Orio, nel 2022 via ai lavori per il tunnel della stazione

L’anno prossimo 50 milioni d’investimenti. Il nodo dei ristori. Sanga: «Noi non ci fermiamo. E meno rumore con i nuovi aerei Ryanair».

Un anno difficile. «Ma che ci ha fatto capire che appena le condizioni diventano normali Orio torna ai suoi livelli» spiega Giovanni Sanga, presidente di Sacbo, in occasione degli auguri di Natale. In questo 2021 di ripartenza Orio chiuderà ben sopra quota 6 milioni di passeggeri, forse anche 6,5 «e da qualche mese è tornato ad essere il terzo scalo italiano». Valutazione che si riferisce ai singoli mesi da settembre in poi.

«Questo è un aeroporto che non sta fermo»: Covid permettendo, la grande incognita dei prossimi mesi, soprattutto quelli invernali. «Ma noi proseguiamo con gli investimenti: 50 milioni nel 2022 destinati al completamento dell’area cargo, alle manutenzioni e all’inizio dei lavori del tunnel di collegamento tra l’aerostazione e la futura stazione ferroviaria». E anche nelle progettazioni «di altri spazi per rendere più confortevole l’aeroporto». Potrebbero essere ricavati dove un tempo c’era l’accesso carrale, sul lato est.

«Mancano 20 milioni all’appello»

«Siamo pronti e non ci fermiamo» continua Sanga, anche se i conti non tornano: «All’appello mancano 800 milioni di ristori al settore, già stanziati dal governo in due tranche: 500 nella legge di bilancio e 300 nel decreto sostegni bis», ma oggetto di un braccio di ferro con l’Ue sul tema degli aiuti di Stato. A Orio dovrebbero arrivare in prima battuta circa 20 milioni di euro, comprensivi anche di un contributo regionale: «Nell’attesa si va avanti da soli, tutti i nostri investimenti sono autofinanziati».

Resta però «inspiegabile questa penalizzazione: ci sono settori che hanno preso i ristori pur rimanendo chiusi per poco tempo» commenta il direttore generale Emilio Bellingardi, pronto però a sottolineare come «nessun aeroporto in Italia abbia registrato tassi di ripresa simili al nostro quest’anno». Sul fronte dei bilanci il 2021 si dovrebbe chiudere con una perdita dimezzata rispetto ai quasi 20 milioni dell’anno prima: chiaro che «i ristori sarebbero una boccata d’ossigeno» rileva il presidente di Sacbo, società che resta comunque molto solida nonostante la crisi causata dal Covid.

Il rammarico per Dhl

Poi c’è il fronte ambientale che per un tratto s’intreccia anche con quello economico: «L’anno prossimo ci saranno nuovi bandi per la compensazione e mitigazione ambientale, a nostro carico. E siamo i soli in Italia ad avere avviato procedure del genere» sottolinea Sanga.

Ma all’orizzonte si attende con una certa qual impazienza il primo report semestrale sugli effetti dei nuovi aerei Ryanair che hanno iniziato a operare da luglio. «Le anticipazioni sono molto interessanti» rileva il presidente Sacbo, ricordando come i risultati attesi fossero nell’ordine «di una riduzione del 40% del rumore e del 20% del consumo di carburante». E Sanga assicura «che c’è un processo in corso destinato a produrre risultati non nel lungo o medio periodo, ma nel breve: per capirci, sta già succedendo, basta fermarsi a sentire». Anche perché Ryanair «che vale l’80% dello scalo doveva basare qui 7 Boeing 737 Max 8200, invece ne ha già messi 11» rivela Bellingardi. In pratica metà della flotta basata a Orio.

Qualcosa sta cambiando, secondo Sacbo, e anche per questo motivo «non esiste un tetto ai passeggeri o ai movimenti, ma semmai al rumore prodotto al suolo» prosegue il dg, facendo eco a Sanga che spiega come «non ci siano limiti alla crescita» in una «prospettiva nuova» frutto del fatto che «nel giro di un anno e mezzo tutta la flotta Ryanair sarà rinnovata». Fermo restando che la prima crescita è tornare ai livelli pre pandemia. Resta semmai il rammarico per l’addio di Dhl «decisione presa in passato che peserà sui bilanci» commenta Sanga ricordando come Orio fosse il terzo scalo italiano nel settore merci. «Una perdita per tutto il settore produttivo bergamasco» rimarca Bellingardi,

Anche perché «un aeroporto che smette di crescere si avvia a morire» butta lì il dg a mo’ di monito, rinverdendo una tesi cara al presidentissimo Ilario Testa. Mario Ratti, suo successore, parlava invece di «crescita per linee esterne» riferendosi all’ipotesi Montichiari. «Noi siamo disponibilissimi a lavorare con loro, il problema è che Brescia non ha il controllo dell’aeroporto: ce l’hanno i veneti» ricorda Sanga. Quindi sempre lì si rimane ad est, a terra.

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