Ore drammatiche sul Nanga Parbat
Alpinisti dispersi, Da Polenza in campo

L’alpinista bergamasco sta coordinando dall’Italia le operazioni in elicottero per recuperare Daniele Nardi e Tom Ballard, da domenica scorsa dispersi sulla montagna.

Il maltempo, le tensioni politiche, la burocrazia. Agostino Da Polenza, uno tosto quando si tratta di imprese, sta combattendo tutto questo da qui per riportare a casa Daniele Nardi e Tom Ballard, i due alpinisti dispersi da domenica scorsa sulle cime del Nanga Parbat, in Pakistan. La nona montagna più alta della Terra con i suoi 8.126 metri di altitudine e il secondo Ottomila per indice di mortalità.

Lo scalatore bergamasco, infatti, in una lotta contro il tempo, sta coordinando dall’Italia le operazioni di soccorso, alla ricerca di una traccia che ridia speranza sulle sorti del laziale e del suo collega inglese, probabilmente travolti da una valanga. «Nardi, in passato, aveva provato a coinvolgermi per il Nanga Parbat, ma l’ho sempre ritenuta una parete molto difficile e complessa, seppur stupenda», racconta Da Polenza, che, come in un contrappasso, ora ammette «che sono giorni che non dormo. C’è l’impegno costante, c’è il lato umano. Da quando sono stato allertato dal fratello di Nardi, mi sono subito attivato con i miei contatti in Pakistan. Siamo aggrappati a speranze piccole, è passata una settimana dall’ultima comunicazione dei due alpinisti, ma faremo di tutto perché questa speranza non si spenga».

Le operazioni

Da Polenza, che ha un ufficio a Islamabad, si è mosso su più fronti: «Ho contattato l’agenzia pakistana sul posto, davanti alle autorità locali sono loro ad avere la responsabilità di tutte le iniziative. Ho informato l’ambasciatore italiano Stefano Pontecorvo e ho parlato con il campo base, per capire le dinamiche. Poi ho iniziato a coordinare le operazioni: l’unico intervento possibile è con l’elicottero». Tutt’altro che semplice, però. Dopo un’autorizzazione eccezionale per un sorvolo che ha permesso di intravedere un lembo di tenda arancione, ecco un ostacolo dopo l’altro. La tensione in corso tra Pakistan e India, che ha portato alla chiusura dei voli; la burocrazia, con l’agenzia Askar (l’unica esistente, che fornisce gli elicotteri anche all’esercito, ndr) che ha negato i mezzi per portare il gruppo di esperti disponibili alle ricerche. Infine il maltempo, con Alex Txikon, l’alpinista basco che si è offerto di utilizzare i suoi droni ad alta tecnologia, «bloccato ancora al campo base del K2 in un’attesa snervante».

«Quando qualcuno si aggrappa a te con tutta la forza possibile per avere speranza, si lavora senza sosta e con razionalità, ma non sempre questo porta ai risultati sperati», ammette Da Polenza. Intanto soffia il vento sullo sperone Mummery, quello dov’è morto il fratello di Messner e quello che Nardi si era messo in testa di scalare, con la stessa filosofia dell’alpinista britannico da cui la roccia prende il nome: «By fair means», cioé «Con mezzi leali». In un destino che fa il suo giro e torna. Già due anni fa Nardi, classe 1976, aveva rinunciato all’ascensione del Nanga Parbat (in una spedizione, con il bergamasco Simone Moro, che per la prima volta aveva conquistato l’invernale); mentre nel 2018 proprio lui aveva coordinato i soccorsi di due alpinisti impegnati nella stessa impresa, riuscendone a salvare una. Ballard, invece, quando aveva sei anni, perse la madre Alison (prima donna ad arrivare in vetta all’Everest senza ossigeno) in montagna.

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