Studio sul Sars-Cov2 al «Papa Giovanni»
Il virus nella placenta trovato a Bergamo

Il Sars-Cov2 può passare dalla mamma al bambino, attraverso la placenta. Sono casi molto rari ma studi scientifici hanno dimostrato la presenza del virus, e i primi ad averlo visto, attestato con strumenti scientifici, e pubblicato sono stati i medici dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

Il primo lavoro di ricerca, che è stato pubblicato a maggio sull’American Journal of Ginecology, vede le firme della ginecologa Luisa Patanè, responsabile dell’Unità Materno fetale, della biologa Denise Morotti, dei ginecologi Monica Rosaria Giunta, Cristina Sigismondi, Maria Giovanna Piccoli, di Luigi Frigerio, direttore del Dipartimento Materno infantile, e di Giovanna Mangili, direttore della Patologia Neonatale, del microbiologo Marco Arosio, della Biobanca diretta da Annapaola Callegaro, e dell’anatomopatologo Giorgio Cornolti: dal 5 marzo al 21 aprile sono stati studiati 22 bambini nati in ospedale da donne positive e di questi due sono risultati positivi al virus. Il primo, un maschietto, nato da parto naturale (la mamma durante il travaglio ha sempre tenuto la mascherina, ha allattato, è stato evitato il contatto pelle a pelle dopo la nascita, è stato praticato il rooming in) è risultato positivo immediatamente dopo il parto ed è sempre stato bene. Il secondo caso, una bimba, nata con taglio cesareo, è stata immediatamente separata dalla madre, inizialmente negativa la piccola è risultata positiva al 7° giorno, senza mai essere entrata in contatto con la madre, ed è sempre stata bene.

«Abbiamo seguito sin dall’inizio della pandemia donne incinte che erano positive, e non si era mai esclusa la possibilità che ci potesse essere un passaggio verticale del virus da madre a figlio. Si era pensato al sangue, all’utero. Davanti ai due casi di bimbi positivi abbiamo deciso di approfondire l’esame delle placente – rimarca Luisa Patané –. La placenta è come una spugna, da dove passano i nutrimenti da madre a figlio, ed era possibile che il virus, molto piccolo, passasse sul lato fetale. Lo abbiamo dimostrato con un’analisi estremamente raffinata, grazie al lavoro dei biologi e degli anatomopatologi, che ha permesso di isolare l’Rna del nuovo coronavirus. Questo dato non deve però far spaventare le future mamme: abbiamo constatato che i neonati non si ammalano, anche se contraggono il virus, e le mamme positive che abbiamo seguito e studiato, circa un’ottantina fino a oggi, compresi gli studi successivi, hanno avuto parti tranquilli, e decorsi della malattia senza particolari complicazioni. Quasi tutte sono state asintomatiche, quelle che hanno sviluppato la malattia non hanno avuto decorsi preoccupanti. Su 80 mamme esaminate a oggi, solo due sono stati i neonati positivi. Aver isolato il virus nella placenta è importantissimo: ci permette di avere dati ulteriori sul comportamento del Sars-Cov2, ci aiuta nello sviluppare metodiche dopo il parto, per la madre e per il bambino».

L’importante risultato ottenuto dai medici e dai biologi dell’ospedale Papa Giovanni è stato possibile anche grazie a tecnologie sofisticate. «Per isolare il virus è stata usata una tecnica che era già stata applicata nel 2012 per la Sars, sostituendo la sequenza virale con quella di Cov2. La chance in più che noi avevamo era quella di poter contare su una macchina che dopo la visualizzazione in situ della sequenza ci permette di amplificare la molecole dell’Rna virale fino a 90 mila volte; in questo modo si riesce a focalizzare la presenza del virus direttamente nelle cellule e nei tessuti – illustra la biologa Denise Morotti – . Il lavoro di ricerca ci ha portato a stoccare le placente delle puerpere e in alcuni casi sospetti di arrivare poi a esaminare attraverso questa tecnologia i tessuti interessati. È stato fondamentale il lavoro con l’anatomopatologo: l’importanza di questa visualizzazione in situ sta proprio nel fatto che riuscendo a evidenziare sul lato placentare del bambino la presenza del virus si dimostra in modo incontrovertibile il passaggio verticale. Una visualizzazione, questa in situ nella placenta, che ha visto il Papa Giovanni primo al mondo in questo importante passo della ricerca. Visualizzazioni in situ sono state fatte già per altri organi, come i polmoni in primo luogo, per esempio, ma non era mai successo per la placenta».

La casistica dello studio è stata ripresa poi il 30 luglio su Archives of Pathology and Laboratory Medicine, dove gli autori (primo firmatario David Schwartz del Medical College of Georgia di Atlanta e ultimo firmatario appunto Luisa Patanè, e con lei firma anche la biologa Denise Morotti ) analizzano gli studi finora fatti sulla trasmissione del virus in gravidanza, tra cui quello di maggio del Papa Giovanni. Le conclusioni degli autori indicano che la maggior parte dei neonati non sono infettati dal virus (217 quelli nati da donne Covid positive riportati in letteratura), la trasmissione verticale è quindi rara; si rimarca che è importante analizzare la placenta: trovare il virus nelle cellule fetali della placenta è altamente indicativo della trasmissione verticale dell’infezione. Altrettanto importante è identificare i meccanismi di trasmissione virale neonatale perché da ciò deriveranno le indicazioni per la gestione delle donne in gravidanza, dalla eventuale scelta del cesareo, all’isolamento dei neonati, fino alle modalità dell’allattamento.

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