Trecento donatori di plasma in 3 mesi
Covid, la nuova cura va in tutta Italia

Cresce il ritmo delle donazioni di plasma iperimmune per curare i malati di covid all’ospedale Papa Giovanni. «La scorta va incrementata, chi è guarito si faccia avanti».

Quarantacinque minuti circa. Tanto dura quella procedura, all’apparenza assolutamente di routine. L’essenza, però, è che anche questa donazione è un’arma in più per affrontare la seconda ondata del Covid: per aiutare nella guarigione, per affrontare il virus con uno strumento che a marzo e ad aprile – quando quest’ospedale era la trincea più grande – non c’era. All’ospedale Papa Giovanni XXIII nelle ultime settimane il ritmo delle donazioni di plasma iperimmune è aumentato sensibilmente, così come l’uso. Perché anche questa è una risposta per i pazienti alle prese con la malattia.

Già 300 donatori

Da quando il sistema è stato approntato, cioè da fine aprile-inizio maggio, circa trecento persone hanno iniziato a donare nell’ospedale cittadino quella parte del sangue che permette di trasferire passivamente gli anticorpi a un malato. Molti di questi trecento donatori – persone che sono guarite e si sono «negativizzate» dal Covid, sviluppando appunto gli anticorpi – hanno poi donato più volte, creando così una «banca» che permette di curare i malati dell’ospedale cittadino ma non solo, perché quel plasma entra in una «rete» più ampia che porta anche a strutture fuori provincia e fuori regione. «Dagli ultimi giorni di aprile abbiamo iniziato a lanciare una call, e poi delle comunicazioni via mail, per chiedere la disponibilità alle persone che avevano superato la malattia per donare il proprio plasma iperimmune», ricorda Anna Falanga, direttrice del Dipartimento interaziendale di Medicina Trasfusionale ed Ematologia della provincia di Bergamo, «e di telefonate ne abbiamo ricevute tantissime». Talmente tante che si dovette rimodulare il sistema per raccogliere tutte queste disponibilità, passando dalle chiamate alle mail. Si è così lavorato a «imbuto», per filtrare quelle disponibilità che purtroppo non avevano i requisiti – per esempio, per problemi pregressi di salute – e individuare i donatori adatti. Le duemila mail ricevute tra maggio, giugno e luglio hanno portato a circa 500 visite di persona, da cui poi si è arrivati ai 300 donatori.

Distribuito in tutta Italia

Dalla tranquillità dell’estate, si è poi arrivati alle settimane più intense che si vivono ora. Per questo, adesso, il plasma iperimmune serve più che mai. «Abbiamo lavorato tutta estate continuando a raccogliere le donazioni dei volontari con un buon titolo anticorpale. Abbiamo una buona scorta, ma già da settembre abbiamo cominciato a utilizzarlo con più alta frequenza – prosegue la dottoressa Falanga –. Non solo per Bergamo e provincia, ma anche oltre, perché la struttura regionale di coordinamento per le attività trasfusionali è interpellata anche da altre regioni, e dunque le nostre donazioni sono arrivate in tutta Italia. Questa è una possibilità di cura che nella prima ondata non avevamo».

Ora, con l’emergenza che si fa di giorno in giorno più critica, con l’afflusso continuo di pazienti, «abbiamo cominciato a richiamare i donatori, e stiamo anche diffondendo ulteriormente l’indirizzo mail a cui si può rivolgere chi ha avuto la malattia ed è guarito sviluppando anticorpi», aggiunge la specialista, ricordando la casella [email protected].

Chi può donare

Può donare chi ha tra i 18 e i 65 anni e rispetti i parametri di salute fissati dall’ospedale; la fascia più numerosa di donatori è quella che va dai 50 ai 60 anni (giocoforza, anche perché questa è una delle fasce d’età più colpite nella prima fase, al di sotto del «limite» fissato per la donazione), con una maggioranza di donne. Quaranta-45 minuti la durata della donazione (un’ora con tutti i preparativi e il post), tramite la «classica» macchina da plasmaferesi; viene prelevato solo il plasma (600-700 ml), il resto del sangue «torna» al donatore. Il Papa Giovanni è inserito all’interno del protocollo nazionale «Tsunami», acronimo di «TranSfUsion of coNvalecent plAsma for the treatment of severe pneuMonIa due to Sars-CoV-2», attivato su indicazione del ministero della Salute e promosso dall’Istituto superiore di sanità e dall’Aifa, e sta per essere incluso in un altro studio guidato dall’Iss: a un certo numero di pazienti sarà somministrata solo la terapia standard, ad altri pazienti invece sarà dato anche il plasma iperimmune, per approfondire ulteriormente questa cura. Uno degli interrogativi più importanti è per esempio la durata degli anticorpi. «È molto variabile – spiega Anna Falanga –. La ricerca prosegue ancora: ci sono persone in cui persiste un livello di anticorpi ben rilevabile a lungo, altre in cui scompare prima o è su livelli molto bassi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA