Medico di S. Pellegrino rinvia la pensione
«In prima linea all’ospedale di Codogno»

Giorgio Scanzi, di San Pellegrino, primario all’ospedale di Codogno, doveva ritirarsi a fine mese.

Doveva andare in pensione il prossimo 29 febbraio, ma davanti a un’emergenza di tale portata ha deciso di rientrare nell’«occhio del ciclone», proprio nel cuore del focolaio da coronavirus e si è rimesso in corsia, all’ospedale di Codogno. Sì, proprio quell’ospedale dove il 21 febbraio è arrivata la conferma della positività al virus del primo italiano, un paziente trentottenne. L’eroico camice bianco è nato a San Pellegrino, 65 anni fa, e oggi è il primario di Medicina a Codogno, nel Lodigiano.

«Macché eroe, nient’affatto: mi sono comportato come ogni persona civile deve fare. E poi, il mio lavoro è proprio questo, stare al servizio dei malati – ha la voce emoziona Giorgio Scanzi, mentre accetta, dopo molte riluttanze, di raccontare la sua scelta – . Ero in ferie, stavo facendo quelle residue quando si è presentato il primo caso. Nei progetti iniziali, sarei dovuto rientrare per un giorno solo, per passare le consegne a fine mese». E invece ha scelto diversamente. «Eh sì, diciamolo chiaramente: le mie origini bergamasche si vedono in questo. Ho proprio l’animo del classico muratore bergamasco: quando costruisco qualcosa voglio finirla e finirla bene. Certo, mai mi sarei immaginato di chiudere la mia carriera ospedaliera con una emergenza simile. Diciamola così, una cosa del genere non mi era mai capitata e non mi capiterà più».

Intanto, sta vivendo giorni frenetici in corsia, da quanto non riposa? «In questi ultimi giorni abbiamo ricevuto rinforzi con tre medici arrivati dal San Matteo. Ma non si pensi che siamo isolati e reclusi dentro l’ospedale – continua il primario –. Facciamo quello che dobbiamo fare. Ho deciso di affiancare tutti i collaboratori che sono qui a impegnarsi per il bene della collettività. E anche a sostenere la grande squadra di infermieri che ci affianca, loro sono sì eroici perché qualche problema nella turnistica ce l’hanno. Paura del contagio? Faccio il medico, lavoro per curare la gente. Sono consapevole di questi rischi ma sono rischi calcolati che ti assumi quando decidi di intraprendere questa professione».

Giorgio Scanzi si è laureato all’Università di Pavia, dove si è specializzato anche in Medicina interna ed Ematologia: «Ma ho passato la mia giovinezza tutta a San Pellegrino. Anche mia moglie è bergamasca, e lì in valle ho ancora dei parenti. Ho scelto di frequentare a Pavia l’Università e poi, diciamo così, ho trasferito con la mia famiglia un angolo della mia Valle Brembana. Sono un bergamasco doc trapiantato qui da 33 anni: ho cominciato l’attività ospedaliera a Codogno e qui ho continuato tutta la mia carriera per quasi quarant’anni. Si capisce bene che, davanti a una emergenza del genere che capita proprio nell’ospedale dove ho trascorso gran parte della mia vita, non potevo tirarmi indietro. Che bergamasco sarei stato se fossi rimasto in ferie mentre qui esplodeva un’emergenza simile? In pensione ci andrò quando sarà tutto tornato alla normalità. Ora si lavora, senza allarmismi: si troverà la soluzione anche per il coronavirus».

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