Una scuola speciale con lezioni all’aperto
La forza del gruppo batte i limiti: voto 10

Il successo delle passeggiate a difficoltà crescente per un gruppo di allievi con disabilità dell’Istituto Mamoli.

«La montagna - scrive Paolo Cognetti - non è solo nevi e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all’altro, silenzio, tempo e misura». Per andarci bisogna camminare, imparare a orientarsi, osservare e riconoscere i luoghi, scegliere l’abbigliamento adatto, sopportare l’esercizio, la fatica. I veri montanari sanno che ci vogliono anche attenzione ai compagni di strada - alle necessità e alle fragilità di ognuno - e la capacità di valorizzare i propri punti di forza e quelli degli altri, senza barare, perché l’ambiente aspro smaschera le bugie. In quest’anno bizzarro di lezioni a distanza queste sono diventate le tappe di una simbolica «scalata» di un gruppo di ragazzi con disabilità, allievi dell’istituto Mamoli di Bergamo, con la guida di Sergio Benaglia, docente di scienze motorie.

«L’obiettivo - sottolinea il professore - non era soltanto muoversi e stare all’aria aperta, ma vivere un’esperienza speciale, che permettesse di allenarsi a stare insieme attraverso una serie di passeggiate di difficoltà crescente, fino alla gita finale a Carona. Questo percorso ha aiutato i ragazzi in modo sorprendente ad affinare le capacità necessarie per affrontare la quotidianità con una marcia in più».

Mentre gli altri studenti dovevano seguire le lezioni da casa in obbedienza alle normative anti-Covid, per i giovani con disabilità all’istituto Mamoli, in città, dove ci sono il Liceo delle Scienze umane e un corso Professionale per i Servizi socio-sanitari, grazie al coordinamento della preside Armanda Ferrarini, si è creata l’occasione di condividere laboratori e attività diverse dal solito, dall’arte al teatro, in piccoli gruppi, ognuno dei quali costituiva una «bolla» all’interno della quale salvaguardare le condizioni di sicurezza per gli allievi.

Più autonomi e solidali

Distanziamento, mascherine, la pulizia delle mani sono diventati un rito quotidiano che permetteva lo svolgersi di un programma ricco e articolato, e di costruire un ritmo e un respiro comune fatto di sguardi, sorrisi, piccoli gesti.

I ragazzi grazie a questa attività sono diventati «più autonomi e solidali». Hanno esplorato le vie di Longuelo e di Loreto, i quartieri cittadini più vicini alla scuola. Le strade semideserte e il rallentamento del traffico li hanno aiutati: hanno avuto la possibilità di soffermarsi a scoprire le strade, le piante, i fiori, hanno incontrato persone che, incuriosite, li hanno accolti, offrendo anche solo un saluto e una parola gentile. Ognuno di loro ha superato limiti e paure. Ognuno ha messo in comune con gli altri un pezzo della propria storia.

«Hanno avuto un’opportunità preziosa per imparare a stare in gruppo - commenta Benaglia - e gestire situazioni impreviste. È importante che questi ragazzi possano esporsi alla vita anche se in un contesto protetto». C’era un segnale concordato per chi si sentiva in difficoltà, il «Time out» come quello che chiedono gli allenatori durante le partite, una pausa per offrirsi reciprocamente ascolto e aiuto: «A volte capita un momento di crisi e bisogna fermarsi, dare tempo, aiutare chi manifesta un problema a superarlo. Così i ragazzi acquistano una maggiore capacità di reagire in modo positivo alle frustrazioni e alle battute d’arresto. La gita in montagna, con qualche difficoltà in più, proporzionata alle loro possibilità, con la necessità di pensare anche all’abbigliamento, allo zaino, alle condizioni atmosferiche, ad alcune piccole accortezze è stata una prova importante».

Il riscaldamento nel parco

Camminando si può chiacchierare, raccontarsi le proprie giornate, confidarsi tristezze, difficoltà e gioie, ridere insieme.

Ogni venerdì la lezione all’aria aperta inizia con un po’ di «riscaldamento» (fisico ma anche emotivo) nel vicino parco del Polaresco. In cerchio gli studenti scandiscono sequenze di suoni con il battito delle mani, stendono le braccia per avvertire meglio vicinanze e lontananze. Sono esercizi che aiutano a entrare in sintonia e a creare un’atmosfera armonica: è importante acquistare consapevolezza dello spazio personale e della posizione del corpo, fidarsi dei compagni di viaggio, essere certi di poter contare su di loro se ce n’è bisogno.

C’è chi dopo alcuni incontri ha subito una inaspettata metamorfosi come Paolo, 19 anni, nato con una malattia genetica che influenza il movimento e il linguaggio. Faticava a camminare, così all’inizio gli insegnanti temevano di sottoporlo a una fatica eccessiva. Col tempo, invece, ha reagito con grande entusiasmo a questa proposta, migliorando le sue abilità motorie: «Da sempre è un appassionato osservatore dei cartelli stradali - spiega Marco, il suo insegnante di sostegno -. All’inizio quando uscivamo si fermava continuamente per leggerli con attenzione. Poi si è reso conto che questo rallentava tutto il gruppo, perciò ha imparato ad accorciare i tempi per mantenere il ritmo degli altri, finché si è proposto anche come apripista, conducendo il gruppo dei compagni per alcuni tratti del percorso». Paolo è di Costa Imagna, frequenta l’ultimo anno: la sua materia preferita è la matematica, legge molto bene, ha sempre la battuta pronta. Sta iniziando un progetto di inserimento sul territorio della Valle: «Tra i suoi primi compiti - continua Marco - c’è stato quello di accompagnare gli operatori di una cooperativa nella distribuzione dei pasti a domicilio agli anziani». Per offrirgli una maggiore autonomia la sua famiglia gli ha affiancato un cane guida, Polpetta, che ha il compito di aiutarlo negli spostamenti in paese. È un po’ timido ma proprio per questo entrare a far parte del gruppo delle passeggiate è stato fondamentale, lo ha incoraggiato a superare la paura di essere giudicato dagli altri. È riuscito anche ad affrontare condizioni atmosferiche «avverse» che prima lo intimorivano, come la pioggia e il vento.

«All’inizio mi sentivo un po’ spaesata e preoccupata - racconta Gaia -, perché non conoscevo le strade e i compagni, anche se mi piace molto stare all’aperto. Ho imparato a integrarmi bene nel gruppo, ho scoperto posti bellissimi come la Val d’Astino, dove non ero mai stata, la Scaletta delle More, e tanti angoli suggestivi della città. All’inizio avevo meno resistenza, non ero abituata a camminare a lungo. Durante le passeggiate abbiamo fatto amicizia con una signora che vive in San Martino della Pigrizia: quando ci fermiamo per la merenda spesso viene a portarci i biscotti».

Alice non parla, per lei è ancora più importante poter stare con gli altri. «È migliorata moltissimo - osserva Elena, l’educatrice che la segue - si è inserita bene nel gruppo, segue i compagni, non interviene ma li ascolta attentamente e li segue con lo sguardo. Per lei, che non sta mai ferma, questa attività è un’occasione per incanalare le energie».

Alissa, anche lei nata con una rara malattia genetica, è molto solare, sempre sorridente, e frequenta il terzo anno dell’istituto professionale. All’inizio faticava un po’ con i gradini, con il tempo però è riuscita a superare anche questo ostacolo: «A volte passeggio anche nelle vicinanze di casa, a Torre Boldone. Mi piace molto stare con gli altri, qui ho trovato dei veri amici». Questo gruppo ha avuto un’importante funzione di socializzazione: «All’inizio Alissa stentava a gestire la fatica e la pioggia - chiarisce Francesca, la sua insegnante di sostegno - ma poi ha superato con capacità e impegno queste sfide, entusiasta di poter trascorrere del tempo con i compagni. Hanno anche creato una chat di gruppo per potersi mantenere in contatto al di fuori dell’orario scolastico». Non è scontato, per loro, avere l’occasione di instaurare legami positivi, ci sono ancora molti ambienti in cui superare i pregiudizi e gli stereotipi sulla disabilità implica un grande dispendio di energie.

«Mi è piaciuto fin dall’inizio poter seguire le passeggiate - osserva Ilenia -. Mi piacciono i sentieri che percorriamo, fuori dai soliti percorsi cittadini, un po’ fuori mano, nel verde». Tutti hanno instaurato relazioni positive, hanno imparato a stare uniti nei momenti difficili, ad accettare i compagni anche quando devono affrontare una brutta giornata.

I sentimenti

«Non hanno timore - sottolinea Benaglia - di manifestare i loro sentimenti e dirsi, per esempio, con semplicità che si vogliono bene».

A metà percorso si fermano a fare merenda insieme, sono loro stessi a incaricarsi di distribuirla: «Li abbiamo invitati a portare solo frutta, per inserire nelle nostre attività anche l’educazione a un’alimentazione sana - aggiunge Nicola, insegnante di sostegno di Ilenia -. Con alcuni di loro abbiamo quindi attivato anche un altro progetto: ogni giovedì andiamo al mercato di Longuelo a comprare insieme la frutta per la lezione del giorno successivo: sono loro stessi a sceglierla. Alla fine c’è il rito del tè, che Alice porta per tutti. Questo progetto ha un grande valore per ognuno dei partecipanti, li ha portati a conquistare nuove competenze: prima di tutto l’ascolto, il rispetto, la relazione, poi anche l’autonomia e la solidarietà reciproca. Il covid da questo punto di vista non ci ha fatto perdere tempo. Abbiamo iniziato a settembre ma rispettando le regole non abbiamo perso neanche un giorno e i casi di quarantena sono stati davvero sporadici. C’è sicuramente molto lavoro in questo progetto, molto impegno, ma tutti i ragazzi hanno ottenuto miglioramenti significativi, in qualche caso davvero stupefacenti. Abbiamo guadagnato molte buone occasioni e attivato canali creativi che ci hanno offerto spunti di riflessione e idee nuove anche per il futuro».

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