Mancata zona rossa in Valseriana
Pierino Persico: mai ostacolata

Il patron dell’azienda nembrese replica: «Insinuazioni false sui social: lo scafo di Luna Rossa va consegnato non prima di agosto, avevamo il tempo».

La Valle Seriana è una delle zone della provincia di Bergamo con la più alta concentrazione di aziende. Nel linguaggio da comunicato stampa la definizione sarebbe «a spiccata vocazione manifatturiera-industriale». Una realtà economica che a causa del lockdown è ferma, immobile, così come altre centinaia di piccole e grandi aziende, laboratori artigiani e uffici nel resto della provincia. Che dovesse chiudere prima - a inizio marzo, dopo il focolaio del coronavirus scoppiato tra Alzano Lombardo e Nembro - lo ha scritto nero su bianco l’Istituto superiore di sanità in una nota del 2 marzo. Un documento rimasto nel cassetto: con il blocco della zona arancione in tutta la Lombardia, la zona rossa in Valseriana è sfumata. Perché? Una domanda che merita una risposta: sono troppe le vite strappate dal virus che ha messo in ginocchio la provincia di Bergamo. Nei giorni caldi tra il 2 e il 6 marzo, con trecento tra poliziotti e carabinieri ad aspettare un cenno mai arrivato, la voce più diffusa parlava di forti resistenze alla zona rossa da parte delle grandi aziende della media valle.

Tra nomi, cognomi e ragioni sociali citati nei messaggi su chat e social c’è anche la Persico Spa del presidente Pierino Persico. Un’istituzione di Nembro, anzi di tutta la valle e dell’intera provincia. Esempio di successo imprenditoriale nei settori «Automotive», «Industrial» e «Marine». È conosciuta soprattutto per la realizzazione di «racing yachts». Tradotto: lo scafo di Luna Rossa. E proprio il trasporto del nuovo e fiammante scheletro della barca verso l’America’s Cup è stato indicato come il motivo principale del (presunto) pressing contro il via libera alla chiusura ermetica della valle per contenere il contagio. «La nostra azienda non si è mai opposta alla creazione di una zona rossa della Val Seriana, a proposito dell’emergenza coronavirus (Covid-19) - spiega Pierino Persico in una lettera inviata a L’Eco di Bergamo -. Smentisco le voci, sempre più insistenti, secondo cui la Persico Spa abbia chiesto alle autorità di non creare la zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro (dove sono situati i nostri stabilimenti), in particolare perché dovevamo porre in viaggio l’imbarcazione Luna Rossa, la cui ultimazione non è invece prevista prima di agosto. Le date dunque non tornano, lo scafo è ancora in costruzione nel nostro stabilimento di Nembro e le voci sono completamente infondate».

L’imprenditore spiega che, come tanti suoi colleghi, nei giorni in cui non c’era ancora consapevolezza dell’impatto devastante del virus, aveva manifestato preoccupazione per le possibili ripercussioni sull’economia seriana. «Nella fase iniziale, quando la percezione del problema era ben diversa, con bar, ristoranti e mercati aperti e liberamente frequentati dai cittadini - continua Persico -, mi ero preoccupato di possibili ripercussioni sugli ordinativi alle nostre aziende, esattamente come ogni altro buon imprenditore che sente la responsabilità nei confronti delle famiglie che dipendono dall’economia della propria attività».

Nei giorni successivi anche alla Persico spa sono state adottate misure di sicurezza. «Non appena percepita la gravità del problema ci siamo mossi con netto anticipo rispetto ai decreti: la nostra azienda ha chiuso tutti i reparti di produzione il 16 marzo, una settimana prima del decreto del governo Conte del 22 marzo, per la massima tutela dei nostri dipendenti. Due settimane prima, il 10 marzo, il personale dei settori di progettazione e di amministrazione ha iniziato a lavorare da casa, in smart working. A partire dalla stessa data si trovava in azienda solo il 25% del personale, per il quale sono state poste in essere molteplici misure per garantire una sicurezza pressoché totale. Oltre alla maggiore distanza sul luogo di lavoro, alle mascherine e tutti i presidi del caso, sono stati riorganizzati su turni ridotti di 6 ore, in modo da evitare la necessità della mensa e relativi assembramenti, anche involontari».

Se le aziende si smarcano dalle voci, ci pensa Matteo Salvini a puntare un dito, ovviamente contro il governo. Lo fa subito dopo aver telefonato al sindaco di Alzano Lombardo Camillo Bertocchi per sostenerlo dopo le polemiche scatenate dall’opposizione nei giorni scorsi. «Ho sentito il sindaco di Alzano Lombardo: ha tutto il mio sostegno per l’impegno eccezionale che lui e la sua comunità stanno dimostrando. Se qualche oppositore di sinistra ha voglia di fare polemica, dovrebbe rivolgersi al governo per chiedere spiegazioni sulla mancata chiusura del paese e di altre zone della Val Seriana e sulla mancanza di strumenti di protezione come le mascherine».

In cerca di risposte è anche il consigliere regionale del Pd Jacopo Scandella, che vuole fare luce su quanto è avvenuto nell’ospedale di Alzano, chiuso nel pomeriggio di domenica 23 febbraio e riaperto poche ore dopo. Le domande sono tante: «Perché le persone entrate in contatto con i pazienti non sono state avvisate, testate e eventualmente isolate? E poi perché, sapendo di un contagio che si sarebbe esteso a macchia d’olio, non sono stati subito presi provvedimenti? Tutte queste e tante altre domande rimbalzano nella testa delle persone, alimentano dubbi, sospetti, rabbia. Per questo, non appena sarà terminata l’emergenza, è necessaria una commissione d’inchiesta che faccia luce in maniera seria sui fatti e sulle responsabilità, ad ogni livello. Lo dobbiamo a noi stessi, perché da questa tragedia si possa almeno imparare qualcosa. E lo dobbiamo soprattutto a chi non c’è più».

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