«Siamo libri che si aprono e raccontano»
Con la voce Tiziana rinasce dal dolore

In biblioteca legge per bimbi e adulti, narrazioni che per lei significano un percorso di vita.

Leggere agli altri è come raccontare un po’ se stessi. E quando ti resta solo la voce, quando quel suono squillante ti dimostra che c’è ancora una speranza per risalire la china, leggere agli altri è come riallacciare ponti, risalire strade scoscese. Tiziana Ferguglia, quando la si incontra alle letture del Circolo dei Narratori di Bergamo, spicca nel gruppo. Sarà la massa di capelli arruffati, con due occhi curiosi e osservatori che spuntano dalla folta frangia, sarà l’attenzione che mette nelle riunioni di gruppo, nel prepararsi su ogni testo, favola, poesia che legge e rilegge. Non manca a un incontro, non perde occasione per dire la sua e se quelle righe non le entrano dentro, chiede di cambiare brano, di rimodulare la presentazione, di ascoltarlo da un’altra voce.

Il Circolo dei Narratori di Bergamo è una rete che si tesse giorno per giorno, con uomini e donne che intrecciano le loro storie a quelle dei libri che vanno a scoprire attraverso le proposte di Candelaria Romero, ideatrice del progetto che è stato avviato dal Sistema bibliotecario urbano di Bergamo con l’associazione «Il Cerchio di gesso», un’iniziativa che permette a tutti i cittadini che desiderano sperimentare l’arte della narrazione di diventare volontari narratori nelle biblioteche. Proprio Candelaria è l’attenta insegnate dei corsi che preparano ogni anno i narratori, a sostegno delle parole che escono dalle loro voci e delle storie che si dipanano da quelle pagine sfogliate. Ci sono a Bergamo sette circoli, dislocati nelle biblioteche cittadine. Il più grande è quello della Caversazzi, segue a ruota la Pelandi; il più piccolo alla biblioteca di Colognola.


La malattia

Tiziana ha 62 anni, vive in centro a Bergamo e nel 2016 una cara amica la va a trovare a casa con un ritaglio de «L’Eco di Bergamo»: «Il Circolo dei Narratori cercava nuovi lettori, a breve sarebbe partito un corso» ricorda. La sua vita in quel periodo era scombussolata dal dolore e dalla malattia: «Da tre anni entravo e uscivo dagli ospedali: prima una doppia trombosi, poi un incidente in moto e alla fine la sfida più dura: un cancro al seno». Tiziana incontra la malattia con quell’anticipo che nasce dalla prevenzione e spesso dai dolori vissuti in famiglia: «Mia madre e mia sorella sono morte di tumore al seno: da questi lutti i controlli annuali sono stati la routine, che a me ha salvato la vita». Nel marzo del 2014 alle Cliniche Castelli le telefonano dopo la mammografia e la avvisano che servono accertamenti: «Era piccolo e cattivissimo. Subito l’intervento, la chemioterapia e la radioterapia all’ospedale di Bergamo». Mesi faticosi, dolori e solitudine. «Ero completamente distaccata dal mio corpo: era come se non rispondesse alla mia testa. Oltre ai dolori, c’era come la fatica ad affrontare ogni piccola cosa e il mio corpo non voleva reagire, la mia testa andava al rallentatore e i ricordi erano diventati ovattati».

L’articolo de L’Eco

La sua amica le offre una via d’uscita, una valvola di sfogo: «Mi ha dato l’articolo de “L’Eco” e mi ha detto che in fondo la voce mi funzionava, e molto bene, e con quella potevo fare ancora grandi cose». Uno stimolo alla reazione, un escamotage che solo una persona vicina al cuore può usare. Un’occasione per uscire di casa: «Con i dolori del mio corpo, le mie gambe così stanche, sono finita in quest’avventura. Ed era vero: avevo la voce». Che Tiziana ha sempre usato molto: «Per presentare da molti anni il gruppo folkloristico i Gioppini di Bergamo e, ancora oggi, vari appuntamenti e manifestazioni per il Ducato di Piazza Pontida. Amo farlo, mi piace narrare storie che vanno a raccontare anche di altre persone, così come uso la voce in un coro gospel rock dove mi sono messa in gioco, l’Henry’s Friend Choir. Per comunicare, non solo attraverso i libri» spiega. Al lavoro lo dimostra appena può: impiegata all’Inps nella sede di viale Vittorio Emanuele, spesso e volentieri sostituisce le colleghe allo sportello: «C’è chi mi prende per pazza, ma anche quelle sono storie, di una quotidianità che ci appartiene» sorride.

Le favole

Ed eccola Tiziana, che legge ai bambini così come agli adulti, e lo fa con la specificità di chi in quelle storie ci mette la sua passione. Di bambina che giocava sola a palla in un cortile di via Tasso e nella biblioteca della classe, alla scuola Locatelli, divorava i libri in prestito. «Favole di principesse, c’erano quelle dei Fratelli Grimm e poi, la mia preferita, Pollicino. Ho imparato a leggere con la Tv dei Ragazzi: cercavo sulla guida della televisione i programmi per bambini e così ho iniziato a riconoscere le prime letterine e a sillabare le parole». Un’infanzia dura la sua, con la separazione dei genitori capitata con lei bambina 12enne, un padre di cui ricorda grida e disinteresse, una mamma che di storie non ne ha mai raccontate alle figlie. «C’era mia sorella Biancamaria, più grande di 13 anni – ricorda -: la malattia me l’ha portata via e mi erano rimasti i suoi libri di storie fantastiche, di animali e fate. Nel solaio della mia vecchia casa l’umidità li ha sbriciolati». Poi c’è Tiziana madre single e le storie raccontate ai suoi figli, Alan e Valentina, ora trentenni. «La malattia mi ha portato via tanti ricordi, tante emozioni, ma ora alla biblioteca Caversazzi leggiamo ogni lunedì le “Storie del cuore”: narrazioni che per noi hanno significato percorsi di vita. Sono il nostro passato, la bellezza del nostro essere quello che siamo. Leggere ai più piccoli è quindi per me un po’ come tornare mamma, ma anche figlia. È come esorcizzare quella bambina che sono stata e gratificarmi per la donna che sono».

Domani legge Pinocchio

Il 15 ottobre leggerà un brano tratto da Pinocchio: «Quel burattino ne ha viste tante, ne ha combinate tante. E poi c’è Pollicino: la storia inizia male ma finisce bene e l’amore tra fratelli trionfa» sorride Tiziana. E proprio come questi personaggi anche lei di strada ne ha fatta tanta: «A pensarci bene, la bellezza del leggere agli altri è questa: con chi ci ascolta, vivi avventure, fai passare emozioni e offri chiavi di riflessioni. Fantastichi e rendi speciali parole incredibili. E c’è sempre qualcuno che ti dice grazie». Che non è così scontato, tanto che Tiziana il grazie lo dice a quel gruppo di narratori che con lei ogni mese si incontra, prova letture, sceglie brani, beve un tè e racconta storie in Caversazzi. C’è Candelaria Romero, ma ci sono anche le bibliotecarie Simona Belingheri e Nora Gamba. Insieme di storie ne hanno raccontate e ogni narratore avrebbe la sua: «Come tutti, ma il gruppo sa anche essere silenzioso e sa ascoltare la vita degli altri. Senza giudizio, con la bellezza di un sorriso e il continuo confronto tra persone diverse, per età, professioni, passati. E poi impagabili sono i sorrisi dei bambini, quando ascoltano meravigliati, e i sospiri lenti e silenziosi degli adulti, durante le letture più impegnate».


Quella lettura emozionante

Ce ne saranno molte in questa stagione di parole, Tiziana ricorda ancora la sua prima emozionante lettura durante la Giornata della Memoria del 2017, una narrazione corale alla biblioteca Mai: «La voce non ha tremato, il cuore batteva forte, ma io sono rinata. In quell’occasione avevo letto degli stralci di “C’è l’amore nel ghetto” di Marek Edelman e ho amato quelle righe che rileggo ancora oggi». E poi ricorda i sorrisi complici «quando con Monica Testa, “collega di letture” abbiamo giocato con le rime di Cappuccetto Rosso di Piumini oppure quando con i ragazzi del Cre la scorsa estate abbiamo trascorso una mattinata di lettura nel giardino della Tiraboschi». È rinata Tiziana, tra filastrocche per piccoletti e letture d’amore, poesie in bergamasco, pezzi di vita. Incroci di storie: «Leggere copre le fatiche e le ferite, asciuga la solitudine, crea reti» spiega. E lo sottolinea. «Devo trovare un feeling con quello che narro: senza, non leggo. Mi piace essere consigliata e mi piace ascoltare le narrazioni degli altri: siamo libri che si aprono». A Tiziana ora è stato proposto di leggere anche alle biblioteche di Valtesse e Colognola, oltre che alla Tiraboschi. «Perché no» ha pensato lei, e spiega anche il motivo: «Di storie ce ne sono a migliaia. E a me la voce non manca».

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