Ripartenza per 50mila bergamaschi
È caccia ai termoscanner per la febbre

Cinquantamila: è questa la stima degli addetti che lunedì 18 maggio tornano al lavoro nella nostra provincia. Ma non tutti sono attrezzati per provare la temperatura.

Per tanti, soprattutto per i piccoli imprenditori, il clima è quello da notte prima degli esami. Attendono decreti e ordinanze come gli studenti fanno con le tracce d’esame; al posto dei libri da studiare, ci sono invece protocolli e linee guida. L’ultimo ripasso? La ricerca del termoscanner. E proprio come per la maturità, attese e apprensioni paiono senza fine. Con la fase «due-bis», quella che riguarda soprattutto commercio, ristorazione e servizi alla persona, in Bergamasca tornano al lavoro 50 mila addetti; in totale, in Lombardia lo «sblocco» riguarda 700 mila addetti, di cui più della metà (380 mila circa) tra Milano e provincia. Complessivamente, da oggi in regione lavoreranno «fisicamente» 2,7 milioni di persone, a cui si aggiunge un altro milione che prosegue lo smartworking; in sospeso restano invece ancora 300 mila lavoratori.

Soprattutto per i titolari delle attività, è stata una domenica di preparativi. Con margini di incertezza però non indifferenti: «A metà pomeriggio (il testo è arrivato in serata, ndr), manca ancora il testo del Dpcm che ha valore nazionale e l’ordinanza di Regione Lombardia – è il punto tracciato da Oscar Fusini, direttore di Ascom Bergamo -. Siamo ancora alla politica degli annunci, peraltro con orientamenti spesso altalenanti nel corso degli ultimi giorni». «Notte prima degli esami? Sì, però solitamente negli esami si conoscono le regole – replica Cesare Rossi, vice-direttore di Confesercenti Bergamo -. C’è un’attesa irreale, poco rispettosa per cittadini e imprenditori».

Rincaro termoscanner

Tema caldo, alla luce degli annunci di Regione Lombardia, è la questione dell’obbligatorietà della misurazione della temperatura per i dipendenti e per i clienti di alcune tipologie di attività, in primis i ristoranti. Se il principio di prevenzione non si discute, la questione operativa è ben diversa: i termoscanner sono praticamente introvabili. Come si fa, allora? «I ristoratori stanno diventando matti per procurarseli – sottolinea Fusini -. Non solo sono aumentati di prezzo, ma sono proprio introvabili. Il principio del provvedimento ha senso, sia chiaro: mettiamo in discussione il fatto che l’obbligatorietà venga ufficializzata il giorno prima della riapertura, quando è risaputa la difficoltà di approvvigionamento. Lo stesso vale anche per i guanti in nitrile per i negozi di abbigliamento». «La reperibilità dei termoscanner è un problema rilevante: La prevenzione è importante, anzi fondamentale, ma gli imprenditori non riescono ad acquistare questi strumenti», conferma anche Rossi.

Ma c’è chi non riapre

Da lunedì scatta comunque una boccata d’ossigeno per molti: «Almeno un esercizio su dieci però non riaprirà, perché è senza i mezzi economici per farlo – segnala Fusini -. Per bar e ristoranti, si pensa che tre locali su dieci chiuderanno durante l’anno. Chi potrà, comunque, riaprirà: alle spalle ci sono mesi di asfissia finanziaria, per molti l’obiettivo è aprire quantomeno per pagare le spese. A fine estate e a fine anno si faranno i veri conti del prezzo pagato in questa emergenza dal nostro settore». «Delle linee guida nazionali, ci piace il messaggio di responsabilizzazione di cittadini e imprenditori – aggiunge Rossi -. Sicuramente però la ripartenza non è facile: il nostro ufficio studi nazionale stima che sei imprenditori su dieci hanno dubbi sulla riapertura. Da un lato, la prudenza di chi non apre perché non si sente pronto rispetto alle indicazioni fissate da governo e regione, da un lato fa capire la responsabilità degli imprenditori: non c’è solo il dio denaro. Dall’altro lato, però, non è possibile che testi di decreti e ordinanze arrivino solo la sera prima della riapertura».

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