L’estate triste delle sagre
Tutte (o quasi) annullate

Sagra delle sardine (Tavernola): cancellata. Sagra della bufala (Cologno al Serio): cancellata. Vall’Alta Medievale: cancellata. Festa in Rocca (Urgnano): cancellata. Sagra della taragna (Branzi): cancellata. Feste degli alpini: tutte cancellate. Ci aspetta un’estate così. Orfana di sagre, feste, piatti di plastica stracolmi di polenta, formaggio fuso e salamine.

Addio alle tavolate all’aria aperta, schiacciati uno addosso all’altro mentre si addentano spiedini o pesciolini fritti. Nella Bergamasca è tutto un fioccare di cancellazioni: schiacchiate da misure di contenimento (divieto di assembramento su tutti) e rischio contagio, in questa fase le associazioni si dividono solo fra chi ha già il coraggio di dirlo ufficialmente – «sagra cancellata» – e chi, invece, nicchia: «la direzione è quella, ma aspettiamo qualche giorno a comunicarlo».

Sta di fatto che c’è da prepararsi: sarà un’estate povera di feste, sagre e tradizioni. Povera, in tutti i sensi. Il settore non è solo la panacea degli amanti di pane e salamina: dalle sagre estive - o meglio, dal ricavato delle sagre estive - dipendono i bilanci di intere associazioni. O se proprio non dipendono, di certo ne sono condizionati: chiedere alla Croce Rossa di Bergamo. Secondo il presidente Maurizio Bonomi alla fine dell’estate mancheranno all’appello almeno 130 mila euro, dovuti soprattutto al mancato presidio delle ambulanze (servizio di assistenza a pagamento) in occasione di feste e iniziative varie. Insomma, non si tratta solo o semplicemente di dover aspettare il 2021 per gustarsi gli scarpinocc a Parre o le sardine sul Sebino: c’è un indotto (pure qui) non proprio indifferente, che – causa virus – sfuma.

Ed è forse dovuto a questo aspetto, strettamente economico, se qualche associazione aspetta di leggere il prossimo decreto atteso a giugno prima di comunicare le sorti della sagra in questione. Nella speranza che dai piani alti - Governo o Regione - il divieto di assembramento venga allentato, le misure di prevenzione vengano ammorbidite, oppure si preveda un protocollo per gestire in sicurezza le iniziative estive: insomma, ci si appiglia alla speranza di poter ridimensionare, distanziare, rivedere formule e allestimenti pur di non alzare bandiera bianca.

Ma - in fondo in fondo - non ci credono nemmeno loro, gli irriducibili. Chi s’assume l’onere di provare la febbre ai 50 mila partecipanti alla festa del Moscato di Scanzo (pronta ad essere cancellata, appunto)? Chi garantisce che i 15mila golosi di scarpinocc (ufficialmente «in via di cancellazione») stiano almeno ad un metro di distanza mentre s’abbuffano nella tensostruttura di Parre?

Al presidente dell’Ana di Bergamo Giovanni Ferrari è toccato disporre la cancellazione di tutte le feste degli alpini (una trentina in tutta estate), grandi o piccole: «Un enorme dispiacere – dice – ma alternative non ce n’erano. Perdiamo introiti, molti, che andavano tutti a sostenere i nostri progetti. Ma perdiamo soprattutto momenti preziosi di grande condivisione». E come l’Ana, enti, associazioni, parrocchie e Comuni sono pronti a dare l’appuntamento al 2021. Scenario che, però, a uno spicchio preciso di popolazione, dispiace un po’ meno: quello costituito dai commercianti, da sempre in combutta con gli organizzatori di sagre con annesso servizio cucina. Ascom nei giorni scorsi ha invitato i sindaci bergamaschi a sospendere tutte le iniziative in cui è prevista la somministrazione di cibo e bevande, come forma di «sostegno reale alle imprese della ristorazione e del turismo», già messe in ginocchio dall’epidemia. Posto che – ad oggi – non risulta che alcun sindaco abbia risposto ad Ascom, l’associazione di categoria ha stimato che, in provincia, ogni estate si organizzano «una media di quattro feste per paese (il totale fa 976), della durata media di otto giorni che complessivamente fanno 7.808 giornate di attività, per un fatturato di circa 20,9 milioni di euro». Non proprio briciole, quindi.

E difatti i danni si conteranno, a fine estate: per dirne uno già previsto, la piccola Pro loco di Tavernola - che ha appena annullato la sagra delle sardine - deve dire addio a circa 15 mila euro di ricavato. Ricavato che, tradizionalmente, serviva a finanziare le altre attività edl gruppo. Ma sono ancora più evidenti i disagi per le associazioni sanitarie o di beneficenza – Croce Rossa italiana (Cri) o Avis, per dirne due – a cui, in molti casi, venivano destinati i proventi di sagre e feste estive. E il presidente della Cri Bergamo, Bonomi, può già fare qualche conto: «Mancheranno i fondi che la Cri raccoglieva durante le feste organizzate direttamente – a Caravaggio, Grumello, Treviglio -, circa 30 mila euro. Mancheranno i fondi che solitamente ci devolvono organizzatori terzi, ma mancheranno soprattutto i fondi dovuti alla presenza delle nostre ambulanze agli eventi estivi sul territorio provinciale: all’incirca 100 mila euro».

Detto dei bilanci, mancherà anche tanto altro in quest’estate orfana di sagre: quanta nostalgia per tavole condivise, cucine affollate, risate sincere, dialetto nell’aria. E per quelle chiacchierate insolite fra compaesani che mai si sarebbero ritrovati con le gambe sotto lo stesso tavolo. Per non parlare dell’orgoglio delle tradizioni, per l’occasione vestite a festa. Per fortuna, è solo un arrivederci.

© RIPRODUZIONE RISERVATA