Milano e Monza: picco di chiamate al 118
Bergamo tiene. «Ma la guardia resta alta»

Per la Soreu Milano e Monza nell’ultima settimana +157%, seguono Varese-laghi e la pianura. La nostra area tiene, da 42 a 62 telefonate giornaliere (+47%): un decimo di marzo.

L’eco di sirene che squarcia il silenzio del coprifuoco arriva da lontano, questa volta. Da Milano rimbalzano le immagini che rendono concreti i numeri dell’epidemia: i pronto soccorso intasati, le ambulanze incolonnate, i lampeggianti che tagliano la città. Ciò che nel marzo scorso si viveva a Bergamo ora accade altrove, nei territori che allora furono risparmiati e che oggi invece soffrono pesantemente, mentre la terra orobica regge. Le chiamate al 118 restano infatti contenute, in questa che è stata la terra più ferita nella prima ondata. È il risultato di una semplice equazione: meno contagi, dunque meno malati, dunque meno ambulanze e meno ricoveri.

Le chiamate al 118

La situazione è fissata nei grafici. Il dottor Paolo Spada, chirurgo vascolare all’Humanitas Research Hospital di Milano, tra i promotori della pagina facebook «Pillole di ottimismo» in cui medici ed esperti quotidianamente ricostruiscono un quadro fondato sui numeri dell’emergenza, ha infatti messo in fila le chiamate al 118 in Lombardia «per motivi respiratori o infettivi», sulla base di dati forniti dal ministero della Salute. L’eco di sirene a Bergamo (più precisamente: nella centrale che copre le province di Bergamo. Brescia e Sondrio, una delle quattro in cui è divisa la regione) resta sostanzialmente stabile, mentre s’è impennato a Milano e Monza.

Se il 22 settembre si sono avute 222 emergenze in tutta la Lombardia, il 22 ottobre si è arrivati a 531 (+139%). L’andamento di crescita, però, non è appunto omogeneo. La Soreu (cioè la sala operativa) «alpina», cui fanno riferimento Bergamo, Brescia e Sondrio, nell’ultima settimana di settembre aveva una media di 42 chiamate giornaliere; dal 16 al 22 ottobre, ultimi sette giorni disponibili, la media quotidiana è salita a 62 chiamate (+47%). L’incremento pare alto, ma amplificato dal basso numero di partenza. È invece davvero forte negli altri spicchi lombardi: la Soreu «metropolitana», riferimento per Milano e Monza, è passata da una media di 95 chiamate quotidiane (22-28 settembre) a una recente di 245 (16-22 ottobre), +157%. Aumento rilevante anche per la Soreu «dei laghi», che raccoglie Varese, Como e Lecco: da 36 richieste d’intervento al giorno (22-28 settembre) s’è giunti alle attuali 90 (16-22 ottobre), +150%.

È invece salita da 43 chiamate giornaliere (22-28 settembre) a una quota ora di 75 (+74%) la Soreu della «pianura», dove convergono Cremona, Lodi, Mantova e Pavia. La Lombardia orientale, flagellata in primavera, dunque oggi «tiene» anche sul fronte del 118. I numeri di quelle settimane restano imparagonabili: secondo questi dati, il picco lombardo si raggiunse il 16 marzo, quando le telefonate al 118 per motivi respiratori o infettivi furono 1.537; l’apice specifico della Soreu «alpina» si ebbe il 13 marzo, con 694 chiamate in 24 ore. Oggi, qui, si è a meno di un decimo di quel livello.

«Situazione di equilibrio»

«In questo territorio, per la centrale che comprende anche Brescia e Sondrio oltre Bergamo, si vive una situazione di equilibrio. I numeri di pazienti Covid o con patologia sospetta (solo all’arrivo in ospedale, col tampone, si può distinguere il caso, ndr) si stanno mantenendo costanti nell’ultimo periodo – commenta Rainiero Rizzini, responsabile operativo della Soreu delle Alpi –. Non si stanno registrando particolari picchi: restiamo nella norma».

Il quadro regionale è diviso in due: «Lo scenario – spiega ancora – è inversamente proporzionale a quello che è successo a marzo e aprile, sia per quanto riguarda i contagi sia per quanto riguarda le emergenze. Mentre in quei mesi la parte orientale della Lombardia ha avuto numeri fuori scala e il resto della regione ha vissuto una fase di contenimento, adesso succede il contrario, con un incremento dei casi in quei territori allora meno toccati. Naturalmente occorre prudenza: non serve ragionare sui numeri giorno per giorno, ma sul medio periodo, osservando almeno il trend settimanale. In questa prospettiva, nell’area “alpina” non si rilevano criticità».

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