie biodegradabili e compostabili. Quindi possiamo dichiararci un modello ecosostenibile. Eppure Ecoisola si è rivolta più volte alla magistratura per chiedere somme molto elevate per il periodo tra il 2008 e il 2013. Abbiamo resistito con i nostri legali e l’allora vicesindaco propose una transazione. Fu fatta una delibera comunale, d’accordo con Ecoisola, in cui si stabiliva un costo annuo massimo di 30 mila euro che teneva conto non dell’effettivo rifiuto prodotto ma delle aree commerciali in base all’uso stagionale. Così arrivavamo a pagare poco più di 20 mila euro all’anno e per il pregresso si era stabilita verbalmente una cifra di 216.480 euro in rate mensili. Rateizzazione tuttora in corso. Ora sono tornati alla carica inserendo nella tariffa anche i parcheggi e non tenendo conto della stagionalità per arrivare a un costo di circa 80mila euro all’anno. Tra l’altro il parcheggio lo puliamo noi con le idropulitrici e lo custodiamo noi con personale a pagamento. Ed è in affitto dal Comune. Capite la contraddizione? Vogliono farci pagare la tassa su un loro terreno che già paghiamo e che teniamo alla perfezione. Non abbiamo neppure introiti fissi dal parcheggio perché una parte è stagionale e un’altra parte è a utilizzo dei dipendenti».

A Capriate è cambiata l’amministrazione comunale, avete avuto contatti?

«Certo, sono andato dal sindaco annunciando che ci opponiamo a questo calcolo della tariffa dei rifiuti. Lui ha detto che avremmo trovato un accordo per transare, ma non si è fatto più vivo nessuno».

I casi parcheggi e rifiuti sono unici o c’è altro?

«Non so cosa succederà con l’Imu. Finora la tassazione è stata accettabile ma con le nuove aree ormai ci aspettiamo di tutto... E vogliamo parlare della sanatoria di alcuni locali del parco realizzati negli Anni Settanta e di cui non c’è traccia d’autorizzazione negli archivi comunali? Nel 2012 eravamo pronti a pagare mezzo milione di sanatoria. I funzionari del Comune l’hanno sospesa e non ne sappiamo più niente».

Sembra quasi una commedia dell’assurdo. Molto italiana...

«Le racconto anche la storia dell’insegna all’ingresso del parco di Leolandia perché dice tutto di come l’Italia tratta gli imprenditori. Abbiamo tolto la vecchia insegna che era più grande e sulla quale pagavamo una tassa tra i 5.000 e i 6.000 euro annui. Quella nuova è più contenuta e ci è costata pure meno ma la tassa è passata a 16 mila euro. Devo andare avanti?».

In effetti c’è da chiedersi, con tutti questi ostacoli, perché un imprenditore dovrebbe continuare a investire sul proprio territorio.

«È esattamente questo il punto. Quello che ci sta succedendo dice esattamente che il sistema Italia non è pronto per sviluppare questa economia come invece è avvenuto nei Paesi vicini quali Spagna, Francia e Germania. Se questa nostra attività che porta tanta occupazione e indotto al territorio non interessa, è inutile che un imprenditore si impegni a investire 200 milioni senza una garanzia e venga invece preso di mira con continue gabelle pubbliche. Come presidente di Parchi Permanenti mi batto per far comprendere che la ricaduta di un simile investimento è una grande occasione per il territorio. E pensare che in Umbria sono gli enti locali che ci hanno chiesto di investire su un’area con un parco divertimenti nuovo. Per realizzare “Leolandia 2” la Regione Umbria ci ha dato 6 milioni a fondo perduto e 15 in prestito con un tasso d’interesse dello zero virgola. Speriamo che anche in Lombardia nel prossimo futuro ci sia un’analoga apertura».

Un’ultima domanda sul territorio: a fronte di una richiesta di collaborazione, l’azienda Leolandia quanto incide sulla Bergamasca e la Lombardia?

«Leolandia conta oggi circa 600 lavoratori, originari della regione, contribuendo in modo significativo all’occupazione giovanile e a dare lavoro a maestranze e artigiani che è possibile stimare in occupazione indotta di 2.000 unità. L’impatto sul territorio è stimato in 65 milioni di euro di fatturato indotto, tra occupazione e sviluppo del turismo locale. Inoltre nel 2018 Leolandia ha registrato quasi 100.000 ingressi al parco con soggiorni presso strutture ricettive convenzionate del territorio, grazie allo speciale pacchetto Parco+Hotel che, rispetto al 2017, ha messo a segno un +75% con picchi da oltre 1.300 posti letto a notte. E per tornare alle casse pubbliche, Leolandia sborsa circa 500 mila euro annui. Da questi dati, è chiaro che per Leolandia il territorio non è secondario...».

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