Rimborsopoli, condanne in Appello per cinquanta ex consiglieri regionali

Verdetti confermati, con qualche ritocco al ribasso, per una quarantina di imputati. Dieci i patteggiamenti. Quattro i bergamaschi coinvolti. «Ora in Cassazione».

La Corte d’Appello di Milano ha sostanzialmente confermato le condanne per falso e peculato nei confronti di una cinquantina fra ex consiglieri ed ex assessori regionali protagonisti, loro malgrado, della cosiddetta Rimborsopoli lombarda. Gli imputati erano 51. L’unico a uscire completamente dal procedimento, in quanto i fatti contestati sono prescritti, è stato l’eurodeputato di Fdi Stefano Maullu.

L’inchiesta ruotava attorno all’utilizzo di oltre 3 milioni di fondi messi a disposizione dallo Stato, via Regione Lombardia, per l’attività politica e istituzionale e che sarebbero stati invece impiegati tra il 2008 e il 2012 per ottenere rimborsi di varia natura . Rispetto alla sentenza di due anni e mezzo fa emessa dalla decima sezione penale del Tribunale di Milano, la Corte d’Appello martedì ha dato via libera a una decina di patteggiamenti e ha sentenziato svariate, per quanto modeste, riduzioni di pena causa prescrizione di alcune imputazioni . Il concordato sulla pena (si chiama così il patteggiamento in Appello) ha riguardato, tra gli altri, anche l’ex assessore regionale all’Ambiente della giunta Formigoni, Marcello Raimondi: l’ex esponente bergamasco del Pdl ha patteggiato un anno, sette mesi e 15 giorni di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale, contro i due anni e sei mesi del primo grado. Revocata la confisca e ridotta a un anno e sei mesi l’interdizione dai pubblici uffici.

La prescrizione di alcuni capi d’imputazione più risalenti nel tempo ha comportato una diminuzione della pena per altri tre ex consiglieri bergamaschi. È il caso di Elisabetta Fatuzzo, storica esponente del Partito Pensionati, condannata per peculato, che ha visto scendere la sua pena di 20 giorni, a un anno, cinque mesi e 10 giorni di reclusione con la condizionale. Stesso discorso per Carlo Saffioti: il medico condannato a due anni e nove mesi in primo grado per oltre 100 mila euro di presunti rimborsi indebiti ha ottenuto una riduzione di due mesi, a due anni e sette mesi, nonché la revoca della confisca di 44 mila euro. È scesa da due anni e tre mesi a due anni e due mesi la condanna a carico dell’ex consigliere regionale leghista di Sant’Omobono Terme Giosuè Frosio, al quale è stata revocata la confisca di 19 mila euro. Revoca della confisca (di 14 mila euro) anche per l’ex consigliere leghista della Valseriana Roberto Pedretti, al quale è stata infine confermata la condanna a due anni e sei mesi.

Agli ex consiglieri regionali bergamaschi sono contestati per lo più rimborsi come rifornimenti di carburante, pedaggi autostradali, spese per momenti conviviali e rinfreschi. Ma nell’elenco delle spese contestate ad alcuni fra gli altri imputati figurano regali di Natale, banchetti nuziali, vacanze sulle neve, Gratta e Vinci, acquisti di smartphone, giocattoli e vassoi di pasticcini.

Tra i nomi eccellenti condannati figurano l’attuale capogruppo della Lega in Senato ed ex consigliere lombardo Massimiliano Romeo (un anno e otto mesi); il figlio di Umberto Bossi, Renzo (due anni e sei mesi); l’ex igienista dentale di Silvio Berlusconi nonché ex consigliera regionale lombarda Nicole Minetti, che ha patteggiato un anno e un mese in continuazione con i due anni e 10 mesi inflitti per il processo «Ruby bis».

L a vicenda giudiziaria è destinata a proseguire in Cassazione . Ricorrerà sicuramente Saffioti. E non solo lui. «L’incubo continua e la sentenza della Corte d’Appello di Milano provoca un grande dispiacere e altrettanta delusione», ha dichiarato in aula poco dopo aver appreso il verdetto. «Non più tardi di due mesi fa la Corte d’Appello di Genova, dopo quella di Torino e di Bologna, aveva assolto tutti i consiglieri perché il fatto non costituisce reato. In una situazione assolutamente identica alla nostra. A questo punto, non mi si dica che la legge è uguale per tutti. Dico di più: la Corte dei Conti ha messo nero su bianco che qui non siamo davanti a spese pazze, ma a spese coerenti con l’attività politica. Spese per le quali è stato chiesto il rimborso secondo una prassi in vigore da anni. Non a caso è stato escluso il dolo».

«Sono commosso alla sentenza di Appello – ironizza il leghista Pedretti – qui se c’è una parte lesa è il sottoscritto. Per questa storia ci ho rimesso a livello personale e politico. Chi ha sbagliato è giusto che paghi, ma io ero e resto convinto della mia buona fede. Tutti i miei rimborsi sono per spese fatte nel rispetto delle direttive del Consiglio regionale e per assecondare la mia attività politica».

Gli fa eco l’ex collega di partito Frosio: «Andrò fino in Cassazione per dimostrare che io non ho fatto niente di male. Non può essere un mio problema se un pubblico ministero si alza al mattino e dice che un regolamento valido da decenni (quello che regolamentava i rimborsi, ndr) è fuorilegge. Chiedo rispetto per chi ha fatto politica sempre nell’interesse del proprio territorio. È stata ed è una brutta storia, che condiziona anche la mia attività imprenditoriale. Già, perché le banche mi chiedono ancora se sono in ballo con questo processo. In più i partiti ci hanno lasciati soli. Ma che non vengano più a chiedermi i voti».

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