L’infettivologo Rizzi: «Con l’autunno i casi aumenteranno, ma nessuna emergenza»

«Covid, i numeri dei contagi si muoveranno un po’. Possiamo però essere ragionevolmente tranquilli». Quando la terza dose? «Prima o poi ci arriveremo tutti».

«I contagi saliranno e probabilmente anche i ricoveri; con l’arrivo dell’autunno c’è da aspettarsi una nuova crescita dei casi di Covid, ma nulla al momento fa presagire altre emergenze: la campagna di vaccinazione sta funzionando e continuerà nei prossimi mesi, anche con la terza dose di vaccino». È questo lo scenario che immagina l’infettivologo Marco Rizzi, primario dell’Unità di Malattie infettive dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, in vista della ripresa delle attività lavorative e scolastiche.

Professor Rizzi, in Lombardia i letti degli ospedali stanno tornando pian piano a riempirsi di malati Covid. Com’è oggi la situazione oggi nella nostra provincia?
«Direi sostanzialmente tranquilla. Abbiamo avuto un periodo di maggior quiete tra luglio e l’inizio di agosto, quando i ricoveri erano davvero pochi. Siamo arrivati ad averne una ventina in tutto (il “Papa Giovanni” è l’unico ospedale della nostra provincia che oggi ospita malati di Covid, ndr). Poi, come ci aspettavamo, i numeri sono tornati a salire, complici l’allentamento delle misure, le vacanze e la maggiore libertà di movimento. Qualche caso in più oggi l’abbiamo, ma siamo ancora a meno di trenta ricoverati».

Di questi, quanti sono in terapia intensiva?
«Siamo a 6-7; qualche giorno fa eravamo a nove. Non ci sono criticità né difficoltà a garantire assistenza a queste persone, ma neppure nello svolgere l’attività ordinaria dell’ospedale».

Cosa vi aspettate per l’autunno?
«Che i numeri si muovano un po’. Dobbiamo scontare l’effetto del rientro dalle vacanze e tutti ci chiediamo cosa succederà con il ritorno alla piena attività lavorativa e scolastica. Abbiamo parti di popolazione scoperte, sia tra i giovani che tra gli anziani e dovremo ancora fare i conti con le varianti che continueranno ad emergere, ciascuna delle quali potrà modificare un po’ gli equilibri. Per questo i numeri continueranno a oscillare».

C’è da preoccuparsi?
«Non in termini di grandi eventi catastrofici come li abbiamo vissuti nel 2020 o ancora nella prima parte di quest’anno; e non in particolare se ragioniamo sulla nostra provincia o sulla Lombardia. Ma se parliamo di altre regioni del mondo, ci sono Paesi che stanno ancora molto male».

Questo potrebbe avere ripercussioni in Italia e, quindi, anche a Bergamo?

«Ciò significa che non ci libereremo del problema nel giro di qualche mese. Chi dice che tutte le pandemie spariscono dopo un paio d’anni fa previsioni ottimistiche. Questo virus sta dimostrando di avere ancora una grande capacità di circolare e di evolvere; per questo bisogna stare attenti».

Si può ancora dire che a Bergamo la situazione è migliore perché siamo stati i più colpiti nella prima ondata?
«I numeri ci dicono di sì. Noi oltre ad avere dei tassi di copertura vaccinale molto buoni, abbiamo una popolazione che è stata più esposta nei primi mesi della pandemia. Per questo possiamo essere ragionevolmente tranquilli per ciò che potrà accadere nei prossimi mesi».

Oggi chi entra in ospedale malato di Covid?
«Vediamo quasi solo non vaccinati, con qualche sporadica eccezione di persone che, andando incontro ad altre patologie, sviluppano varie forme di immunodepressione e quindi l’efficienza del loro sistema immunitario, pure a fonte di una vaccinazione, non è garantita».

Insomma, il vaccino funziona davvero.
«Sì, basti pensare che l’antinfluenzale protegge solo per il 50-60%. Dopodiché, qualche raro caso di persone vaccinate che si ammalano possiamo aspettarcelo, anche perché la protezione totale non esiste».

Quando la terza dose?
«Lo scenario è in evoluzione, stiamo ancora raccogliendo informazioni in merito. Qualche Paese è già partito e in Italia c’è un orientamento ad iniziare dai più fragili. Ma prima o poi ci arriveremo tutti».

Qual è la situazione oggi, rispetto a un anno fa?
«Nel 2020 a fine agosto eravamo contenti perché avevamo passato un’estate più tranquilla. Le restrizioni di primavera avevano infatti funzionato e abbiamo goduto a fondo dei loro benefici. Poi le misure sono state allentate e la situazione si è di nuovo sbilanciata, anche perché non c’era ancora il vaccino. Quest’anno abbiamo potuto cambiare un po’ le regole del gioco: siamo arrivati all’estate con misure meno restrittive, abbiamo corso un rischio ragionato e qualche caso in più c’è stato».

Ora è importante accelerare di nuovo con la campagna vaccinale e puntare sui giovani.
«Una certa rincorsa c’è stata anche prima delle vacanze, poi è chiaro che ad agosto le vaccinazioni si sono abbassate. Ma la percezione che il vaccino è da fare mi sembra abbastanza diffusa».

Si è parlato di renderlo obbligatorio. Lei sarebbe favorevole?
«Sarebbe un provvedimento facile da introdurre, ma il problema è un altro: cosa fare quando qualcuno non si vaccina? A parte una sanzione amministrativa, non c’è altro da fare. Sarebbe un obbligo solo sulla carta».

E il green pass?
«Quello funziona: non serve l’obbligo di vaccinazione se si impedisce a chi non è vaccinato di accedere a servizi essenziali, viaggi, movimenti e scuole. La logica del green pass per alcune attività a tutela della collettività funziona. E ha convinto molti a vaccinarsi».

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