«Un Natale sobrio per tutelarci
Dopo le festività si torna alle zone»

Il sottosegretario alla Salute Sandra Zampa conferma l’intenzione di non prorogare il lockdown. «Provvedimenti rigorosi ma equilibrati». L’enorme sfida della campagna vaccinale. Bergamo esempio per il Paese.

A Bergamo era capitata nel pieno della prima ondata, lo scorso 2 aprile. Assieme al presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli, Franca Zampa, sottosegretario alla Salute, aveva accompagnato trenta medici volontari destinati a combattere il Covid sul suo fronte più duro, quello di Bergamo appunto. Molta emozione e poche eloquenti parole: «Il dolore attraversa il cuore», era stata la sintesi. Da allora sono trascorsi quasi nove mesi e, nonostante la tregua estiva, la battaglia in autunno si è riaccesa ed estesa a molte altre province, praticamente all’Italia intera. Aggiungendo dolore a dolore, ma anche una grande speranza, la campagna vaccinale che sta per prendere il via, e un nuovo inquietante capitolo: quello della «variante inglese» del virus.

Onorevole Zampa, partiamo da qui: quanto vi preoccupa questa novità che sembrerebbe in grado di aumentare il contagio in maniera esponenziale?

«Il ministero sta seguendo con la massima attenzione l’evoluzione dello scenario e il blocco immediato dei voli dall’Inghilterra di domenica ne è la conferma. Sul fronte scientifico arrivano però rassicurazioni: questa versione del virus non sembra svilupparsi in forme più gravi di quelle precedenti nei pazienti che ne sono aggrediti, anche se il dato più allarmante resta la capacità di contagio decisamente superiore. Alla luce di questo risultano ancora più importanti, anche se dolorose, le regole del distanziamento sociale, oltre naturalmente all’uso della mascherina. La capacità di dire no agli incontri anche dei parenti più stretti, può sembrare uno sgarbo, ti fa sentire in colpa, ma in questo momento è in realtà la vera misura dell’affetto».

I virologi sembrano abbastanza allineati: la variante inglese non dovrebbe inibire il vaccino: voi che riscontri avete?

«È così e questo è l’elemento più rassicurante che non inficia la prima vera buona notizia del 2020: l’avvio della campagna vaccinale. Cominceremo con medici e infermieri, la prima dose sarà somministrata a un operatore sanitario dello Spallanzani, e non poteva essere diversamente: partire da loro, oltre che saggio, è un atto dovuto visto e considerato il prezzo che sono stati costretti a pagare nei mesi scorsi».

Si parla di 20 milioni di italiani vaccinati entro l’estate, un’impresa enorme: non vi spaventa?

«Devo dire che quando ho ascoltato il ministro Speranza esporre il piano vaccinale nei suoi dettagli, pur conoscendolo già, mi sono molto emozionata proprio perché ho colto in maniera netta le gigantesche dimensioni di questa sfida».

Eppure qualche problema si sta già profilando all’orizzonte: dai ritardi di Regioni e aziende sanitarie al bando dei 15 mila infermieri e medici che dovranno occuparsi della somministrazione destinato a concludersi solo a gennaio.

«Sono convinta che piccoli e grandi ostacoli non mancheranno, ma sono anche convinta che li supereremo perché è stato tutto ben pianificato. Il reclutamento di nuovi operatori sanitari, ad esempio, sarà fondamentale soprattutto nella seconda fase, quella che partirà con la fornitura di Moderna, nella prima destinata a medici, infermieri e Rsa, la somministrazione sarà organizzata internamente agli ospedali, oltre che con il contributo dei medici del territorio».

Per quale ragione avete optato per la non obbligatorietà?

«Imporre il vaccino per legge avrebbe contribuito a confondere ulteriormente l’opinione pubblica e ad alimentare i dubbi nelle persone che già ne nutrono. Col risultato di determinare un danno ulteriore. Agli stessi dubbi si può dare invece una risposta scientifica. La campagna vaccinale rappresenta una grande occasione in questo senso: quella di una importante riflessione, che coinvolga anche e soprattutto i giovani, sul mondo della scienza e della ricerca per contrastare la cultura anti-scientifica che negli anni è andata rafforzandosi. E i risultati che si sono ottenuti sui vaccini, ma anche con gli studi sull’anticorpo monoclonale in dirittura d’arrivo e curati proprio da un ricercatore italiano, rappresentano lo strumento più efficace per farlo».

Veniamo al Natale: ha vinto veramente la linea rigorista all’interno del governo o le misure adottate sono il frutto di una mediazione con quanti erano schierati sul fronte opposto?

«A me sembra che siamo riusciti a ottenere una misura rigorosa e al tempo stesso equilibrata. Il decreto ha rappresentato un punto molto alto di incontro tra l’esigenza di tutelare la salute e le istanze economiche e sociali. La priorità resta il rispetto del principio di massima precauzione che tutela la salute come un bene della comunità e a cui il Governo si è sempre ispirato, senza però trascurare le richieste che arrivavano dal tessuto economico e la vita delle persone. Chiaro che il senso è uno solo: più si sta a casa e meglio è. Sono allibita dagli atteggiamenti e dalle affermazioni che invitavano ad approfittare degli ultimi giorni di zona gialla per fare tutto quello che non sarebbe più stato concesso nei giorni seguenti. Non è che il 23 il virus è sospeso e il 24 riparte, purtroppo è sempre presente e approfitta proprio dei nostri comportamenti per diffondersi. Ci saranno altri Natali per recuperare l’allegria consueta, in questo momento ciò che conta è la serenità che deriva dall’aver fatto tutto il possibile per proteggere se stessi e gli altri. Il tema posto dalla pandemia è proprio questo: da un lato la fragilità del rapporto tra uomo e natura, dall’altro la tutela della vita delle persone come priorità, come esigenza che viene prima di qualsiasi altra cosa».

In molti lamentano però che a questi provvedimenti si sia arrivati un po’ tardi e, soprattutto, disorientando i cittadini?

«Se è così naturalmente ci dobbiamo scusare, vorrei però sottolineare in maniera forte come le decisioni dovessero essere supportate e suffragate dai dati che sono in continua evoluzione. I numeri della cabina di regia che hanno confermato l’esigenza di adottare le misure sono arrivati lo stesso giorno in cui è stata presa la decisione definitiva. Ripeto: credo che anche il tentativo di mantenere un minimo di normalità nelle vite dei cittadini abbia un suo valore».

Non è stato un po’ come sconfessare la strategia delle zone e dei colori?

«No, perché le tre fasce erano state pensate per la normalità, mentre le feste non lo sono. Si tratta di un periodo eccezionale in cui i cittadini hanno molto più tempo libero a disposizione, per di più quest’anno accompagnato anche da diversi ponti».

Eppure il presidente del Consiglio aveva invitato gli italiani a fare sacrifici proprio per «salvare il Natale»...

«La serenità è una categoria dello spirito che si può comunque coltivare. La curva avrebbe potuto decrescere maggiormente, invece a un certo punto si è fermata e le festività si sono presentate come un potenziale moltiplicatore del virus difficile da affrontare con numeri del genere. Colgo nell’opinione pubblica una grande sofferenza e la capisco. Non bisogna però trascurare l’eccezionalità di ciò che stiamo vivendo».

A gennaio il governo intende tornare al sistema delle zone, Walter Ricciardi, che è un vostro consulente, però ha già chiesto un lockdown più lungo: lo state effettivamente valutando?

«Assolutamente no, il 7 gennaio termineranno le misure natalizie e si tornerà al sistema delle zone. Ovvio che dovremo sempre e comunque valutare i nuovi dati».

Veniamo a Bergamo: le ferite lasciate nella nostra provincia le conosciamo tutti purtroppo. Cosa ci ha insegnato questa vicenda?

«La visita della scorsa primavera assieme al professor Locatelli ha davvero lasciato un segno indelebile. Come dissi all’epoca, mi ha toccato il cuore. Credo che quel senso di sospensione della vita e quel silenzio resteranno per sempre. Da questo punto di vista Bergamo è un’immagine molto nitida di quanto valga e di quanto preziosa sia la tutela della salute. Un monito perché ciò che è capitato alla vostra provincia non accada più».

A proposito del dramma che ci ha investito: ci sono anche aspetti - come la famosa zona rossa e il piano pandemico - su cui la magistratura sta indagando: sono stati fatti degli errori?

«Quello che posso dire è che il ministro Speranza, d’intesa con il suo staff, ha avviato una verifica interna su tutti gli atti amministrativi relativi a questa vicenda ed è giusto attenderne gli esisti prima di esprimersi. Così come è giusto che la magistratura porti a termine il suo lavoro».

Cosa si sente di augurare ai bergamaschi per Natale?

«Vorrei soprattutto esprimere la grande ammirazione nei vostri confronti. Ho potuto toccare con mano com’è stato realizzato e in che tempi l’ospedale in Fiera; ho visto con quale coraggio, forza e spirito di solidarietà avete affrontato il dramma che vi ha investito. Credo che questo sia un autentico insegnamento per l’intero Paese».

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