Tar e zona rossa in Lombardia
Giovedì l’udienza sul ricorso

Forse subito una risposta sulla sospensiva. Saltata la trattativa Regione-Governo per un’intesa.

Definirlo mezzogiorno di (rosso) fuoco è persino scontato, praticamente automatico. Ma del resto è a quell’ora che giovedì al Tar del Lazio è fissata l’udienza per il ricorso della Regione Lombardia contro il Dpcm (e l’ordinanza successiva) che ci ha messo in zona rossa. Il primo obiettivo dei ricorrenti è ottenere un provvedimento d’urgenza di sospensione del decreto così da tornare in zona arancione. Richiesta che verrà trattata da un giudice monocratico nell’attesa dell’eventuale conferma o meno del provvedimento da parte del Tar in formazione collegiale, ovvero a tre componenti, nei giorni successivi.

I più ottimisti prevedono una decisione già nella giornata di giovedì, ed è possibile, considerando i tempi strettissimi della questione: la Lombardia sarà difatti in zona rossa fino al 31 gennaio, come da ordinanza del ministro Roberto Speranza, quindi di tempo per decidere ce n’è davvero poco, pena il rischio di emettere un provvedimento di fatto inutile, calendario alla mano.

Nel ricorso, appoggiato da Coldiretti Lombardia, la Regione chiede la sospensione dell’ordinanza, ma contesta in primis i criteri che determinano la divisione in zone alla base del Dpcm, ritenuti non adatti all’evoluzione del contesto epidemiologico. Un rilievo, in verità, avanzato più volte da numerose Regioni in occasione dei confronti con il governo.

Via il ricorso e pure l’ordinanza

A proposito di confronti più o meno sotterranei: fonti del ministero smentiscono l’esistenza di una trattativa con la Regione per evitare lo scontro in cambio di un ritorno in arancione già da domenica. «Esistono solo dati, procedure e norme che regolamentano la collocazione in una delle fasce. Le misure sono state prese sulla base di documenti tecnici e scientifici e non sono derogabili» spiegano. Ergo, la Lombardia resta in zona rossa fino al 31 gennaio come da ordinanza, salvo decisione del Tar. In realtà la trattativa c’è stata, eccome, ed è confermata dall’assessore regionale allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, nell’intervista a fianco, laddove spiega che «Fontana ha chiesto al governo di ritirare l’ordinanza per evitare il ricorso al Tar». Il classico «do ut des» che non ha però avuto seguito.

Le ragioni della Regione

E non è forse un caso che dopo aver quasi protetto il testo del ricorso preparato dallo studio legale Quorum di Milano e depositata al Tar martedì, nel pomeriggio di ieri a situazione ormai insanabile, la Regione abbia diffuso quegli stralci utili a definire la propria posizione: «Per quanto non sia certamente intenzione dell’amministrazione regionale sottrarre il proprio territorio alle più idonee misure di prevenzione e contenimento del contagio (che costituiscono presidio ineludibile a tutela della salute di tutti i cittadini), quelle - illegittimamente - disposte con l’ordinanza impugnata costituiscono un vulnus gravissimo (ed ingiustificato) al tessuto economico, sociale e produttivo della Regione: la classificazione nell’ambito della zona rossa preclude infatti, come noto, lo svolgimento di una vastissima platea di attività» si legge.

Da qui la richiesta di sospendere l’ordinanza «con cui la regione è stata inserita in zona rossa e anche il Dpcm del 14 gennaio 2021 nella parte in cui definisce i criteri per la classificazione di zona arancione e zona rossa così come il Decreto ministeriale 30 aprile 2020 sul monitoraggio e di ogni altro atto ad essi presupposto, conseguente o comunque coordinato o connesso».

E tra i motivi c’è il fatto che «incredibilmente, nell’ambito di tale valutazione di rischio, il dato dell’incidenza settimanale (ossia del numero di nuovi contagi ogni 100.000 abitanti) - che è fortemente indicativo della progressione dell’epidemia in quanto restituisce un’idea del numero di possibili vettori di infezione che prescinde dal dato dei sintomatici e che permette di effettuare una prognosi veritiera sulla pressione cui il sistema sanitario sarà sottoposto nelle settimane successive - non assume alcun rilievo o, comunque, assume un rilievo del tutto recessivo rispetto all’indice di trasmissibilità Rt».

Quindi cosa può succedere oggi? Se la sospensiva viene concessa si torna in zona arancione nell’attesa del pronunciamento dei giudici che non si annuncia comunque immediato e che rischia di arrivare vicino al 31 gennaio. Nel caso venisse respinta bisognerebbe attendere il nuovo esame dei dati delle regioni, ma non quelli di domani, bensì di venerdì 29 perché la normativa prevede che la permanenza in una zona duri almeno due settimane. Si può derogare ad una ma solo in caso di peggioramento e non miglioramento. In sostanza, nel giro di una settimana (come nel caso della Lombardia) si può passare da arancione a rossa ma non viceversa. Ma l’ultima volta, a novembre, di settimane ne erano servite 3 per tornare in arancione: 2 di discesa dal 6 al 20 e una successiva di osservazione.

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