«Uno stop necessario per i contagi
E attenzione al periodo di Natale»

Bruno del San Matteo di Pavia: ogni settimana di ritardo nelle restrizioni ne vale tre di salita dei contagi.

«Ogni settimana di ritardo nel prendere misure drastiche e contenitive della diffusione dei contagi ci costa tre settimane di crescita dei casi: dobbiamo capirlo tutti, siamo in un incendio ed è necessario intervenire subito. Anzi, dovevamo farlo almeno due settimane fa. Ma io non sono un politico, sono un tecnico, e da tecnico posso rimarcare che non c’è una seconda ondata, siamo dentro lo stesso tsunami della scorsa primavera. Non c’è mai stato un giorno con zero contagi, e per essere fuori da una pandemia ci vogliono ci vogliono 40 giorni con zero contagi». Raffaele Bruno, direttore delle Malattie infettive del Policlinico San Matteo di Pavia, uno degli ospedali in prima linea in Lombardia, sin dai primi giorni della pandemia, e in Italia nella lotta al coronavirus, non ha peli sulla lingua: la situazione è preoccupante, e «parecchio tempo si è perso».

Serve resilienza

Insomma, c’è poco da stare allegri. La curva dei contagi continua a salire, gli ospedali si saturano, e con le ultime limitazioni, che per zone come la Lombardia sono durissime, ci si deve preparare a un inverno di pesanti sacrifici. Però, a Bergamo, per esempio, i numeri dei contagi sono più bassi che altrove. Hanno un senso anche qui limitazioni così draconiane? La gente è provata e spaventata.

«Bergamo è nel mio cuore, ho molti amici e contatti di lavoro, sin dall’inizio della pandemia non ho mai smesso di confrontarmi con i colleghi dell’ospedale Papa Giovanni, per esempio. E capisco i bergamaschi: quello che si è vissuto lì non si è vissuto altrove. È vero, i numeri dei nuovi contagi a Bergamo sono più bassi che altrove, ma crescono. Il perché crescano meno è probabilmente dovuto al fatto che il virus è circolato di più, e molta gente si è ammalata. E il timore, la paura, hanno spinto a essere più rispettosi, più prudenti, di quanto non sia stato fatto in altre zone d’Italia, non penserei a una immunità più diffusa che altrove, ma a maggiori precauzioni osservate. Un tesoro che non va sprecato proprio ora, in questi momenti è importantissimo essere tutti attenti, dobbiamo adottare una resilienza collettiva. È l’unico modo utile per frenare i contagi: le aree metropolitane lombarde stanno soffrendo, e la circolazione delle persone aumentata rispetto all’estate, i trasporti affollati, sono un rischio per tutti. I bergamaschi devono inoltre sapere che se gli ospedali di molte zone lombarde rischiano la saturazione, anche quelli orobici potrebbero arrivare a livelli di guardia: ora stanno accogliendo malati Covid che arrivano dalle zone più in sofferenza della Lombardia, se si saturano dove si curerà la gente della provincia orobica? Oltretutto, è spiacevole doverlo dire, ma bisogna essere realisti, non è affatto detto che i numeri non possano impennarsi anche in Bergamasca, se non si sta attenti».

Il rischio di riammalarsi

In terra orobica si è ammalata moltissima gente, c’è chi rischia di ammalarsi una seconda volta? «È la domanda delle domande – sottolinea Raffaele Bruno – allo stato attuale, con le conoscenze che abbiamo, in linea teorica la risposta dovrebbe essere no, ma abbiamo casi, limitati sì ma ci sono stati, di persone che hanno sviluppato una seconda infezione».

Questa fase dell’epidemia, però, ha un aspetto nuovo, la mortalità è inferiore a quella della scorsa primavera. «È vero, ma lo è in questo momento. Se aumentano i casi, e in modo esponenziale, salirebbe anche la mortalità. Ma soprattutto se aumentano i casi, e gli ospedali si intasano, diventa complicato assicurare le cure a tutta la popolazione. Si rischia che la gente non riesca ad arrivare neppure in ospedale. E, purtroppo, in Lombardia, abbiamo aree dove la soglia di occupazione dei posti è già oltre la linea di guardia».

«Attenti al liberi tutti»

E per questo, aggiunge Raffaele Bruno, è fondamentale che si rispettino e vengano attivate tutte le necessarie limitazioni per tenere sotto controllo la curva dei contagi: «Il realismo impone di puntare, in primo luogo, a rendere gli ospedali liberi a sufficienza così da essere pronti ad accogliere tutti i malati che ne hanno bisogno». «La curva ora è in crescita costante, e non siamo ai picchi – conclude – . Nei prossimi giorni la situazione non cambierà, i benefici delle limitazioni si vedranno più avanti». L’ultimo Dpcm scade il 3 dicembre, si può sperare che in un mese la soglia di allarme scenda? «Se tutti siamo resilienti e lavoriamo allo stesso obiettivo – conclude Bruno – . Se questo accadrà la situazione potrà essere governabile. Ora è preoccupante, anche perché i contagi sono diffusi su tutto il territorio nazionale. Ma dobbiamo avere ben chiaro che a Natale non potrà e non dovrà essere un liberi tutti: non ripetiamo per le feste natalizie i comportamenti di questa estate confusa. Altrimenti tra feste, brindisi, auguri, scambi di regali e cenoni, prima di Pasqua saremo di nuovo tutti chiusi. Un invito: si sia tutti resilienti e pazienti. Con i medici e tutto il personale sanitario, soprattutto: siamo tutti stanchi, si faccia in modo di non vedere ora come dei nemici, dei complottisti, quelli che erano a marzo degli eroi: si lotta per salvare delle vite, adesso come nella scorsa primavera».

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