Palermo riabbraccia il bergamasco Ettore: «Salvato dal Covid grazie a loro»

Ricoverato a Seriate durante la prima ondata Consonni si era risvegliato in ospedale in Sicilia. Ora fa visita a medici e infermieri che l’hanno guarito.

Ettore, «il sopravvissuto». Qui lo conoscono così: in questo spicchio di Sicilia che gli ha salvato la vita mentre la «sua» Lombardia era messa in ginocchio dal Covid, Ettore Consonni, ex magazziniere di Bergamo in pensione, lo conoscono tutti.

Ancora oggi, a un anno di distanza. «Sono a Palermo da domenica scorsa, ospite di due albergatori che mi hanno voluto regalare un soggiorno in Sicilia, e mentre cammino per le strade della città la gente mi ferma. Si ricordano di me, mi devono aver visto in televisione o sui giornali siciliani, e mi riconoscono, è incredibile. Ho cappello, occhiali e mascherina, eppure i siciliani mi fermano: mi abbracciano, mi fanno regali, mi vogliono portar fuori a pranzo, mi ringraziano – loro a me – per aver espresso riconoscenza a questa terra che mi ha salvato dal Covid. È emozionante vedere come, un anno dopo, ancora mi portino nel cuore».

Già, un anno dopo. La storia del magazziniere bergamasco è nota, e ha fatto il giro dell’Italia. È il marzo del 2020 quando Ettore Consonni, 62 anni, di Bergamo città (vive in zona stadio), dal Bolognini di Seriate viene trasferito d’urgenza con un volo di Stato al Civico di Palermo: sono i giorni drammatici della prima ondata, l’onda più violenta della pandemia s’abbatte sulla Lombardia, gli ospedali bergamaschi scoppiano, non c’è più un solo posto di terapia intensiva libero fra città e provincia, e Consonni – così come un’altra manciata di cittadini orobici gravemente colpiti dall’infezione da Covid-19 – viene trasferito fuori regione, nel profondo Sud della Sicilia.

A dispetto delle previsioni iniziali, tutt’altro che favorevoli, Ettore si sveglia dopo 27 giorni di terapia intensiva: fa fatica a parlare, a muoversi, e soprattutto a rendersi conto di come possa essere finito a 1.500 chilometri da Bergamo.

S’era addormentato a Seriate e quando riapre gli occhi fatica a credere di essere a Palermo attorniato da una manciata di preziosi medici e infermieri siciliani impegnati a curarlo e a fargli forza. Gli stessi professionisti con cui, dopo la guarigione, è rimasto sempre in contatto, e che ieri lo hanno voluto riabbracciare in ospedale. «Avevo promesso che sarei tornato a salutare e ringraziare chi si è preso cura di me, ed eccomi qui – racconta Consonni mentre esce, emozionato, dal Civico di Palermo –. Certo, mai avrei immaginato un’accoglienza di questo tipo. Hanno perfino organizzato un rinfresco in mio onore in ospedale e domani sera (stasera, ndr) ci rivedremo ancora, tutti insieme, per una cena in compagnia. È un momento di gioia, di grande felicità. Ma non posso non pensare, anche in quest’occasione, a chi non ha avuto la mia stessa fortuna. Sono ben consapevole di essere un sopravvissuto. E i medici, adesso, me lo hanno confermato: nessuno avrebbe scommesso sulla mia guarigione».

Ad accogliere Ettore, martedì 22 giugno, al Civico – oltre ad una schiera di giornalisti siciliani - anche il primario del reparto di Malattie infettive Francesco Di Lorenzo, che la scorsa primavera si era occupato in prima persona di quel bergamasco arrivato d’urgenza in Sicilia, fra i primi malati di Covid-19 ad essere ricoverati nel «suo» ospedale: «Con Consonni in quest’anno non abbiamo mai smesso di sentirci – racconta il primario -. Ed è inutile nascondere che anche noi siamo grati a lui. È diventato il nostro porta-bandiera, ci ha permesso di mostrare all’Italia intera quanto sappia fare anche la Sicilia. Di fronte a una malattia nuova, ci siamo ritrovati tutti uguali: non c’erano strutture o apparecchiature d’eccellenza che potessero fare la differenza. Siamo andati tutti alla vecchia, se così si può dire, curando a mani nude. E questo ci ha agevolato. Ettore ringrazia noi, ma la verità è che anche noi siciliani dobbiamo ringraziare lui». In vacanza a Palermo con la moglie Adelaide fino a domenica, Consonni – che nel frattempo si è vaccinato contro il Covid – ancora non si capacita dell’affetto che in queste ore sta ricevendo dalla città.

«È un affetto sincero, genuino, disinteressato. E soprattutto ricambiato. Ho consegnato ai medici dell’ospedale una targa con il profilo della città di Bergamo, in segno di ringraziamento. E ho già aperto a tutti loro le porte di casa, verranno in Lombardia a conoscere la nostra città. Un filo ormai ci unisce, ed è tutt’altro che sottile».

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